Presidente Obama, partiamo dal discorso che farà al Cairo giovedì. Molti musulmani, di fatto, si aspettano le scuse per gli errori commessi durante gli anni dell'Amministrazione Bush e per quelle che reputano essere le violazioni commesse dagli Stati Uniti. E' così? "No, quello che intendiamo fare è aprire un dialogo. Ci sono stati sicuramente grossi malintesi ed errori di comprensione sull'Occidente da parte del mondo musulmano, e ce ne sono stati di altrettanto grossi nei confronti del mondo musulmano da parte nostra. Nessun discorso può risolvere i problemi reali che esistono, ma credo che questa possa essere un'occasione ideale per far sì che entrambe le parti abbiano l'opportunità di ascoltarsi. E che entrambi potremo imparare dalla controparte qualcosa di più sulla sua cultura".
Lei parla di entrambe le parti. Cosa la induce a credere che i musulmani siano disposti ad ascoltarla, e a cambiare atteggiamento nei confronti degli Stati Uniti? "Faccio un piccolo esempio. La popolazione musulmana negli Stati Uniti è più numerosa di quella presente in molti Stati a maggioranza musulmana. C'è un contesto nel quale le cose possono essere aiutate a migliorare. Alcuni musulmani sono esponenti politici locali, altri membri del Congresso, abbiamo perfino un presidente che ha parenti musulmani. Quindi l'idea che l'America sia distaccata, lontana, e che lo scontro di civiltà sia inevitabile, è sbagliata".
Il suo discorso sarà pronunciato al Cairo. Secondo Amnesty International in Egitto ci sono migliaia di prigionieri politici. Come affronterà questo tema scottante? "La questione dei diritti umani esiste in tutto il Medio Oriente, credo che nessuno possa metterlo in dubbio. Il messaggio che io spero di far arrivare è che democrazia, la legalità e il rispetto della legge, della libertà di parola, della libertà di religione non sono semplicemente principi dell'Occidente, ma sono principi universali, che loro possono abbracciare, che possono essere difesi ovunque, affermati ovunque come parte di ogni identità nazionale. Il pericolo c'è quando gli Stati Uniti o chiunque altro pensa che si possano imporre questi valori ad altri Paesi con culture e storie completamente diverse, mentre il nostro compito è quello di incoraggiare e promuovere questi valori".
Molti si aspettano di conoscere qualcosa di incoraggiante per ciò che concerne il conflitto israelo-palestinese. Lei ha detto chiaramente che vuole che gli insediamenti dei coloni israeliani siano congelati. Ma gli israeliani non intendono farlo. Come si esce da questa situazione? "Ho parlato col primo ministro Netanyahu, ma penso che non abbiamo ancora visto gesti di potenziale collaborazione da parte di altri stati arabi e dei palestinesi che possano aiutare e dare garanzie al governo israeliano... Ho affrontato con lui alcune delle preoccupazioni di Israele. Io sono convinto che se si seguirà la road map che è stata delineata, se Israele rispetterà gli obblighi fissati che le competono e sono previsti, in primis evitando i nuovi insediamenti, e se i palestinesi faranno fronte ai loro obblighi, soprattutto in tema di sicurezza, e se tutti gli Stati arabi circostanti saranno disposti a collaborare con il Quartetto a incoraggiare lo sviluppo economico e quello politico, allora potremo fare dei progressi concreti. Di sicuro nelle prossime ore lavoreremo con grande pazienza sul fronte diplomatico. La diplomazia comporta tempi lunghi, lenti, ma sicuramente proficui. Non si possono mai avere risultati immediati".
Questo significa che ci sarà molto da lavorare ancora per arrivare alla pace. "Nessuno pensa che questo possa essere un risultato semplice da conseguire. Ma l'importante è ripartire con seri negoziati. Faremo tutto quello che è possibile per riuscirci. Perché una cosa deve essere chiara: non è soltanto nell'interesse dei palestinesi avere uno stato palestinese tutto loro, ma lo è anche per il popolo israeliano che ha interesse a stabilizzare la sicurezza. Ed è importante e nell'interesse degli Stati Uniti arrivare a una soluzione di due Stati che vivono vicini in pace e in sicurezza".
Israele invece è riuscita a convincerla sul fatto che bisogna arrivare a risultati per fermare il progetto nucleare iraniano entro questo anno. "Vorrei correggerla su un piccolo dettaglio non indifferente: Israele non ha affatto bisogno di convincermi di una cosa del genere. Credo che sia venuto il momento per il mondo di sentire tutto l'interesse legato al fatto che Teheran si convinca che deve accantonare il suo progetto di dotarsi della bomba atomica e di armi nucleari. Ma il modo migliore per farlo è con incessanti e duri negoziati. Noi abbiamo una scaletta di marcia precisa, non vogliamo fissare scadenze precise, ma entro quest'anno di sicuro vogliamo che sia possibile valutare e capire definitivamente se l'Iran ha le idee chiare ed è seria per ciò che concerne la rinuncia al suo programma nucleare. Theran ha diritto al nucleare pacifico, ha tutto il potenziale che le serve per essere un Paese molto potente, molto prospero e ricco. Ha molte più possibilità senza l'arma atomica, che potrebbe innescare una corsa agli armamenti nella regione e una proliferazione nucleare pericolosa. Credo che per il momento la cosa importante sia dare il via a un processo rigoroso di negoziati bilaterali che possa portare all'abbandono definitivo del programma nucleare".
(Copyright Bbc News. Traduzione di Anna Bissanti)
Intanto succede che AlQaida uccide un turista inglese.
0 commenti:
Posta un commento