Lo scorso 19 gennaio, la BCE (Banca Centrale Europea), ha pubblicato uno studio mirato a valutare le conseguenze giuridiche nell’ipotesi di defezione dal sistema EURO da parte di uno Stato membro. Nell’introduzione al documento, la BCE ha fatto esplicito riferimento alla recente crisi, argomentando che “i recenti sviluppi economici hanno, probabilmente, aumentato il rischio dell’uscita dal sistema unico da parte di qualche Stato più debole”. Pur senza alcuna menzione diretta, è chiaro come lo scenario ipotetico fosse riferito alla Grecia, al centro di un attacco speculativo. Ma, ricordiamolo, potremmo considerare paesi quali il Portogallo (fresco di appostamento “sottocontrollo”), l’Irlanda, la Spagna (in caduta libera) ed il nostrano Stivale. Volendo essere pedanti, potremmo osservare come la moneta unica non ha affatto protetto i soggetti più deboli. Anzi, proprio nella zona euro si è registrata la recessione più forte del mondo globalizzato. E’ l’euro-zona, e non un altro luogo, ad essere entrata per prima in recessione. Qui, e non altrove, la crescita economica langue da tre lustri. Ma, al di là della mera critica strumentale all’euro, il documento suscita perplessità per un altro motivo. Per la prima volta, viene seriamente considerata l’ipotesi di qualche defezione. E si è formulata una minaccia (neanche tanto velata), verso quegli Stati che potrebbero essere sempre più tentati di ritrovare la loro libertà monetaria. Così, mentre nessun trattato europeo lo prevede, la BCE avverte: l'uscita della zona euro significherebbe l' espulsione immediata dall’UE… Per gli gnomi di Francoforte, dunque, cinquant’anni di percorso europeo (dalla CEE in poi), avrebbero creato “un nuovo ordinamento giuridico”, che supera “l’obsoleto concetto di sovranità” ed impone, dunque, “una limitazione permanente del diritto statuale”. Sì, avete letto proprio bene. La BCE riconosce esplicitamente che il concetto della sovranità, base delle nostre democrazie da almeno tre secoli, è sostanzialmente superato. E nessuno Stato può pretendere un trattamento speciale. S’è aperta dunque una nuova fase, nella quale i governi nazionali dovranno ineluttabilmente rinunciare a parti progressivamente maggiori del loro diritto. Resta un’altra perplessità. Il più delle volte si è preferito perseguire la costruzione dell’UE by-passando la sovranità popolare. Dando così la sgradevole sensazione che gli architetti operino per vie massoniche. Fino ad oggi, poche volte la gente è stata chiamata ad esprimersi realmente. E, quando è stato, ha spesso manifestato un dissenso (il no di Francia e Olanda alla Costituzione europea, il no danese all’euro, o quello irlandese al Trattato di Lisbona), puntualmente seguito da un nuovo turno referendario dall’esito positivo. Sarà. Ma quest’Unione Europea appare sempre più come una struttura voluta a dispetto degli elettori.
mercoledì 3 febbraio 2010
Sovranità nazionale...
A Francoforte hanno sepolto la sovranità nazionale di Maurizio De Santis
Lo scorso 19 gennaio, la BCE (Banca Centrale Europea), ha pubblicato uno studio mirato a valutare le conseguenze giuridiche nell’ipotesi di defezione dal sistema EURO da parte di uno Stato membro. Nell’introduzione al documento, la BCE ha fatto esplicito riferimento alla recente crisi, argomentando che “i recenti sviluppi economici hanno, probabilmente, aumentato il rischio dell’uscita dal sistema unico da parte di qualche Stato più debole”. Pur senza alcuna menzione diretta, è chiaro come lo scenario ipotetico fosse riferito alla Grecia, al centro di un attacco speculativo. Ma, ricordiamolo, potremmo considerare paesi quali il Portogallo (fresco di appostamento “sottocontrollo”), l’Irlanda, la Spagna (in caduta libera) ed il nostrano Stivale. Volendo essere pedanti, potremmo osservare come la moneta unica non ha affatto protetto i soggetti più deboli. Anzi, proprio nella zona euro si è registrata la recessione più forte del mondo globalizzato. E’ l’euro-zona, e non un altro luogo, ad essere entrata per prima in recessione. Qui, e non altrove, la crescita economica langue da tre lustri. Ma, al di là della mera critica strumentale all’euro, il documento suscita perplessità per un altro motivo. Per la prima volta, viene seriamente considerata l’ipotesi di qualche defezione. E si è formulata una minaccia (neanche tanto velata), verso quegli Stati che potrebbero essere sempre più tentati di ritrovare la loro libertà monetaria. Così, mentre nessun trattato europeo lo prevede, la BCE avverte: l'uscita della zona euro significherebbe l' espulsione immediata dall’UE… Per gli gnomi di Francoforte, dunque, cinquant’anni di percorso europeo (dalla CEE in poi), avrebbero creato “un nuovo ordinamento giuridico”, che supera “l’obsoleto concetto di sovranità” ed impone, dunque, “una limitazione permanente del diritto statuale”. Sì, avete letto proprio bene. La BCE riconosce esplicitamente che il concetto della sovranità, base delle nostre democrazie da almeno tre secoli, è sostanzialmente superato. E nessuno Stato può pretendere un trattamento speciale. S’è aperta dunque una nuova fase, nella quale i governi nazionali dovranno ineluttabilmente rinunciare a parti progressivamente maggiori del loro diritto. Resta un’altra perplessità. Il più delle volte si è preferito perseguire la costruzione dell’UE by-passando la sovranità popolare. Dando così la sgradevole sensazione che gli architetti operino per vie massoniche. Fino ad oggi, poche volte la gente è stata chiamata ad esprimersi realmente. E, quando è stato, ha spesso manifestato un dissenso (il no di Francia e Olanda alla Costituzione europea, il no danese all’euro, o quello irlandese al Trattato di Lisbona), puntualmente seguito da un nuovo turno referendario dall’esito positivo. Sarà. Ma quest’Unione Europea appare sempre più come una struttura voluta a dispetto degli elettori.
Lo scorso 19 gennaio, la BCE (Banca Centrale Europea), ha pubblicato uno studio mirato a valutare le conseguenze giuridiche nell’ipotesi di defezione dal sistema EURO da parte di uno Stato membro. Nell’introduzione al documento, la BCE ha fatto esplicito riferimento alla recente crisi, argomentando che “i recenti sviluppi economici hanno, probabilmente, aumentato il rischio dell’uscita dal sistema unico da parte di qualche Stato più debole”. Pur senza alcuna menzione diretta, è chiaro come lo scenario ipotetico fosse riferito alla Grecia, al centro di un attacco speculativo. Ma, ricordiamolo, potremmo considerare paesi quali il Portogallo (fresco di appostamento “sottocontrollo”), l’Irlanda, la Spagna (in caduta libera) ed il nostrano Stivale. Volendo essere pedanti, potremmo osservare come la moneta unica non ha affatto protetto i soggetti più deboli. Anzi, proprio nella zona euro si è registrata la recessione più forte del mondo globalizzato. E’ l’euro-zona, e non un altro luogo, ad essere entrata per prima in recessione. Qui, e non altrove, la crescita economica langue da tre lustri. Ma, al di là della mera critica strumentale all’euro, il documento suscita perplessità per un altro motivo. Per la prima volta, viene seriamente considerata l’ipotesi di qualche defezione. E si è formulata una minaccia (neanche tanto velata), verso quegli Stati che potrebbero essere sempre più tentati di ritrovare la loro libertà monetaria. Così, mentre nessun trattato europeo lo prevede, la BCE avverte: l'uscita della zona euro significherebbe l' espulsione immediata dall’UE… Per gli gnomi di Francoforte, dunque, cinquant’anni di percorso europeo (dalla CEE in poi), avrebbero creato “un nuovo ordinamento giuridico”, che supera “l’obsoleto concetto di sovranità” ed impone, dunque, “una limitazione permanente del diritto statuale”. Sì, avete letto proprio bene. La BCE riconosce esplicitamente che il concetto della sovranità, base delle nostre democrazie da almeno tre secoli, è sostanzialmente superato. E nessuno Stato può pretendere un trattamento speciale. S’è aperta dunque una nuova fase, nella quale i governi nazionali dovranno ineluttabilmente rinunciare a parti progressivamente maggiori del loro diritto. Resta un’altra perplessità. Il più delle volte si è preferito perseguire la costruzione dell’UE by-passando la sovranità popolare. Dando così la sgradevole sensazione che gli architetti operino per vie massoniche. Fino ad oggi, poche volte la gente è stata chiamata ad esprimersi realmente. E, quando è stato, ha spesso manifestato un dissenso (il no di Francia e Olanda alla Costituzione europea, il no danese all’euro, o quello irlandese al Trattato di Lisbona), puntualmente seguito da un nuovo turno referendario dall’esito positivo. Sarà. Ma quest’Unione Europea appare sempre più come una struttura voluta a dispetto degli elettori.
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