Lodovica Giorgi è la prima donna avvocato a essere diventata segretario dell’Unione delle camere penali italiane. Abbiamo parlato con lei delle intercettazioni su Bertolaso e i suoi coimputati. Intercettazioni “a strascico”, perché oggi non si fanno più inchieste su notizie di reato, ma si va in giro a intercettare di qua e di là sperando che qualcuno cada nella rete.
Che idea si è fatta di questa inchiesta su Bertolaso? L’idea, che, premetto, è maturata soltanto tramite le notizie giornalistiche, è che si tratti di un’ipotesi di indagine basata su intercettazioni per così dire “a strascico”.
Che significa? Che si effettuano intercettazioni nell’ambito di una data inchiesta su un’utenza X, tramite esse si viene a conoscenza di rapporti coltivati dall’intercettato con un soggetto Y con riferimento a fatti diversi da quelli oggetto dell’inchiesta e allora si pone sotto intercettazione l’utenza del soggetto Y, e così via con un continuo estendersi delle intercettazioni da un soggetto all’altro. In tal modo l’intercettazione, che, come mi pare anche in questo caso, si protrae per un lunghissimo lasso di tempo, da mezzo di ricerca della prova che può disporsi solo in presenza di gravi indizi di reato, si trasforma inammissibilmente in strumento per ricercare notizie di reato di cui non si è altrimenti in possesso.
Come è possibile tecnicamente che le intercettazioni telefoniche degli indagati finiscano sempre sui giornali senza alcun riguardo per la privacy visto che la maggior parte di esse non riguardano reati? E’ agevole: ormai non vi è provvedimento di natura cautelare che non contenga - spesso occupando la maggiore porzione del suo contenuto - la trascrizione delle intercettazioni. Basta venire in possesso dell’ordinanza di custodia cautelare per avere conoscenza del tenore letterale delle conversazioni intrattenute fra gli indagati e persino fra indagati e soggetti estranei alle indagini.
Questa storia di allegarle ai provvedimenti cautelari non è un po’ una furbata? Da un lato l’inserimento delle trascrizioni delle intercettazioni nell’ordinanza di custodia cautelare consente all’indagato la piena e immediata conoscenza delle contestazioni e lo pone in condizione di difendersi con maggior efficacia, dall’altro però spesso si “abusa” di questo inserimento trascrivendo nell’ordinanza i contenuti di conversazioni prive di ogni rilevanza penale perché magari “piccanti”, maggiormente appetibili per i media.
Che ne dice di quel progetto di legge governativo sulle intercettazioni rimasto poi sulla carta? Quel disegno di legge che ancora langue in commissione giustizia del Senato contiene degli aspetti senz’altro positivi, innanzitutto laddove volti a garantire più efficacemente il diritto di difesa e a tutelare la riservatezza dell’indagato e dei soggetti terzi. Il punto è però che già oggi le intercettazioni sarebbero presidiate da efficaci garanzie, ma tali garanzie sono completamente vanificate dalle prassi dei nostri tribunali e dall’avallo fornito ad esse dalla giurisprudenza. Io purtroppo temo che, come sempre è accaduto da vent’anni a questa parte, non appena il legislatore porrà ulteriori e indispensabili norme di garanzia la giurisprudenza provvederà immediatamente a ridurle in cenere. Fino a che la magistratura non sarà profondamente riformata, non ci saranno presidi della legalità che riusciranno a sopravvivere all’onda d’urto dell’imperante cultura dell’inquisizione.
La tempistica pre elettorale ormai ricorrente di certe inchieste a voi avvocati dell’Ucpi non vi mette in sospetto? Dovrebbe innanzitutto porre in sospetto i cittadini. Che la magistratura si sia ormai fatta partito politico e tenti di condizionare le sorti del paese è fatto che dovrebbe preoccupare tutti coloro che hanno a cuore la democrazia.
Non c’è per caso una correlazione sul non avere fatto riforme come la separazione delle carriere e questo strapotere giudiziario ormai incontenibile? E’ esattamente ciò che dicevo prima. Non ci saranno norme di garanzia che potranno sopravvivere finché il Parlamento non si deciderà ad abbandonare le scorciatoie e ad affrontare con organicità la necessaria riforma della giustizia, che deve necessariamente ruotare intorno al pilastro della separazione delle carriere fra chi giudica e chi accusa.
Insomma, chi è causa del suo mal pianga se stesso? Esatto. Il problema però è che piangono anche tutti i cittadini
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