Roma - Una sentenza della Corte costituzionale riapre le porte della scuola ai precari. Elimina, infatti, il blocco delle assunzioni a tempo determinato di insegnanti di sostegno, stabilito con la finanziaria 2008 dal governo Prodi. Vuol dire che migliaia di nuovi precari potranno entrare nelle scuole, senza concorsi ma per decisione discrezionale dei presidi, con le ripercussioni prevedibili sul bilancio dello Stato. In tempi di crisi economica e di tagli alle spese, dunque, gli effetti di questa sentenza, scritta dal giudice Maria Rita Saulle, possono essere pesanti. Anche perché non interviene solo in via di principio, lasciando al legislatore il compito di regolare la situazione, ma lo fa direttamente, ripristinando una parte della legge eliminata e dunque consentendo nuove assunzioni a livello locale, senza controlli centrali, con una possibile immissione sregolata di precari. La pronuncia dei «giudici delle leggi» è, infatti, immediatamente e concretamente efficace. E gli insegnanti di sostegno in Italia sono già 90mila, uno ogni due allievi handicappati. Negli ultimi anni, secondo i dati ufficiali, il numero degli insegnanti di sostegno è già aumentato moltissimo, fino ad arrivare appunto ai 90mila, di cui la metà sono appunto docenti a tempo determinato. Questi insegnanti rappresentano il 10,6 per cento del corpo insegnante e il rapporto tra alunni disabili e docenti è pari a 2 a livello nazionale non sembra così disastroso. Ma spieghiamo meglio come si è arrivati a questa decisione della Consulta. È stato accolto il ricorso presentato dal Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia, che si è trovato di fronte al braccio di ferro tra un istituto scolastico nel catanese e i genitori di una bambina disabile. Per lei, dopo il blocco delle assunzioni, le ore di insegnamento di sostegno sono passate da 25 a 12 a settimana. La questione riguarda la coerenza costituzionale delle norme del 2007 (finanziaria 2008), che fissavano un limite al numero di insegnanti di sostegno per assistere gli alunni disabili. Queste norme, per l’Alta corte, sono «irragionevoli» e pertanto «illegittime» quando fissano un limite massimo invalicabile al numero dei posti degli insegnanti di sostegno ed escludono la possibilità di avvalersi, in deroga al rapporto studenti-docenti fissato per legge, di insegnanti specializzati che assicurino al disabile grave «il miglioramento della sua situazione nell’ambito sociale e scolastico». Per la presidenza del Consiglio la questione sollevata doveva essere inammissibile o infondata. L’Avvocatura dello Stato ha contestato il fatto che si richieda alla Corte una sentenza cosiddetta «additiva», che comporterebbe «nuove o maggiori spese a carico del bilancio statale senza indicare i mezzi per farvi fronte» e che «porterebbe la Corte a sostituirsi al legislatore, al quale è demandata l’individuazione delle concrete modalità con le quali realizzare» la tutela dei disabili, come dice una sentenza del 2008. Il Parlamento, sostiene, deve «bilanciare diversi interessi coinvolti (quello dello studio del disabile e del contenimento della spesa pubblica) e per questo ha varato delle leggi, pur senza negare in alcun modo il diritto allo studio degli handicappati. In sostanza, la riduzione delle ore di sostegno consentirebbe, comunque, l’integrazione scolastica delle persone disabili». Infatti, secondo l’Avvocatura dello Stato, la limitazione dei posti di insegnanti specializzati sarebbe controbilanciata da altri strumenti e direttive per assicurare l’assistenza a questi studenti, «anche mediante compensazioni tra Province diverse». Questa posizione, però, non ha prevalso al Palazzo della Consulta, malgrado un articolato dibattito con più voci che richiamavano ad una ottica «realistica» sulle concrete possibilità finanziarie del ministero dell’Istruzione, che ora si troverà a dover fronteggiare la situazione. Chi festeggia sono i Cobas degli insegnanti. Per il coordinatore nazionale della Gilda la sentenza della Consulta «è una vittoria della civiltà sulla insensibile logica del risparmio applicata dal ministro Tremonti». La fine di «una grave ingiustizia sociale e una palese violazione della Costituzione».
domenica 28 febbraio 2010
Scavalcare le leggi
La Consulta beffa le Camere: precari assunti dalle toghe di Anna Maria Greco
Roma - Una sentenza della Corte costituzionale riapre le porte della scuola ai precari. Elimina, infatti, il blocco delle assunzioni a tempo determinato di insegnanti di sostegno, stabilito con la finanziaria 2008 dal governo Prodi. Vuol dire che migliaia di nuovi precari potranno entrare nelle scuole, senza concorsi ma per decisione discrezionale dei presidi, con le ripercussioni prevedibili sul bilancio dello Stato. In tempi di crisi economica e di tagli alle spese, dunque, gli effetti di questa sentenza, scritta dal giudice Maria Rita Saulle, possono essere pesanti. Anche perché non interviene solo in via di principio, lasciando al legislatore il compito di regolare la situazione, ma lo fa direttamente, ripristinando una parte della legge eliminata e dunque consentendo nuove assunzioni a livello locale, senza controlli centrali, con una possibile immissione sregolata di precari. La pronuncia dei «giudici delle leggi» è, infatti, immediatamente e concretamente efficace. E gli insegnanti di sostegno in Italia sono già 90mila, uno ogni due allievi handicappati. Negli ultimi anni, secondo i dati ufficiali, il numero degli insegnanti di sostegno è già aumentato moltissimo, fino ad arrivare appunto ai 90mila, di cui la metà sono appunto docenti a tempo determinato. Questi insegnanti rappresentano il 10,6 per cento del corpo insegnante e il rapporto tra alunni disabili e docenti è pari a 2 a livello nazionale non sembra così disastroso. Ma spieghiamo meglio come si è arrivati a questa decisione della Consulta. È stato accolto il ricorso presentato dal Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia, che si è trovato di fronte al braccio di ferro tra un istituto scolastico nel catanese e i genitori di una bambina disabile. Per lei, dopo il blocco delle assunzioni, le ore di insegnamento di sostegno sono passate da 25 a 12 a settimana. La questione riguarda la coerenza costituzionale delle norme del 2007 (finanziaria 2008), che fissavano un limite al numero di insegnanti di sostegno per assistere gli alunni disabili. Queste norme, per l’Alta corte, sono «irragionevoli» e pertanto «illegittime» quando fissano un limite massimo invalicabile al numero dei posti degli insegnanti di sostegno ed escludono la possibilità di avvalersi, in deroga al rapporto studenti-docenti fissato per legge, di insegnanti specializzati che assicurino al disabile grave «il miglioramento della sua situazione nell’ambito sociale e scolastico». Per la presidenza del Consiglio la questione sollevata doveva essere inammissibile o infondata. L’Avvocatura dello Stato ha contestato il fatto che si richieda alla Corte una sentenza cosiddetta «additiva», che comporterebbe «nuove o maggiori spese a carico del bilancio statale senza indicare i mezzi per farvi fronte» e che «porterebbe la Corte a sostituirsi al legislatore, al quale è demandata l’individuazione delle concrete modalità con le quali realizzare» la tutela dei disabili, come dice una sentenza del 2008. Il Parlamento, sostiene, deve «bilanciare diversi interessi coinvolti (quello dello studio del disabile e del contenimento della spesa pubblica) e per questo ha varato delle leggi, pur senza negare in alcun modo il diritto allo studio degli handicappati. In sostanza, la riduzione delle ore di sostegno consentirebbe, comunque, l’integrazione scolastica delle persone disabili». Infatti, secondo l’Avvocatura dello Stato, la limitazione dei posti di insegnanti specializzati sarebbe controbilanciata da altri strumenti e direttive per assicurare l’assistenza a questi studenti, «anche mediante compensazioni tra Province diverse». Questa posizione, però, non ha prevalso al Palazzo della Consulta, malgrado un articolato dibattito con più voci che richiamavano ad una ottica «realistica» sulle concrete possibilità finanziarie del ministero dell’Istruzione, che ora si troverà a dover fronteggiare la situazione. Chi festeggia sono i Cobas degli insegnanti. Per il coordinatore nazionale della Gilda la sentenza della Consulta «è una vittoria della civiltà sulla insensibile logica del risparmio applicata dal ministro Tremonti». La fine di «una grave ingiustizia sociale e una palese violazione della Costituzione».
Roma - Una sentenza della Corte costituzionale riapre le porte della scuola ai precari. Elimina, infatti, il blocco delle assunzioni a tempo determinato di insegnanti di sostegno, stabilito con la finanziaria 2008 dal governo Prodi. Vuol dire che migliaia di nuovi precari potranno entrare nelle scuole, senza concorsi ma per decisione discrezionale dei presidi, con le ripercussioni prevedibili sul bilancio dello Stato. In tempi di crisi economica e di tagli alle spese, dunque, gli effetti di questa sentenza, scritta dal giudice Maria Rita Saulle, possono essere pesanti. Anche perché non interviene solo in via di principio, lasciando al legislatore il compito di regolare la situazione, ma lo fa direttamente, ripristinando una parte della legge eliminata e dunque consentendo nuove assunzioni a livello locale, senza controlli centrali, con una possibile immissione sregolata di precari. La pronuncia dei «giudici delle leggi» è, infatti, immediatamente e concretamente efficace. E gli insegnanti di sostegno in Italia sono già 90mila, uno ogni due allievi handicappati. Negli ultimi anni, secondo i dati ufficiali, il numero degli insegnanti di sostegno è già aumentato moltissimo, fino ad arrivare appunto ai 90mila, di cui la metà sono appunto docenti a tempo determinato. Questi insegnanti rappresentano il 10,6 per cento del corpo insegnante e il rapporto tra alunni disabili e docenti è pari a 2 a livello nazionale non sembra così disastroso. Ma spieghiamo meglio come si è arrivati a questa decisione della Consulta. È stato accolto il ricorso presentato dal Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia, che si è trovato di fronte al braccio di ferro tra un istituto scolastico nel catanese e i genitori di una bambina disabile. Per lei, dopo il blocco delle assunzioni, le ore di insegnamento di sostegno sono passate da 25 a 12 a settimana. La questione riguarda la coerenza costituzionale delle norme del 2007 (finanziaria 2008), che fissavano un limite al numero di insegnanti di sostegno per assistere gli alunni disabili. Queste norme, per l’Alta corte, sono «irragionevoli» e pertanto «illegittime» quando fissano un limite massimo invalicabile al numero dei posti degli insegnanti di sostegno ed escludono la possibilità di avvalersi, in deroga al rapporto studenti-docenti fissato per legge, di insegnanti specializzati che assicurino al disabile grave «il miglioramento della sua situazione nell’ambito sociale e scolastico». Per la presidenza del Consiglio la questione sollevata doveva essere inammissibile o infondata. L’Avvocatura dello Stato ha contestato il fatto che si richieda alla Corte una sentenza cosiddetta «additiva», che comporterebbe «nuove o maggiori spese a carico del bilancio statale senza indicare i mezzi per farvi fronte» e che «porterebbe la Corte a sostituirsi al legislatore, al quale è demandata l’individuazione delle concrete modalità con le quali realizzare» la tutela dei disabili, come dice una sentenza del 2008. Il Parlamento, sostiene, deve «bilanciare diversi interessi coinvolti (quello dello studio del disabile e del contenimento della spesa pubblica) e per questo ha varato delle leggi, pur senza negare in alcun modo il diritto allo studio degli handicappati. In sostanza, la riduzione delle ore di sostegno consentirebbe, comunque, l’integrazione scolastica delle persone disabili». Infatti, secondo l’Avvocatura dello Stato, la limitazione dei posti di insegnanti specializzati sarebbe controbilanciata da altri strumenti e direttive per assicurare l’assistenza a questi studenti, «anche mediante compensazioni tra Province diverse». Questa posizione, però, non ha prevalso al Palazzo della Consulta, malgrado un articolato dibattito con più voci che richiamavano ad una ottica «realistica» sulle concrete possibilità finanziarie del ministero dell’Istruzione, che ora si troverà a dover fronteggiare la situazione. Chi festeggia sono i Cobas degli insegnanti. Per il coordinatore nazionale della Gilda la sentenza della Consulta «è una vittoria della civiltà sulla insensibile logica del risparmio applicata dal ministro Tremonti». La fine di «una grave ingiustizia sociale e una palese violazione della Costituzione».
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