sabato 13 febbraio 2010

Punti di vista

Una legge contro il burqa per rinnovare l’Islam in Europa di Samir Khalil Samir

Negli ultimi anni la pratica del velo fra le donne si è molto diffusa nel mondo islamico, provocando centinaia di scritti nel mondo arabo-musulmano. Fra i musulmani tale pratica ha pure suscitato reazioni e prese di posizione diverse: vi sono quelli che proibiscono in modo totale e assoluto il velo (soprattutto quello integrale) e quelli che lo proibiscono in modo parziale ; fino ad arrivare a quelli che ne incoraggiano l’uso e a portarlo sempre. Ciò mostra che siamo lontani dall’unanimità (ijmâ‘) della ummah per definire «islamico» questo modo di vestire, e siamo lontani dall’unanimità riguardo all’attitudine pratica da adottare a suo riguardo. Ad ogni modo, il velo ha suscitato un problema in tutto il mondo islamico. Il velo integrale è dunque… problematico!

Il velo integrale fa paura: É anche vero che la burqa o il niqab fanno paura… e a ragione. Fanno paura ai musulmani e ai non musulmani. E quando si attribuisce questo uso all’islam, quando se ne fa un punto essenziale, questa paura diviene non solo «paura dei musulmani», ma «paura dell’islam»: si chiama «islamofobia», perchè la parola greca «fobia» significa proprio «paura». Ebbene molti occidentali hanno «paura» dell’islam. Più i musulmani avanzano richieste in nome dell’islam, più l’islamofobia aumenta. Gli occidentali si domandano: dove andremo a finire con queste richieste? E perchè sono così diverse e speciali, al punto che non riescono ad entrare in un sistema sociale, culturale, politico, economico, di vestire o cucinare che non è il loro e che è in uso da tempo, prima della loro venuta? Il sentimento per cui l’islam penetra tutti i gesti più ordinari della vita quotidiana, e che esige un comportamento specifico dai suoi fedeli dà un senso di «invasione». E questo fa paura. Il pensiero di molti diviene: se cedo su questo punto, quale sarà il seguente? Ciò porta alcuni a dire che l’islam non si integrerà mai in Europa [1].

Il velo è un obbligo religioso musulmano? Sulla questione del velo si parla spesso di tradizioni religiose e di libertà. Ma né la burqa, né il niqab sono islamici. Lo ha detto Muhammad Sayyed Tantawi, rettore dell’università Al-Azhar, la più famosa nel mondo islamico. Nel dicembre 2009 ha dichiarato: “Essi sono dei segni tribali”. Di conseguenza egli ha vietato il velo integrale nelle centinaia di edifici che dipendono da Al-Azhar. Altri ne hanno proibito l’uso sottolineando che esso appartiene a un’altra cultura (sottinteso: quella dell’Arabia). Gamal al-Banna, fratello di sangue di Hassan, fondatore dei «Fratelli musulmani», ha scritto un libro per contestare il fatto che il Corano obbliga le donne musulmane a portare il velo. Si conosce anche la reazione di A’ïchah, Umm al-Mu’minin, quando ha visto una delle sue serve-schiave (amah) uscire di casa col velo: l’ha schiaffeggiata dicendole: Come ti permetti ? Tu non sei che una serva ! [2] Il velo era infatti un segno della dignità delle signore (e in particolare delle spose del Profeta). Inoltre, non si vedeva di buon occhio che una donna, occupata nei lavori dei campi, fosse vestita in quel modo ! Ancora di più, se essa portava il velo integrale! In Egitto, il 16 novembre 2006, in un’intervista telefonica Farouk Hosni, ministro della Cultura (in seguito candidato a divenire direttore generale dell’Unesco), ha protestato contro la diffusione del velo: «Abbiamo conosciuto un’epoca – ha detto – in cui le nostre madri frequentavano le università e i luoghi di lavoro senza essere velate. É in questo spirito che siamo cresciuti. Perchè dunque oggi vi è questo ritorno all’indietro?». Il controllo dei Fratelli musulmani sul parlamento è tale che essi hanno chiesto le sue dimissioni… che non sono avvenute grazie all’intervento della First Lady, la signora Suzanne Mubarak. Nei nostri Paesi arabi, spesso sono proprio le donne le più coraggiose… non avendo più nulla da perdere.

Proibire il velo è contro la libertà? Si dice che una legge che proibisca il velo è un attentato alla libertà. Sì, ma in un certo senso. Tutte le leggi non sono in qualche modo degli attentati alla libertà ? La libertà ha anche dei limiti, stabiliti pure dal buon senso e dal sentimento comune, che ha anch’esso il diritto di essere protetto. Per questo – ad esempio - in Francia (e altrove in Europa) non si ha il diritto di passeggiare per strada nudi (salvo che in luoghi designati in modo preciso per questo). Dov’è allora la libertà ? Il celebre Paolo di Tarso, città santuario della filosofia stoica, ha detto: «Siete stati chiamati alla libertà (eleutheria) ! Solo, non fate di questa libertà un pretesto per la carne» (Galati, 5,13). Qui la carne significa le passioni e tutto quello che si oppone allo spirito [3]. In questo senso, la legge mi libera dalle mie tendenze malvagie.

Perchè fare una legge? Coloro che portano il velo integrale (niqab o burqa) non lo fanno per tradizione. Esse sono di solito delle ragazze nate in Francia [dove più è forte questa polemica sul velo- ndr], oppure delle francesi convertite all’islam. Se fosse per tradizione, nessuno avrebbe da dire. Ad esempio, ancora oggi in Sicilia si vedono donne anziane tutte vestite di nero, portando talvolta grossi pesi sulla testa: ciò sorprende, ma nessuno le critica perchè esse seguono la tradizione del Paese. Nel caso della Francia, è tutta un’altra cosa: quelle donne si vestono così per l’ideologia, per sfidare la società occidentale che esse giudicano corrotta. Che siano coscienti o meno, esse sono di fatto portatrici si un pericoloso progetto politico: pericoloso non perchè politico, ma perchè nascosto, travestito da progetto religioso. Perchè in effetti il velo integrale non è per nulla previsto né dal Corano né dalla Sunna. L’esperienza di altri Paesi – penso in particolare all’Egitto, il più grande Paese arabo – è chiarificante: il velo semplice, che nel 1975 era una cosa rara, oggi è divenuto la norma; il velo integrale, apparso verso il 1995 come un fatto eccezionale, oggi è divenuto un fenomeno standard, addirittura banale! [4] Il punto è che, dopo la caduta delle ideologie, in mancanza di democrazia, giustizia, uguaglianza, ecc…, ciò che è «religioso» appare come «l’unico valore sicuro» nel nostro mondo musulmano.Fatti come questi, che si possono osservare in tutti i Paesi del Medio oriente e dell’Africa del nord, mostrano che se si lascia fare, l’uso non potrà che aumentare.

I motivi per il velo integrale: L’uso del velo integrale (burqa) in occidente provoca uno shock culturale, e non può essere giustificato con la religione perché nulla lo prescrive. Non lo si può giustificare nemmeno con la Tradizione, perchè coloro che lo portano lo fanno per la prima volta e il Paese dove esse vivono è contrario all’uso. Perchè dunque adottarlo? A me pare che, nel migliore dei casi, tale uso è una reazione di difesa contro un certo lassismo della morale e dei comportamenti in occidente. Che ci sia tale lassismo è vero, ma bisogna reagire all’estremismo con altro estremismo? O con qualcosa di scioccante? L’ideale di ogni persona sensata è il pudore. Ma il pudore non ha bisogno di un simile abbigliamento. D’altra parte, l’abbigliamento che manifesta il pudore varia a seconda delle epoche e dei luoghi, sia in occidente che nel mondo arabo o musulmano. E poi, il pudore è una virtù umana e non una virtù per sole donne. Esso vale anche per i maschi. Se il velo integrale (o il velo semplice) è la migliore espressione del pudore e dovesse divenire norma, perchè gli uomini non lo portano? Senz’altro perchè questo non è nei costumi. É il costume del gruppo, del Paese a definire, qui ed ora, le espressioni del pudore. In Francia o in Europa, sono dunque i costumi e le norme francesi o europee a decidere ciò che è conveniente, soprattutto se non vi sono obblighi religiosi chiari ed evidenti. Il fatto stesso che fra i musulmani non vi è consenso su questo costume, indica che questo non è un obbligo musulmano. Tutti i musulmani sono invece d’accordo che le 5 preghiere quotidiane (e più in generale i 5 pilastri dell’islam) sono obbligatori per definire un musulmano, anche se molti non li praticano. Ma sulla questione del velo non vi è alcun accordo.

La reazione dell’occidente: Con ogni evidenza, il velo integrale è contrario agli usi e alla mentalità francese. Esso è soprattutto contrario ai concetti fondamentali di uguaglianza dei sessi e di discrezione nella manifestazione delle proprie convinzioni filosofiche o religiose. Come tutti i costumi, questi non sono scritti in alcuna legge o costituzione, ma sono frutto di un consenso nazionale che costituisce un aspetto proprio della «identità nazionale» di cui si parla molto di questi tempi. Poiché il velo è vissuto in molti Paesi (e in particolare in Francia) come un simbolo di regressione culturale, le circa 2 mila donne francesi – o presenti in Francia – che desiderano portarlo fanno un torto all’islam, a tutti i musulmani e agli arabi. Senza volerlo, esse danno dell’islam un’immagine che rafforza nella coscienza occidentale l’idea che l’islam è una religione in ritardo sul cammino dell’umanità e che inevitabilmente porterà «all’indietro» l’occidente. Per la sfortuna di noi arabi, tutti i rapporti stilati dagli esperti – arabi o stranieri – confermano questo ritardo coi fatti e le statistiche. É proprio necessario aggiungere ogni giorno qualche elemento religioso, quasi a dimostrare che la causa del nostro ritardo è l’islam ? É per questo che vale la pena di combattere il velo integrale.

Quale soluzione? Una legge dello Stato? Chi deve «combattere» il velo integrale? Lo Stato con una legge ? Sarebbe davvero triste. Da una parte, è davvero necessario che lo Stato si preoccupi di legiferare per un gruppo che rappresenta solo 2 mila persone su quasi 63 milioni, cioè circa lo 0,003% della popolazione? La risposta si trova in un adagio dell’antica Roma: De minimis non curat praetor (la giustizia non si curi delle cose piccole). D’altra parte, se si instaura il silenzio e la pressione salafista continua – come è probabile, perchè si tratta di una «causa» da vincere, che sarà seguita da altre – si rischia di non affrontare il problema. Si può trovare dei palliativi, ad esempio indicando delle linee generali da seguire, lasciando alle diverse località o istituzioni le decisioni da prendere sul posto. Purtroppo, l’esperienza dell’ «affare di Creil [5]» - scoppiato il 18 settembre 1989 – suggerisce che questo genere di conflitti non si risolve da solo, «con il tempo». C’è voluta la «Commissione Stasi» e la legge del 15 marzo 2004 sull’esibizione dei simboli religiosi, per arrivare alla fine a tranquillizzare le acque. Va comunque sottolineata la profonda ragionevolezza di Ernest Chénière, il preside del collegio Gabriel Havez di Creil, che nella sua lettera del 4 ottobre 1989 ai genitori di Fatima (13 anni) e Leila (14 anni) Achahboun e a quelli di Samira Saidani, ha scritto: «Il nostro obbiettivo è limitare l’eccessiva esteriorizzazione di ogni appartenenza religiosa o culturale. Vi prego di chiedere loro di rispettare il carattere laico del nostro istituto».

I musulmani sono capaci di risolvere il problema? La soluzione più ragionevole dovrebbe venire dall’interno. Dovrebbero essere i musulmani a risolvere il problema. Si sogna un gruppo di «saggi» che spieghino di cosa si tratta con precisione, come mai questo costume non è seguito nella maggior parte dei Paesi musulmani, e come mai appare tutt’a un tratto oggi, persino in Europa. Purtroppo è proprio questo il problema: una specie di solidarietà clanica o atavica ci rende incapaci a fare autocritica, soprattutto se si tratta di critiche apparenti contro la religione. Ci troviamo paralizzati. La stragrande maggioranza dei musulmani occidentali non è favorevole al velo integrale e la maggioranza non è favorevole nemmeno al velo tout court. Ma nessuno osa scendere in piazza per manifestare la sua opposizione, o per fare pressione sui propri correligionari, ancor meno per protestare contro gli imam. Bisognerebbe spiegare in pubblico perchè un tale costume è eticamente contrario alla cultura francese e occidentale e perchè è considerato degradante per la donna. Bisognerebbe soprattutto che l’islam ripensi se stesso, che dei musulmani credenti aiutino i loro correligionari a non legare l’islam a alcune tradizioni divenute obsolete, a distinguere nell’islam la fede e la cultura, la religione e la politica… in breve, a costruire un islam moderno e credente, che contribuisca alla civilizzazione mondiale con la sua spiritualità.

Conclusione: Qual è dunque la soluzione? Malgrado le inevitabili reazioni degli ambienti musulmani e di alcuni ambienti non musulmani, una legge potrebbe fissare dei limiti al divieto. Per esempio: non portare il velo nelle scuole e nelle università; negli uffici pubblici; nei luoghi dove è necessario che la persona venga riconosciuta. Allo stesso tempo, è necessario che i musulmani stessi facciano un profondo lavoro di tanwîr (illuminismo) per creare un islam dei Lumi, un Aufklärung. Questo va fatto sui siti internet (come oumma.com), sui forum, nei dibattiti alla radio e alla tivu, nei media. Occorre farlo attraverso conferenze-dibattito e nelle moschee, mettendo in luce l’aspetto positivo di tale decisione : ripensare l’islam per l’Europa di oggi. Da parte mia, io cristiano arabo, di cultura islamica e cristiana, sono convinto che l’islam ha un ruolo culturale e spirituale da giocare nella civilizzazione mondiale (come altre tradizioni religiose). Occorre compiere un discernimento per definire meglio ciò che è positivo e ciò che lo è meno nella civiltà occidentale e nella civiltà musulmana. E porterebbe a buomni risultati se questo discernimento fosse fatto insieme. Lo scontro non serve a molto, se non a esasperare le posizioni e ad aumentare le tensioni. Tale discernimento non è facile, ma è senz’altro benefico per l’islam e il cristianesimo, per il mondo arabo e per quello occidentale. La significativa presenza di musulmani in Europa è percepita dalle comunità autoctone come una minaccia… E purtroppo, in questo momento, essa lo è. La responsabilità di questa situazione è da distribuire da entrambe le parti. Ma questa stessa presenza può anche essere fonte di riflessione e di equilibrio per le due tradizioni. Questo lavoro di discernimento deve essere fatto insieme, in un dialogo culturale, etico e spirituale con tutti, anche con gli atei e gli agnostici, perchè l’etica e la spiritualità non è appalto solo dei credenti. Per me credente, penso che la presenza dei musulmani in Europa oggi può divenire un fatto provvidenziale, della Provvidenza divina (al-‘inâyah al-ilâhiyyah) …per loro e per gli europei, perchè entrambi possano rinnovarsi nella giustizia e nell’equità, riconoscendosi legittimamente diversi e proprio per questo complementari. W-Allâhu samî‘un ‘alîmun = «Allah è Colui che tutto ascolta e conosce» [6]

© AsiaNews

[1] Penso ad esempio a quanto ha detto il sociologo e politologo Giovanni Sartori, celebre in Italia e negli Stati Uniti, nel suo editoriale pubblicato sul Corriere della Sera lo scorso 20 dicembre.

[2] Citazione dalla Sirah Nabawiyyah, cioè dalla “Vita del Profeta”.

[3] Qui carne corrisponde al nafs del Corano, nell’espressione inna n-nafsa la-ammâratun bi-s-sû’i «In verità l’anima è propensa al male» (sura di Giuseppe, 12/53).

[4] Basta uno sguardo alle foto di studenti nelle università del Cairo negli anni ’70 e oggi per vedere l’impressionante diffusione del velo!

[5] A Creil tre studentesse islamiche furono sospese dalla scuola perchè rifiutavano di togliere il velo in classe.

[6] Corano 2:224.256 ; 3:34.121 ; 9:98.103 ; 24:21.50.

0 commenti: