Il 22 luglio dello scorso anno, Geert Wilders, guida indiscussa dell’ultra destra olandese, formulò al governo del primo ministro Jan Peter Balkenende un quesito breve ma infido quanto un cobra: “Quanto ci costa un immigrato?" Il governo prese tempo e, sul finire di quella stessa estate (il 10 settembre), diede voce al proprio ministro per l’immigrazione, Eberhard Van der Laan, formulando una risposta che avrebbe fatto piacere alla Segreteria Vaticana: "Non teniamo conto del valore economico degli esseri umani". Balkenende si guardò bene dal divulgare numeri, essendo troppo palpabile la paura che il partito xenofobo strumentalizzasse le cifre, alimentando un argomento a favore dell'espulsione dei musulmani irregolari. Ma la genericità della risposta fu interpretata dai più come una chiara ammissione del governo batavo di quanto i contribuenti fossero costretti a farsi carico dell'immigrazione di massa. Oggi, in piena campagna elettorale per le amministrative (e con il governo Balkenende fresco di dimissioni), la sinistra ha preso un’iniziativa che potrebbe avere serie conseguenze a livello psicologico. I vari partiti: laburista (PvdA), cristiano-democratico (CDA), centro-sinistra (D66) socialisti (SP) e Verdi hanno assunto l’iniziativa di presentare i propri candidati musulmani, affiggendo manifesti in sola lingua araba (Verdi) e turca (PvdA). Il ministro per l’immigrazione, Eberhard Van der Laan, al limite di un attacco isterico, ha subito richiamato i responsabili dei partiti al fine di rimuovere alla svelta i manifesti elettorali in questione. La retromarcia più immediata è stata quella del partito laburista mentre, invece, i Verdi hanno puntato i piedi, mantenendo i loro manifesti in arabo. Ma c’è stato di più. Koen De Mesmaeker, responsabile del Consiglio Fiammingo per l’integrazione dei Rifugiati, nonché direttore del programma di naturalizzazione nella città fiamminga di Gand, è andato oltre l’iniziativa dei manifesti in turco ed arabo. Per De Mesmaeker, la lingua non può essere ritenuta un dogma, perchè " l'olandese permette una coesistenza armoniosa ma non può essere ritenuto uno scopo in sé". Formula contorta che vorrebbe dire: la nostra società sta cambiando. Dunque sarebbe bene contemplare la possibilità che l’Olanda diventi una nazione bilingue o, dovesse servire, multilinguistica. Il prossimo 3 marzo ci saranno le elezioni amministrative. I succitati partiti della sinistra hanno, quasi tutti, prestato ascolto al ministro per l’immigrazione. Altri, invece, hanno preferito giocare fino in fondo la carta del voto degli immigrati. Rischiando. Perché se i sondaggi dicono che il 40% degli immigrati darà la propria preferenza al partito laburista, si prevede pure che solo il 34% di essi si recherà alle urne. Nel frattempo, Wilders affila le armi. Intenzionato a superare il suo precedente, clamoroso, 17%. E se anche in questa occasione Geert avrà successo, la sinistra olandese non potrà lamentarsi di non essere stata compresa dagli elettori. Visto che stavolta ha davvero parlato arabo.
lunedì 22 febbraio 2010
Unione euroaraba
Olanda verso il multilinguismo? di Maurizio De Santis
Il 22 luglio dello scorso anno, Geert Wilders, guida indiscussa dell’ultra destra olandese, formulò al governo del primo ministro Jan Peter Balkenende un quesito breve ma infido quanto un cobra: “Quanto ci costa un immigrato?" Il governo prese tempo e, sul finire di quella stessa estate (il 10 settembre), diede voce al proprio ministro per l’immigrazione, Eberhard Van der Laan, formulando una risposta che avrebbe fatto piacere alla Segreteria Vaticana: "Non teniamo conto del valore economico degli esseri umani". Balkenende si guardò bene dal divulgare numeri, essendo troppo palpabile la paura che il partito xenofobo strumentalizzasse le cifre, alimentando un argomento a favore dell'espulsione dei musulmani irregolari. Ma la genericità della risposta fu interpretata dai più come una chiara ammissione del governo batavo di quanto i contribuenti fossero costretti a farsi carico dell'immigrazione di massa. Oggi, in piena campagna elettorale per le amministrative (e con il governo Balkenende fresco di dimissioni), la sinistra ha preso un’iniziativa che potrebbe avere serie conseguenze a livello psicologico. I vari partiti: laburista (PvdA), cristiano-democratico (CDA), centro-sinistra (D66) socialisti (SP) e Verdi hanno assunto l’iniziativa di presentare i propri candidati musulmani, affiggendo manifesti in sola lingua araba (Verdi) e turca (PvdA). Il ministro per l’immigrazione, Eberhard Van der Laan, al limite di un attacco isterico, ha subito richiamato i responsabili dei partiti al fine di rimuovere alla svelta i manifesti elettorali in questione. La retromarcia più immediata è stata quella del partito laburista mentre, invece, i Verdi hanno puntato i piedi, mantenendo i loro manifesti in arabo. Ma c’è stato di più. Koen De Mesmaeker, responsabile del Consiglio Fiammingo per l’integrazione dei Rifugiati, nonché direttore del programma di naturalizzazione nella città fiamminga di Gand, è andato oltre l’iniziativa dei manifesti in turco ed arabo. Per De Mesmaeker, la lingua non può essere ritenuta un dogma, perchè " l'olandese permette una coesistenza armoniosa ma non può essere ritenuto uno scopo in sé". Formula contorta che vorrebbe dire: la nostra società sta cambiando. Dunque sarebbe bene contemplare la possibilità che l’Olanda diventi una nazione bilingue o, dovesse servire, multilinguistica. Il prossimo 3 marzo ci saranno le elezioni amministrative. I succitati partiti della sinistra hanno, quasi tutti, prestato ascolto al ministro per l’immigrazione. Altri, invece, hanno preferito giocare fino in fondo la carta del voto degli immigrati. Rischiando. Perché se i sondaggi dicono che il 40% degli immigrati darà la propria preferenza al partito laburista, si prevede pure che solo il 34% di essi si recherà alle urne. Nel frattempo, Wilders affila le armi. Intenzionato a superare il suo precedente, clamoroso, 17%. E se anche in questa occasione Geert avrà successo, la sinistra olandese non potrà lamentarsi di non essere stata compresa dagli elettori. Visto che stavolta ha davvero parlato arabo.
Il 22 luglio dello scorso anno, Geert Wilders, guida indiscussa dell’ultra destra olandese, formulò al governo del primo ministro Jan Peter Balkenende un quesito breve ma infido quanto un cobra: “Quanto ci costa un immigrato?" Il governo prese tempo e, sul finire di quella stessa estate (il 10 settembre), diede voce al proprio ministro per l’immigrazione, Eberhard Van der Laan, formulando una risposta che avrebbe fatto piacere alla Segreteria Vaticana: "Non teniamo conto del valore economico degli esseri umani". Balkenende si guardò bene dal divulgare numeri, essendo troppo palpabile la paura che il partito xenofobo strumentalizzasse le cifre, alimentando un argomento a favore dell'espulsione dei musulmani irregolari. Ma la genericità della risposta fu interpretata dai più come una chiara ammissione del governo batavo di quanto i contribuenti fossero costretti a farsi carico dell'immigrazione di massa. Oggi, in piena campagna elettorale per le amministrative (e con il governo Balkenende fresco di dimissioni), la sinistra ha preso un’iniziativa che potrebbe avere serie conseguenze a livello psicologico. I vari partiti: laburista (PvdA), cristiano-democratico (CDA), centro-sinistra (D66) socialisti (SP) e Verdi hanno assunto l’iniziativa di presentare i propri candidati musulmani, affiggendo manifesti in sola lingua araba (Verdi) e turca (PvdA). Il ministro per l’immigrazione, Eberhard Van der Laan, al limite di un attacco isterico, ha subito richiamato i responsabili dei partiti al fine di rimuovere alla svelta i manifesti elettorali in questione. La retromarcia più immediata è stata quella del partito laburista mentre, invece, i Verdi hanno puntato i piedi, mantenendo i loro manifesti in arabo. Ma c’è stato di più. Koen De Mesmaeker, responsabile del Consiglio Fiammingo per l’integrazione dei Rifugiati, nonché direttore del programma di naturalizzazione nella città fiamminga di Gand, è andato oltre l’iniziativa dei manifesti in turco ed arabo. Per De Mesmaeker, la lingua non può essere ritenuta un dogma, perchè " l'olandese permette una coesistenza armoniosa ma non può essere ritenuto uno scopo in sé". Formula contorta che vorrebbe dire: la nostra società sta cambiando. Dunque sarebbe bene contemplare la possibilità che l’Olanda diventi una nazione bilingue o, dovesse servire, multilinguistica. Il prossimo 3 marzo ci saranno le elezioni amministrative. I succitati partiti della sinistra hanno, quasi tutti, prestato ascolto al ministro per l’immigrazione. Altri, invece, hanno preferito giocare fino in fondo la carta del voto degli immigrati. Rischiando. Perché se i sondaggi dicono che il 40% degli immigrati darà la propria preferenza al partito laburista, si prevede pure che solo il 34% di essi si recherà alle urne. Nel frattempo, Wilders affila le armi. Intenzionato a superare il suo precedente, clamoroso, 17%. E se anche in questa occasione Geert avrà successo, la sinistra olandese non potrà lamentarsi di non essere stata compresa dagli elettori. Visto che stavolta ha davvero parlato arabo.
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