mercoledì 17 febbraio 2010

... e se lo dice Tettamanzi

Commento sull'integrazione pubblicato sul sito ufficiale della diocesi di milano. Tettamanzi su via Padova: indifferente chi doveva agire. La Curia: giochi politici di parte per la ricerca del voto. L’invocazione di un «esercito», sì: ma di «educatori»

MILANO
- La «ferma condanna della violenza», ma anche il monito verso «l’indifferenza di chi avrebbe potuto intervenire prima e non lo ha fatto». Il richiamo al rispetto di «diritti e doveri» da parte di tutti, ma anche un reiterato richiamo alla politica per i «problemi reali sacrificati sull’altare della ricerca di consenso elettorale». L’invocazione di un «esercito», sì: ma di «educatori, non di militari». Ecco, dice la curia di Milano, cosa serve in via Padova: altro che fiaccolate. In effetti ci hanno pensato molto bene, quelli della curia più socialmente impegnata d’Italia, prima di parlare. Ma alla fine, a tre giorni dalla drammatica rivolta di via Padova, sono scesi in campo con un editoriale il cui titolo basterebbe da solo a scavalcare quasi tutte le prese di posizione espresse finora dai più: «Via Padova, la città in cui speriamo». Editoriale pubblicato ieri sera sul sito della Diocesi. Non firmato, e quindi espressione di una linea ufficiale che il cardinale Dionigi Tettamanzi— pur senza esporsi in prima persona — deve aver a sua volta valutato sino alle virgole. Il testo parte volutamente dalla persona che, al di là delle auto rovesciate e vetrine spaccate, è rimasta infine sullo sfondo di tutto quel che è successo poi: e cioè il povero Abdel Aziz El Sayed, 19 anni, panettiere, ammazzato con una coltellata al petto. «La morte di un giovane, il conflitto etnico tra bande rivali, le reazioni violente che ne sono seguite», si legge nell’editoriale, richiedono «lucidità di giudizio» e si collocano «in uno scenario di diffuso disagio sociale che, complice l'indifferenza di chi avrebbe potuto intervenire prima ma non lo ha fatto, perdura da tempo ed è destinato a rimanere tale finché non si deciderà di ristabilire le condizioni per una normale e costruttiva convivenza civile». Invece? Invece quel che più che altro si è visto anche stavolta, si rammaricano in curia, è stato il «consueto e triste gioco politico di parte» messo in scena da una «politica paralizzata dalla ricerca del consenso e poco audace nel progettare, realizzare, governare la metropoli». A prescindere dagli stranieri. Perché il problema è sempre lo stesso e non è di oggi, la curia cita il gioielliere e il tabaccaio ammazzati proprio in via Padova dieci anni fa, quando «criminali e vittime erano italiani: i nuovi arrivati si sono solo sostituiti ai delinquenti locali». Quella che è rimasta identica è «l’indifferenza» per il vero problema. «Sociale», prima che di polizia. Oggi con qualche aggravante in più: ulteriore «calo della tensione morale e civile»; mancanza di un «ethos pubblico condiviso». A tutti i livelli: «C’è forse differenza fra il disagio violento delle gang etniche e quello più narcisistico e spietato dei giovani "bene"?». E dire che le ricette per invertire la rotta sarebbero semplici, secondo la diocesi. «Favorire i «ricongiungimenti familiari» degli stranieri, perché è partendo dalla famiglia che si costruisce il tessuto sociale». E poi investire su scuola, casa, lavoro. Educatori. I sacerdoti del quartiere hanno promosso per stasera una veglia di preghiera sulla stessa lunghezza d’onda («Serve una nuova giustizia», dicono) che sarà guidata dal vicario del vescovo in persona, monsignor Erminio De Scalzi. Naturalmente il camper del Corriere, rimasto per due giorni in via Padova, ha raccolto anche altri umori: compresi quelli di un comitato che, per protestare contro un campo rom vicino, chiede appunto ai negozianti di via Padova che domani sera spengano le luci per un quarto d’ora. Martedì intanto i nordafricani fermati per i disordini di sabato sera sono saliti a sei (mercoledì mattina fermati altri tre giovani egiziani di età compresa tra 21 e 23 anni, di cui due irregolari, ndr). Resta da segnalare l’apprezzamento del presidente della Camera, Gianfranco Fini, per il ministro dell’Interno Roberto Maroni che in una intervista al Corriere si era detto contrario ai rastrellamenti: «Alcune mie piccole provocazioni hanno sortito qualche effetto». Intanto Emanuele Fiano, per il Pd, ha chiesto che sui fatti di via Padova il governo riferisca in aula. Per il momento ne riferisce lo scrittore Roberto Saviano: «Via Padova — ha detto — non è Rosarno».

Paolo Foschini

I nuovi italiani: ossia, i figli degli immigrati "perfettamente" integrati. QUI.

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