C'è rimasto solo Sarkozy a dire no alla Turchia nell'Unione europea. Più qualche partito islamofobo in ordine sparso, Lega compresa. In virtù di esigenze strumentali e elettoralistiche, o di una lettura superficiale e frettolosa della storia ispirata all'ideologia manichea dello scontro di civiltà. «Una posizione irragionevole», quella del presidente francese: così l'ha definita il primo ministro Erdogan in occasione proprio di un evento dal sapore e dal profondo significato europeo, la cerimonia di lancio – il 30 gennaio a Istanbul – delle trasmissioni in lingua turca di Euronews. Una posizione ormai isolata a livello dei 27 – la proposta di una “partnership privilegiata” (che non è mai stata definita nei contenuti concreti) tra l'Ue e Ankara – che il premier turco ha sempre respinto con sdegno, opponendole il «sogno della Turchia che dura da cinquant'anni», quello di una completa integrazione nelle istituzioni europee formalmente cercata fin dal 1959. Anche perché, secondo Erdogan, «l'Europa senza la Turchia resterebbe incompleta». E sul fronte europeo, nel mese di gennaio, la diplomazia turca ha registrato solo successi. Uno in particolare, perché il meno atteso, di grandissima rilevanza politica. A schierarsi pubblicamente per la Turchia in Europa a pieno titolo sono stati non solo dei sostenitori di lunga data come il ministro degli Esteri spagnolo Moratinos (che parlava a nome della presidenza spagnola, dal 1° gennaio, dell'Ue), il suo omologo svedese Bildt, o il premier greco Papandreou; ma anche Guido Westerwelle, ministro degli Esteri e vice cancelliere di un governo (Westerwelle è il presidente del partito liberale), quello guidato da Angela Merkel del Cdu, a cui si deve la proposta originaria di partenership privilegiata e una comunanza d'intenti fino a oggi piuttosto solida con Sarkozy. Nella sua visita ad Ankara e Istanbul, a inizio gennaio, il ministro tedesco ha ripetuto più e più volte una formula quasi magica che ha entusiasmato i diplomatici turchi: «pacta sunt servanda». E cioè, se la Turchia rispetterà le condizioni imposte da Bruxelles a tutti i nuovi membri, la Germania non si opporrà all'ingresso di Ankara nell'Ue. Anzi, ha sottolineato come la Turchia in Europa è nell'interesse – politico ed economico – del suo paese. Certo, andranno poi vinte le resistenze soprattutto del Csu, il partito democristiano bavarese che fa parte della coalizione al potere e che ha invano tentato di sabotare la visita di Westerwelle con la pubblicazione – qualche giorno prima – di un documento che invoca la partnership privilegiata: ma il ministro liberale in Turchia ha specificato di parlare in veste ufficiale, a nome del governo di Berlino e non come turista. Moratinos, invece, ha presentato in sede comunitaria la proposta forte della presidenza spagnola: l'apertura di altri 4 capitoli nei negoziati con Ankara (sui 35 totali ne sono stati aperti già 12, ma 8 sono sospesi a causa della controversia su Cipro). Mentre Bildt, in un'intervista alla rivista Turkish Policy Quarterly appena pubblicata, ha definito pessimistica la previsione del capo della diplomazia di Ankara, Davutoglu, della Turchia in Europa per il 2023, nel centesimo anniversario della Repubblica: e ha caldeggiato una data più ravvicinata, in virtù del ruolo sempre più strategico della politica estera turca nella stabilizzazione dell'area balcanica e del Medio oriente, oltre che del processo di riforme interne in chiave democratica e di liberalizzazione economica. Da ultimo, Papandreou si è finalmente pronunciato sulla proposta di Erdogan di costituire un Alto consiglio di cooperazione, per superare una volta per tutte il contenzioso tra Grecia e Turchia (Cipro, la delimitazione marittima nel Mediterraneo, le rispettive minoranze) e spalancare ad Ankara le porte dell'Europa. Come previsto, la risposta di Papandreou, poi pubblicata parzialmente sul sito del governo turco, è calorosa nei toni e positiva nella sostanza. Il primo ministro greco ha ribadito la sua volontà di assicurare alla regione pace e stabilità e il suo appoggio per l'ingresso della Turchia in Europa. I ministri degli Esteri hanno già messo in calendario degli incontri per occuparsi dei dettagli operativi, Papandreou ha invitato Erdogan in Grecia per una visita ufficiale. Aspettando che Sarkozy cambi idea.
giovedì 4 febbraio 2010
Perle di farefuturo
E (quasi) tutta l'Ue è d'accordo: la Turchia deve entrare in Europa di Giuseppe Mancini
C'è rimasto solo Sarkozy a dire no alla Turchia nell'Unione europea. Più qualche partito islamofobo in ordine sparso, Lega compresa. In virtù di esigenze strumentali e elettoralistiche, o di una lettura superficiale e frettolosa della storia ispirata all'ideologia manichea dello scontro di civiltà. «Una posizione irragionevole», quella del presidente francese: così l'ha definita il primo ministro Erdogan in occasione proprio di un evento dal sapore e dal profondo significato europeo, la cerimonia di lancio – il 30 gennaio a Istanbul – delle trasmissioni in lingua turca di Euronews. Una posizione ormai isolata a livello dei 27 – la proposta di una “partnership privilegiata” (che non è mai stata definita nei contenuti concreti) tra l'Ue e Ankara – che il premier turco ha sempre respinto con sdegno, opponendole il «sogno della Turchia che dura da cinquant'anni», quello di una completa integrazione nelle istituzioni europee formalmente cercata fin dal 1959. Anche perché, secondo Erdogan, «l'Europa senza la Turchia resterebbe incompleta». E sul fronte europeo, nel mese di gennaio, la diplomazia turca ha registrato solo successi. Uno in particolare, perché il meno atteso, di grandissima rilevanza politica. A schierarsi pubblicamente per la Turchia in Europa a pieno titolo sono stati non solo dei sostenitori di lunga data come il ministro degli Esteri spagnolo Moratinos (che parlava a nome della presidenza spagnola, dal 1° gennaio, dell'Ue), il suo omologo svedese Bildt, o il premier greco Papandreou; ma anche Guido Westerwelle, ministro degli Esteri e vice cancelliere di un governo (Westerwelle è il presidente del partito liberale), quello guidato da Angela Merkel del Cdu, a cui si deve la proposta originaria di partenership privilegiata e una comunanza d'intenti fino a oggi piuttosto solida con Sarkozy. Nella sua visita ad Ankara e Istanbul, a inizio gennaio, il ministro tedesco ha ripetuto più e più volte una formula quasi magica che ha entusiasmato i diplomatici turchi: «pacta sunt servanda». E cioè, se la Turchia rispetterà le condizioni imposte da Bruxelles a tutti i nuovi membri, la Germania non si opporrà all'ingresso di Ankara nell'Ue. Anzi, ha sottolineato come la Turchia in Europa è nell'interesse – politico ed economico – del suo paese. Certo, andranno poi vinte le resistenze soprattutto del Csu, il partito democristiano bavarese che fa parte della coalizione al potere e che ha invano tentato di sabotare la visita di Westerwelle con la pubblicazione – qualche giorno prima – di un documento che invoca la partnership privilegiata: ma il ministro liberale in Turchia ha specificato di parlare in veste ufficiale, a nome del governo di Berlino e non come turista. Moratinos, invece, ha presentato in sede comunitaria la proposta forte della presidenza spagnola: l'apertura di altri 4 capitoli nei negoziati con Ankara (sui 35 totali ne sono stati aperti già 12, ma 8 sono sospesi a causa della controversia su Cipro). Mentre Bildt, in un'intervista alla rivista Turkish Policy Quarterly appena pubblicata, ha definito pessimistica la previsione del capo della diplomazia di Ankara, Davutoglu, della Turchia in Europa per il 2023, nel centesimo anniversario della Repubblica: e ha caldeggiato una data più ravvicinata, in virtù del ruolo sempre più strategico della politica estera turca nella stabilizzazione dell'area balcanica e del Medio oriente, oltre che del processo di riforme interne in chiave democratica e di liberalizzazione economica. Da ultimo, Papandreou si è finalmente pronunciato sulla proposta di Erdogan di costituire un Alto consiglio di cooperazione, per superare una volta per tutte il contenzioso tra Grecia e Turchia (Cipro, la delimitazione marittima nel Mediterraneo, le rispettive minoranze) e spalancare ad Ankara le porte dell'Europa. Come previsto, la risposta di Papandreou, poi pubblicata parzialmente sul sito del governo turco, è calorosa nei toni e positiva nella sostanza. Il primo ministro greco ha ribadito la sua volontà di assicurare alla regione pace e stabilità e il suo appoggio per l'ingresso della Turchia in Europa. I ministri degli Esteri hanno già messo in calendario degli incontri per occuparsi dei dettagli operativi, Papandreou ha invitato Erdogan in Grecia per una visita ufficiale. Aspettando che Sarkozy cambi idea.
C'è rimasto solo Sarkozy a dire no alla Turchia nell'Unione europea. Più qualche partito islamofobo in ordine sparso, Lega compresa. In virtù di esigenze strumentali e elettoralistiche, o di una lettura superficiale e frettolosa della storia ispirata all'ideologia manichea dello scontro di civiltà. «Una posizione irragionevole», quella del presidente francese: così l'ha definita il primo ministro Erdogan in occasione proprio di un evento dal sapore e dal profondo significato europeo, la cerimonia di lancio – il 30 gennaio a Istanbul – delle trasmissioni in lingua turca di Euronews. Una posizione ormai isolata a livello dei 27 – la proposta di una “partnership privilegiata” (che non è mai stata definita nei contenuti concreti) tra l'Ue e Ankara – che il premier turco ha sempre respinto con sdegno, opponendole il «sogno della Turchia che dura da cinquant'anni», quello di una completa integrazione nelle istituzioni europee formalmente cercata fin dal 1959. Anche perché, secondo Erdogan, «l'Europa senza la Turchia resterebbe incompleta». E sul fronte europeo, nel mese di gennaio, la diplomazia turca ha registrato solo successi. Uno in particolare, perché il meno atteso, di grandissima rilevanza politica. A schierarsi pubblicamente per la Turchia in Europa a pieno titolo sono stati non solo dei sostenitori di lunga data come il ministro degli Esteri spagnolo Moratinos (che parlava a nome della presidenza spagnola, dal 1° gennaio, dell'Ue), il suo omologo svedese Bildt, o il premier greco Papandreou; ma anche Guido Westerwelle, ministro degli Esteri e vice cancelliere di un governo (Westerwelle è il presidente del partito liberale), quello guidato da Angela Merkel del Cdu, a cui si deve la proposta originaria di partenership privilegiata e una comunanza d'intenti fino a oggi piuttosto solida con Sarkozy. Nella sua visita ad Ankara e Istanbul, a inizio gennaio, il ministro tedesco ha ripetuto più e più volte una formula quasi magica che ha entusiasmato i diplomatici turchi: «pacta sunt servanda». E cioè, se la Turchia rispetterà le condizioni imposte da Bruxelles a tutti i nuovi membri, la Germania non si opporrà all'ingresso di Ankara nell'Ue. Anzi, ha sottolineato come la Turchia in Europa è nell'interesse – politico ed economico – del suo paese. Certo, andranno poi vinte le resistenze soprattutto del Csu, il partito democristiano bavarese che fa parte della coalizione al potere e che ha invano tentato di sabotare la visita di Westerwelle con la pubblicazione – qualche giorno prima – di un documento che invoca la partnership privilegiata: ma il ministro liberale in Turchia ha specificato di parlare in veste ufficiale, a nome del governo di Berlino e non come turista. Moratinos, invece, ha presentato in sede comunitaria la proposta forte della presidenza spagnola: l'apertura di altri 4 capitoli nei negoziati con Ankara (sui 35 totali ne sono stati aperti già 12, ma 8 sono sospesi a causa della controversia su Cipro). Mentre Bildt, in un'intervista alla rivista Turkish Policy Quarterly appena pubblicata, ha definito pessimistica la previsione del capo della diplomazia di Ankara, Davutoglu, della Turchia in Europa per il 2023, nel centesimo anniversario della Repubblica: e ha caldeggiato una data più ravvicinata, in virtù del ruolo sempre più strategico della politica estera turca nella stabilizzazione dell'area balcanica e del Medio oriente, oltre che del processo di riforme interne in chiave democratica e di liberalizzazione economica. Da ultimo, Papandreou si è finalmente pronunciato sulla proposta di Erdogan di costituire un Alto consiglio di cooperazione, per superare una volta per tutte il contenzioso tra Grecia e Turchia (Cipro, la delimitazione marittima nel Mediterraneo, le rispettive minoranze) e spalancare ad Ankara le porte dell'Europa. Come previsto, la risposta di Papandreou, poi pubblicata parzialmente sul sito del governo turco, è calorosa nei toni e positiva nella sostanza. Il primo ministro greco ha ribadito la sua volontà di assicurare alla regione pace e stabilità e il suo appoggio per l'ingresso della Turchia in Europa. I ministri degli Esteri hanno già messo in calendario degli incontri per occuparsi dei dettagli operativi, Papandreou ha invitato Erdogan in Grecia per una visita ufficiale. Aspettando che Sarkozy cambi idea.
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