venerdì 5 giugno 2009

Turchia

L’Europa è già turca di Andrea Morigi

Diciannove candidati turchi corrono, in sei Paesi diversi, per conquistare il Parlamento europeo. Schierati magari in competizione fra loro, senza comunque che si possa escludere un’elezione in blocco per tutti quanti. Non si può fare della parte il tutto, ma l’unico curriculum politico da esaminare al momento è quello del leader dei Verdi tedeschi Cem Özdemir, unico eurodeputato di etnia turca dell’ultima legislatura. Più che di ecologia, con qualche rara interrogazione sulle acque di Corfù, in realtà si occupa di reinsediamento dei detenuti di Guantanamo, di rapimenti illegali e si mostra particolarmente sensibile alle sorti dei villaggi turchi di Güngören, Eglence e Yayvan, i cui capi accusano il monastero siro-cristiano-ortodosso e centro spirituale di Mor Gabriel «di appropriazione illegittima di alcune proprietà terriere» di averne violato i confini e occupato «100 ettari di terra». Come se, durante il suo mandato a Strasburgo, nel suo Paese d’origine non fossero stati accoltellati preti e missionari cristiani e proprio a causa delle campagne d’odio di fondamentalisti islamici e nazionalisti. Uno scorcio di attività paradigmatico se finora, tutto solo, Özdemir è riuscito a impegnarsi affinché non solo fosse accolta la Turchia nell’Ue, ma si aprissero le porte a tutto il mondo turcofono e panturco, cioè a Uzbekistan, Kirghizistan, Kazakistan, Tagikistan e, ovviamente, al Turkmenistan. Ed è proprio dalla Germania, dove la comunità turca conta già circa 3 milioni e mezzo di persone, arrivano i rinforzi. Il drappello tedesco, il più numeroso, vede Ismail Ertug, Hidir Karademir e Macit Karaahmetoglu in lista con i Socialdemocratici, mentre Sidar Aydinlik, Kadriye Karci e Songul Karabulut si sono piazzati con la Sinistra radicale. Ma il loro connazionale Yasar Bilgin si è addirittura andato a infilare tra i Cristiano-democratici. Se proprio non riuscissero a promuovere politiche multiculturaliste e filo-Ankara, potrebbero venire in loro soccorso i compatrioti dal Belgio, secondo nella classifica panturca con sei aspiranti al seggio. Meryem Almaci e Inan Asliyuce Flaman si presentano tra i Verdi e Nermin Kumanova tra gli Ecologisti francofoni. Mustafa Uzun, in omaggio alla trasversalità, è in lista con i Cristiano-Popolari, mentre i socialisti fiamminghi dell’Spa candidano Selahattin Kocak e Sener Ugurlu. Terzi i Paesi Bassi, nonostante il prevedibile successo tra l’elettorato olandese, del Partito per la Libertà di Geert Wilders. Le comunità di immigrati tenteranno di rispondere votando in massa Emine Bozkurt e Erdogan Kaya, del Partito laburista, e Ali Osman Bicen tra i radical-socialisti del D66. Soltanto un singolo candidato, Nilgun Carver, per i Laburisti britannici, senza contare che tra i Verdi londinesi compaiono tali Shahrar Ali e Shasha Khan, che certo non parlano cockney. I socialisti francesi si limitano a schierare Emrullah Deniz, secondo il quotidiano turco Zaman. A Parigi, del resto, si vive già con un certo imbarazzo la candidatura del comico africano Dieudonné Mbala Mbala in un raggruppamento che si definisce ”anti-sionista”. Infine, i Socialdemocratici danesi si accontentano di Huseyin Arac, poeta, interprete di quattro film e suonatore di baglama, il mandolino turco, con cui potrebbe rendere ancora più noiose le sedute del Parlamento europeo.

Ricordiamo - ancora una volta - le parole di Erdoğan rivolte ai turchi in Germania: “Non assimilatevi” “avremo presidenti turchi in tutti i paesi europei”. “I nostri minareti sono le nostre baionette, le nostre cupole sono i nostri elmi, le nostre moschee sono le nostre caserme e i nostri fedeli sono i nostri soldati”.

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