martedì 2 marzo 2010

La manifestazione a Roma

"Non è vero che l'Italia si ferma se scioperano gli immigrati" Intervista ad Alfredo Mantovano di Roberto Santoro

Entrando a Piazza Vittorio, luogo simbolo del primo ‘sciopero dei migranti’ a Roma, troviamo qualche centinaio di persone. Più italiani che migranti. Gadget, palloncini gialli, le associazioni antirazziste, qualcuno del sindacato. Sarà che i clandestini non vanno a manifestare in piazza dove c’è la polizia, fatto sta che la prima impressione non è proprio positiva, nonostante i bei colori e l'ottimismo degli organizzatori. Una tuta blu africana si lamenta perché il permesso di soggiorno tarda ad arrivare: "Andate a chiedere a quelli della Lega perché non rispettano le direttive della UE sulle multe ai datori di lavoro che assumono clandestini", dice con aria di sfida. Siamo andati via prima che arrivassero i big della politica, mentre si stava preparando a suonare l'ormai celebre "Orchestra di Piazza Vittorio". Probabilmente la piazza si sarà riempita (per il concerto, non per lo sciopero), ma se paragoniamo i risultati di queste “24 ore senza di noi” con il risalto dato all'avvenimento dagli organi di stampa qualcosa non torna, e diventa strumentale trasformarlo in un evento simbolico. Ne parliamo con il sottosegretario all’interno, Alfredo Mantovano.

Onorevole, che giudizio dà dello "sciopero dei migranti"? La sinistra deve trovare i voti che le mancano per governare e per riequilibrare la spesa pensionistica – quei voti che non trova più fra gli italiani. Per farlo ha bisogno di utilizzare nuove leve. I nuovi adepti, più che gli immigrati, sono i clandestini. Ieri gli immigrati regolari sono andati a lavorare invece di lasciarsi affascinare da queste suggestioni protestatarie.

Una delle responsabili del comitato romano ha giudicato positivamente le dichiarazioni del finiano Fabio Granata. Un punto a favore della “cittadinanza breve”? Credo che non sia corretto individuare nella cittadinanza un punto di partenza. La cittadinanza è un punto di arrivo. Quindi non dipende da un mero fatto temporale, magari da abbreviare, ma deve inserirsi in un ‘cammino’ nel quale si verifica anche dell’altro.

Per esempio se gli immigrati vogliono restare in Italia... Studi basati su dati oggettivi hanno evidenziato chiaramente che il 70 per cento degli immigrati regolari presenti in Italia non hanno la prospettiva di rimanerci indefinitivamente, ma piuttosto di fermarsi per 10 o 15 anni. Il tempo necessario a mettere da parte dei risparmi, acquisire delle professionalità, far andare i loro figli nelle scuole italiane, per poi riportare questi risultati nel loro Paese di origine e mettere a frutto l'esperienza fatta nel nostro. In questa prospettiva la cittadinanza non serve assolutamente a nulla.

Qual è l’alternativa? Dovremmo approfondire quali sono i desideri degli immigrati regolari presenti in Italia e capire come garantire le loro aspirazioni senza sovrapporre ad esse le nostre opinioni, o aspettative, che in certi casi appaiono distanti dalla realtà.

Ha senso dire che se scioperano i migranti si ferma l'economia del Paese? Non ha senso, così come non è vero che gli extracomunitari fanno dei lavori che gli italiani non vogliono più fare. Questo discorso vale solo per le "collaborazioni familiari" – le badanti – ed è un fenomeno che interessa persone che provengono dai Paesi dell’Europa dell’Est, per esempio i rumeni.

Però non è che i giovani italiani impazziscano proprio dalla voglia di tornare in fabbrica o all'agricoltura... In realtà gli extracomunitari fanno lavori che gli italiani evitano perché sono remunerati male, perché sono lavori in nero o comunque con salari inferiori rispetto a quelli previsti dalla contrattazione sindacale. Sarebbe opportuno fare una controprova e verificare se un giovane del Sud rifiuterebbe a priori un lavoro nell'agricoltura se gli venisse pagato con i contributi e con un salario corrispondente perlomeno ai minimi contrattuali.

Come si combatte il caporalato? Proprio in queste settimane nelle zone maggiormente interessate da questi fenomeni è all’opera una task-force composta oltre che dalle forze di polizia – che hanno specifica competenza sul punto – dall’ispettorato del welfare, d’intesa con enti locali, Regioni e organizzazioni sindacali. Questo permette di recuperare un terreno che era stato abbandonato, colpevolmente, negli anni passati. Il caporalato si combatte moltiplicando i controlli e, di conseguenza, le sanzioni. Nulla di più.

A che punto è questa azione di contrasto? Abbiamo dati consistenti sull'entità dei controlli operati in particolare nella zona del Reggino, a Rosarno e dintorni, nella zona di Eboli, nel nord della Calabria, nei dintorni di Foggia. Insomma, c’è già un’attenzione particolare in questo senso.

Non sarà che manifestazioni come lo sciopero dei migranti servono ad anticipare future sanatorie? Questa manifestazione non favorisce nulla perché è fallita. Il rispetto delle regole non si ottiene con una manifestazione.

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