mercoledì 10 marzo 2010

Islam e cristiani

L'Islam perseguita i cristiani di Carlo Panella

Una notizia che non troverete su nessun giornale, apparentemente marginale, spiega tutto del massacro di 500 cristiani a colpi di Machete nella regione di Jos, in Nigeria; spiega perché, per quale ragione vera, i cristiani sono la minoranza religiosa più perseguitata nel mondo, meglio sarebbe dire: nel mondo musulmano. Il Marocco ha infatti espulso ieri 16 cristiani, colpevoli di un reato estremamente indicativo: “hanno svolto attività do proselitismo religioso nella regione di Atlas, nel centro del paese”. Il ministero degli Interni marocchino ha annunciato che queste espulsioni si inquadrano nella “lotta contro i tentativi di propagazione del credo evangelico, mirante a scuotere la fede dei musulmani, in conformità con le norme in vigore sulla preservazione dei valori religiosi e spirituali del regno”. Dunque, anche in Marocco, che pure è uno dei paesi musulmani più tolleranti, i cristiani non possono fare proselitismo. Peggio va loro in Sudan, Yemen, Iran, Arabia Saudita, perché in questi paesi i cristiani che tentano di convertire musulmani sono condannati a morte. Nella “laica Algeria” sono condannati a anni di galera e così anche in Siria. Questa è dunque la realtà del mondo islamico, che accomuna i paesi fondamentalisti con quelli moderati, con quelli “laici”: il culto cristiano è al massimo tollerato per discendenza familiare (quando non è proibito, come in Arabia Saudita), ma se un cristiano tenta di convertire un musulmano, commette un reato. Questa è l’origine profonda, del massacro di Jos, così come degli eccidi che colpiscono i cristiani maroniti in Egitto e delle persecuzioni dei cristiani in tutto il mondo musulmano. L’Islam di oggi, anche quello “moderato” anche quello “laico” non tollera, combatte ferocemente e punisce, anche con la forca, la libertà di religione, la libertà della persona di lasciare l’Islam per un altro credo. Questo perché l’Islam oggi, tutto l’Islam, pretende di imporre un suo dogma fondante, che vuole che l’uomo nasca “naturalmente” musulmano e che diventi cristiano, o ebreo, solo per un condizionamento – appena tollerato dal Corano - della famiglia. Per questo, la donna di fede islamica –essere “inferiore”- non può sposare un cristiano, un ebreo, un ateo. E’ una vera e propria ossessione nei confronti della “apostasia”, quella stessa ossessione che tutti oggi condanniamo nell’Inquisizione spagnola e che però è legge in tutti i paesi islamici. Ecco allora che quando si aprono delle contraddizioni etniche, o tribali (come è il caso di Jos, tra tribù nomadi e tribù stanziali), l’arroganza jhadista dell’Islam contemporaneo, inevitabilmente le acutizza, sino a sfociare in massacri. Il massacro di Jos, come tutti quelli che l’hanno preceduto facendo migliaia di vittime negli ultimi anni in Nigeria, nasce dalla pretesa dei musulmani del nord di imporre l’osservanza della sharia anche ai non musulmani. La stessa identica pretesa ebbe la guerra civile del Sudan, che fece un milione di morti,. Recentemente, nel silenzio imbarazzato dei media, la conferenza dei vescovi dell’Asia, ha denunciato il “pericolo egemonico” dell' “Islam politico”, un modo prudente per indicare questa intolleranza di fondo, che non è di un regime, che non deriva da contrasti etnici o tribali, ma dalla struttura stessa di una fede che pretende di imporsi con la forza bruta. Purtroppo, un quarantennio di “dialogo interreligioso”, aperto dal Concilio Vaticano II°, non ha voluto minimamente aprire alla discussione, al confronto, su questo tema. Ma questo è il tema. E non riguarda, ovviamente, solo i cristiani. L’Islam, tutto l’Islam, con marginali eccezioni (in Turchia che ha ancora una Costituzione laica, ma non si sa fino a quando), non tollera la libertà di pensiero, essenza della libertà di religione. Questo arma la mano ai machete; fa innalzare forche, fa uccidere ragazzine che vanno alla messa, come accadde anni fa in Indonesia. E questi massacri continueranno fino a quando l’Islam non abbandonerà questa sua pretesa egemonica e non accetterà la libertà di pensiero.

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