Il viaggio che Angela Merkel effettuerà in Turchia la settimana prossima si preannuncia burrascoso, ma di grande interesse. Cade infatti nel pieno delle polemiche che stanno scuotendo tutto il paese sull’asse stesso su cui si basa il settantennale laicismo dello stato rifondato da Kemal Atatürk. Laicismo che ha prodotto l’unico, assolutamente unico caso di nazione abitata da musulmani a democrazia piena e matura. Forte di una indubbia maggioranza parlamentare e della crisi delle opposizioni, Erdogan ha sinora spregiudicatamente usato delle richieste fatte dall’Europa per l’ingresso della Turchia nella Ue per smantellare con riforme costituzionali già attuate una per una le garanzie al laicismo, con l’evidente e rivendicato obbiettivo di islamizzare stato e istituzioni. I generali in manette Gli arresti di decine di generali nelle ultime settimane con pretestuose accuse di golpe, mirano ora a eliminare del tutto il ruolo di garanti della laicità da sempre garantito dai militari e ora Erdogan tenta di “normalizzare” l’altro pilastro del laicismo turco: la magistratura. La prossima settimana infatti, formalizzerà alcune riforme costituzionali che - se realizzate - impediranno alla magistratura di fare quel che sinora ha fatto: impedire la formazione di partiti confessionali e integralisti (sciogliendo nel 1997 lo stesso partito in cui militava Erdogan e addirittura annullando la sua elezione a parlamentare nel 2004); sottoporre le delibere del Supremo Consiglio Militare (garante della laicità dello Stato e sovraordinato in campo militare allo stesso governo) a revoca da parte di tribunali ordinari e infine modificare i criteri di nomina del Consiglio della Magistratura e della Corte di Cassazione che verrebbero a essere formati da una maggioranza di membri di nomina governativa. Il paradosso è che Erdogan - e su questo ha ragione - sostiene che queste riforme sono «volute dall’Europa». Questo perché l’Ue non vuole e non sa comprendere che il meccanismo costituzionale voluto da Atatürk, che assegna ai generali (e ai magistrati) un ruolo di supervisione dei principi laici e democratici, è l’unico, vero segreto della democrazia turca e pretende invece che Ankara applichi i “Parametri di Copenhagen” del 1992 che però furono definiti non per l’ingresso di un paese islamico nell’Ue, bensì per l’ingresso dei paesi dell’ex Patto di Varsavia, a economia e istituzioni “socialiste”. Un brutto pasticcio, sintomo di una totale inadeguatezza politica dell’Ue a dominare i complessi meccanismi delle società musulmane, che oggi favorisce un Erdogan che ha tutte le intenzioni di re-islamizzare la Turchia, modificando così anche la sua collocazione atlantica (la Turchia è membro della Nato), come la sua quarantennale alleanza con Israele. Erdogan non ha a oggi i voti per imporre queste riforme costituzionali in Parlamento, ma può indire un referendum a luglio che le imponga con la forza del consenso elettorale. Il tutto, nel momento stesso in cui l’Europa che favorisce questo processo di involuzione islamista non è poi per nulla disposta a fare entrare al suo interno Ankara. Angela Merkel è stata infatti chiarissima e giorni fa ha dichiarato di non volere un ingresso in Europa della Turchia ma solo un «partneriato privilegiato». Affermazione che ha mandato su tutte le furie Erdogan, che ribadisce la sua volontà di una associazione completa alla Ue, e che comunque continua ad usare della confusione politica europea per rafforzare il carattere islamico della società e dello Stato turchi.
venerdì 26 marzo 2010
Turchia
"Il jihad privato di Erdogan per islamizzare la Turchia" di Carlo Panella
Il viaggio che Angela Merkel effettuerà in Turchia la settimana prossima si preannuncia burrascoso, ma di grande interesse. Cade infatti nel pieno delle polemiche che stanno scuotendo tutto il paese sull’asse stesso su cui si basa il settantennale laicismo dello stato rifondato da Kemal Atatürk. Laicismo che ha prodotto l’unico, assolutamente unico caso di nazione abitata da musulmani a democrazia piena e matura. Forte di una indubbia maggioranza parlamentare e della crisi delle opposizioni, Erdogan ha sinora spregiudicatamente usato delle richieste fatte dall’Europa per l’ingresso della Turchia nella Ue per smantellare con riforme costituzionali già attuate una per una le garanzie al laicismo, con l’evidente e rivendicato obbiettivo di islamizzare stato e istituzioni. I generali in manette Gli arresti di decine di generali nelle ultime settimane con pretestuose accuse di golpe, mirano ora a eliminare del tutto il ruolo di garanti della laicità da sempre garantito dai militari e ora Erdogan tenta di “normalizzare” l’altro pilastro del laicismo turco: la magistratura. La prossima settimana infatti, formalizzerà alcune riforme costituzionali che - se realizzate - impediranno alla magistratura di fare quel che sinora ha fatto: impedire la formazione di partiti confessionali e integralisti (sciogliendo nel 1997 lo stesso partito in cui militava Erdogan e addirittura annullando la sua elezione a parlamentare nel 2004); sottoporre le delibere del Supremo Consiglio Militare (garante della laicità dello Stato e sovraordinato in campo militare allo stesso governo) a revoca da parte di tribunali ordinari e infine modificare i criteri di nomina del Consiglio della Magistratura e della Corte di Cassazione che verrebbero a essere formati da una maggioranza di membri di nomina governativa. Il paradosso è che Erdogan - e su questo ha ragione - sostiene che queste riforme sono «volute dall’Europa». Questo perché l’Ue non vuole e non sa comprendere che il meccanismo costituzionale voluto da Atatürk, che assegna ai generali (e ai magistrati) un ruolo di supervisione dei principi laici e democratici, è l’unico, vero segreto della democrazia turca e pretende invece che Ankara applichi i “Parametri di Copenhagen” del 1992 che però furono definiti non per l’ingresso di un paese islamico nell’Ue, bensì per l’ingresso dei paesi dell’ex Patto di Varsavia, a economia e istituzioni “socialiste”. Un brutto pasticcio, sintomo di una totale inadeguatezza politica dell’Ue a dominare i complessi meccanismi delle società musulmane, che oggi favorisce un Erdogan che ha tutte le intenzioni di re-islamizzare la Turchia, modificando così anche la sua collocazione atlantica (la Turchia è membro della Nato), come la sua quarantennale alleanza con Israele. Erdogan non ha a oggi i voti per imporre queste riforme costituzionali in Parlamento, ma può indire un referendum a luglio che le imponga con la forza del consenso elettorale. Il tutto, nel momento stesso in cui l’Europa che favorisce questo processo di involuzione islamista non è poi per nulla disposta a fare entrare al suo interno Ankara. Angela Merkel è stata infatti chiarissima e giorni fa ha dichiarato di non volere un ingresso in Europa della Turchia ma solo un «partneriato privilegiato». Affermazione che ha mandato su tutte le furie Erdogan, che ribadisce la sua volontà di una associazione completa alla Ue, e che comunque continua ad usare della confusione politica europea per rafforzare il carattere islamico della società e dello Stato turchi.
Il viaggio che Angela Merkel effettuerà in Turchia la settimana prossima si preannuncia burrascoso, ma di grande interesse. Cade infatti nel pieno delle polemiche che stanno scuotendo tutto il paese sull’asse stesso su cui si basa il settantennale laicismo dello stato rifondato da Kemal Atatürk. Laicismo che ha prodotto l’unico, assolutamente unico caso di nazione abitata da musulmani a democrazia piena e matura. Forte di una indubbia maggioranza parlamentare e della crisi delle opposizioni, Erdogan ha sinora spregiudicatamente usato delle richieste fatte dall’Europa per l’ingresso della Turchia nella Ue per smantellare con riforme costituzionali già attuate una per una le garanzie al laicismo, con l’evidente e rivendicato obbiettivo di islamizzare stato e istituzioni. I generali in manette Gli arresti di decine di generali nelle ultime settimane con pretestuose accuse di golpe, mirano ora a eliminare del tutto il ruolo di garanti della laicità da sempre garantito dai militari e ora Erdogan tenta di “normalizzare” l’altro pilastro del laicismo turco: la magistratura. La prossima settimana infatti, formalizzerà alcune riforme costituzionali che - se realizzate - impediranno alla magistratura di fare quel che sinora ha fatto: impedire la formazione di partiti confessionali e integralisti (sciogliendo nel 1997 lo stesso partito in cui militava Erdogan e addirittura annullando la sua elezione a parlamentare nel 2004); sottoporre le delibere del Supremo Consiglio Militare (garante della laicità dello Stato e sovraordinato in campo militare allo stesso governo) a revoca da parte di tribunali ordinari e infine modificare i criteri di nomina del Consiglio della Magistratura e della Corte di Cassazione che verrebbero a essere formati da una maggioranza di membri di nomina governativa. Il paradosso è che Erdogan - e su questo ha ragione - sostiene che queste riforme sono «volute dall’Europa». Questo perché l’Ue non vuole e non sa comprendere che il meccanismo costituzionale voluto da Atatürk, che assegna ai generali (e ai magistrati) un ruolo di supervisione dei principi laici e democratici, è l’unico, vero segreto della democrazia turca e pretende invece che Ankara applichi i “Parametri di Copenhagen” del 1992 che però furono definiti non per l’ingresso di un paese islamico nell’Ue, bensì per l’ingresso dei paesi dell’ex Patto di Varsavia, a economia e istituzioni “socialiste”. Un brutto pasticcio, sintomo di una totale inadeguatezza politica dell’Ue a dominare i complessi meccanismi delle società musulmane, che oggi favorisce un Erdogan che ha tutte le intenzioni di re-islamizzare la Turchia, modificando così anche la sua collocazione atlantica (la Turchia è membro della Nato), come la sua quarantennale alleanza con Israele. Erdogan non ha a oggi i voti per imporre queste riforme costituzionali in Parlamento, ma può indire un referendum a luglio che le imponga con la forza del consenso elettorale. Il tutto, nel momento stesso in cui l’Europa che favorisce questo processo di involuzione islamista non è poi per nulla disposta a fare entrare al suo interno Ankara. Angela Merkel è stata infatti chiarissima e giorni fa ha dichiarato di non volere un ingresso in Europa della Turchia ma solo un «partneriato privilegiato». Affermazione che ha mandato su tutte le furie Erdogan, che ribadisce la sua volontà di una associazione completa alla Ue, e che comunque continua ad usare della confusione politica europea per rafforzare il carattere islamico della società e dello Stato turchi.
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