domenica 14 marzo 2010

Stranieri, case popolari e italia razzista

Aumentano gli stranieri nelle case popolari del Nord Italia

Le presenze straniere aumentano, non solo nella richiesta, molto ampia, di case popolari, ma anche nelle successive assegnazioni. Un caso esemplificativo è Milano, dove gli immigrati rappresentano circa il 9,4% della popolazione, mentre rappresentano ben il 17,2% tra coloro che godono di un alloggio pubblico, come dato complessivo, e, considerando i soli dati recentissimi, il 25%. Ma situazioni simili si trovano un po' ovunque nel Nord Italia (Bologna, Brescia, Torino, ecc.). Differente la situazione romana, dove le semplici richieste sono solo il 7%. Non parliamo del Sud Italia, dove la presenza immigrata è ancora minore. Naturalmente, si giustifica il tutto con due argomenti: redditi bassi degli immigrati e prole numerosa. Argomento sono in parte condivisibile, dato che il problema dell'alloggio riguarda anche vecchi con rischio sfratto, giovani coppie italiane ancora senza prole, studenti universitari il più delle volte non aiutati dallo Stato, ecc. Tutti cittadini italiani che, in molti casi, non godranno o godranno solo in misura limitata di aiuti. Gli immigrazionisti d'altronde, essendo ormai orientati solo verso quella fascia di popolazione "occupante" il suolo italiano, ossia gli stranieri, notano la questione solo in due maniere: se gli anti-immigrazione sottolineano questi numeri, allora si nega una preponderanza di aiuti per gli stranieri. Se tali numeri vengono citati dagli stessi immigrazionisti, allora si parla di integrazione. La famosa integrazione sulla pelle degli autoctoni. E si ringraziano vivamente i politici e gli amministratori pubblici, di destra, sinistra e propaggini varie.

Sempre più immigrati in fila per le case popolari (Corrado Giustiniani) (blog sul sito de Il Messaggero) 04/03/2010:

Aumenta dappertutto il numero degli stranieri che riescono a ottenere una casa popolare e un servizio assai approfondito di Carlo Giorgi, sul Sole 24 Ore di lunedì 1 marzo, squarcia il velo su questa realtà, fino ad oggi statisticamente non molto documentata. A Milano, ad esempio, sono immigrati il 17,2 per cento di tutti gli assegnatari, quando invece la quota complessiva degli stranieri sul totale della popolazione provinciale è soltanto del 9,4 per cento. A Brescia gli immigrati sono invece il 12,5 per cento di tutti gli inquilini di alloggi pubblici, a Bologna il 9,2 e a Torino il 7,4 per cento. Se poi dalle assegnazioni totali passiamo a concentrare l'attenzione sulle più recenti, la quota di stranieri cresce ancora. A Milano siamo a una casa ogni quattro e a Torino ad una ogni cinque per gli immigrati. Il record viene raggiunto a Brescia: nelle nuove assegnazioni ben il 39,5 per cento degli alloggi è stato ottenuto da non italiani. Del resto in questa città è degli immigrati il 60 per cento circa delle richieste, rispetto al 56 di Milano, al 44 di Bologna e al 41 per cento di Torino. La città con meno domande di immigrati per la casa popolare è Roma, con il 7 per cento del totale. Le famiglie straniere sono spesso in testa alle graduatorie per via dei loro bassi redditi e per il numero dei figli. A loro sembrano contrapporsi anziani italiani soli, almeno secondo una recente ricerca sulle domande presentate a Bologna: quelle provenienti da persone sole sono infatti per il 70,5 per cento avanzate da italiani, in maggioranza anche per le richieste presentate da genitori soli con prole (62 per cento). Essere assegnatario di un alloggio popolare è d'altra parte un potente fattore di integrazione e i dirigenti dell'istituto popolare milanese fanno notare come gli stranieri siano coscienti di tale conquista sociale e risultino fra i più puntuali nel pagamento dell'affitto. Non ci sono situazioni tipo via Padova, per intenderci. Il rischio che troppi immigrati si mettano in fila per la conquista di una casa popolare, ha indotto infine alcune Regioni ad adottare delle contromisure legislative. La Lombardia già nel 2004 ha posto il vincolo che uno straniero debba risiedere da almeno 5 anni nel comune dove presenta la domanda. Nello scorso febbraio anche il Piemonte si è adeguato: 3 anni di residenza continuativa obbligata nel comune, per poter richiedere un alloggio popolare. Nelle città l'allarme maggiore è a Brescia: l'assessore alla Casa Massimo Bianchini vorrebbe portare la soglia per gli stranieri addirittura a dieci anni di residenza. La Regione Veneto, invece, non ha posto alcun limite temporale. Ancora una volta quella che a parole è la roccaforte del leghismo e della xenofobia, si conferma, nei fatti, uno straordinario laboratorio di integrazione.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Chissà che i rossi (la stragrande maggioranza degli abitanti delle case popolari) non mutino parere sulla bellezza dell'integrazione, dopo averla provata sulla propria pelle...
Effetto postumo del "volano " Prodi.

Mefisto

Maria Luisa ha detto...

OT:
ih Francia c'è stata un 'impennata del partito di Le Pen

Eleonora ha detto...

Maria Luisa, ecco, questa è una buona notizia.

Mefisto, tanto i rossi non lo capiscono.