Ci risiamo (ovviamente). Nei corridoi dell'organizzazione della conferenza islamica (OCI) non ha mai cessato di circolare il vecchio progetto di risoluzione riguardante la diffamazione delle religioni. Già nel giugno dello scorso anno il gruppo africano dell’OCI non aveva mancato di presentare una versione piuttosto spigolosa di questa proposta in seno al Consiglio dei diritti dell'uomo. Ora, visto lo “scappellotto” (di misura, intendiamoci), rimediato in quella circostanza, l’Organizzazione più reazionaria del pianeta starebbe preparando una versione piuttosto “smussata” della stessa proposta silurata lo scorso anno. Il testo dovrebbe essere presentato al voto al termine dell'attuale sessione del Consiglio, probabilmente tra il 25 ed il 26 marzo. E’ interessante ricordare ai lettori che il concetto di “diffamazione delle religioni”, tanto vituperatamente proposto dai più disparati Stati musulmani, non è lontanamente contemplato dal diritto internazionale. Vale la pena rammentare, altresì, che, dovesse prevalere un riconoscimento di questo genere, il Consiglio dei diritti dell’uomo si renderebbe complice dell’avallo di un formidabile strumento per la restrizione delle libertà, nel mondo arabo, su concetti cardine quali la libertà di scelta della propria fede o quella di espressione. In Egitto, un articolo del codice penale permette il perseguimento di ogni critica, satira o polemica confronti della religione. Una norma straordinaria (maturata ai tempi dell’assassinio del presidente Anwar el Sadat nell'ottobre 1981) che, come spesso succede anche nel nostro bistrattato Stivale, si è magicamente trasformata in ordinaria e consente ogni forma di abuso verso qualsiasi persona minimamente sospettata. Sulla carta, chiunque insultasse una delle tre religioni monoteiste (giudaismo, cristianesimo ed islam) sarebbe passibile di galera per un lustro. Ma, nella realtà, questa norma è largamente impiegata da polizia e magistrati per proseguire le minoranze (fossero musulmane sciite, i bahaïs, musulmani che si convertono al cristianesimo, bloggers assortiti, per non parlare degli omosessuali). Molti hanno già dimenticato Karim Amer (in foto), cui hanno rifilato 4 anni di cella perché i solerti servizi di sicurezza hanno ritenuto offensivo il suo blog verso il presidente Mubarak e verso l'islam. La testarda insistenza della conferenza islamica (ed in essa, particolarmente, del Pakistan), continua ad ignorare (quanto volutamente?) che la legge “dovrebbe” proteggere gli individui, non la religione. E questo affinché ogni essere umano possa scegliere la propria religione e praticarla in santa pace. Ma, forse, si intravedono le prime crepe nel muro islamico-reazionario. Crepe determinate da un marcato affievolimento degli Stati “altero-mondisti”, soprattutto dell’America Latina. Paesi che, sino ad un anno fa, tramite la loro astensione, hanno assicurato un appoggio indiretto all’OCI. E che, da ora, sono sempre più orientati ad esprimere un secco no. Ma i mutamenti sono presenti anche all’interno dello pseudo-monolite dell’OCI. Con la defezione di Stati africani come Camerun e Gabon. E’ ora che l’UE cessi di giocare il ruolo dello struzzo e si assuma le proprie responsabilità. Che non sono poche, nella costruzione pianificata di una società multiculturale e multireligiosa che, a tutt’oggi, vive la rinascita di un pericoloso razzismo, figlio di forti contraddizioni giuridiche (vedi la concessione dei tribunali islamici in Gran Bretagna), deroghe improbabili alla laicità (voto di scambio che si sta realizzando in Belgio e Francia), concesse proprio alle comunità musulmane.
giovedì 25 marzo 2010
Medioevo islamico
L’OCI torna a proporci il medioevo di Maurizio De Santis
Ci risiamo (ovviamente). Nei corridoi dell'organizzazione della conferenza islamica (OCI) non ha mai cessato di circolare il vecchio progetto di risoluzione riguardante la diffamazione delle religioni. Già nel giugno dello scorso anno il gruppo africano dell’OCI non aveva mancato di presentare una versione piuttosto spigolosa di questa proposta in seno al Consiglio dei diritti dell'uomo. Ora, visto lo “scappellotto” (di misura, intendiamoci), rimediato in quella circostanza, l’Organizzazione più reazionaria del pianeta starebbe preparando una versione piuttosto “smussata” della stessa proposta silurata lo scorso anno. Il testo dovrebbe essere presentato al voto al termine dell'attuale sessione del Consiglio, probabilmente tra il 25 ed il 26 marzo. E’ interessante ricordare ai lettori che il concetto di “diffamazione delle religioni”, tanto vituperatamente proposto dai più disparati Stati musulmani, non è lontanamente contemplato dal diritto internazionale. Vale la pena rammentare, altresì, che, dovesse prevalere un riconoscimento di questo genere, il Consiglio dei diritti dell’uomo si renderebbe complice dell’avallo di un formidabile strumento per la restrizione delle libertà, nel mondo arabo, su concetti cardine quali la libertà di scelta della propria fede o quella di espressione. In Egitto, un articolo del codice penale permette il perseguimento di ogni critica, satira o polemica confronti della religione. Una norma straordinaria (maturata ai tempi dell’assassinio del presidente Anwar el Sadat nell'ottobre 1981) che, come spesso succede anche nel nostro bistrattato Stivale, si è magicamente trasformata in ordinaria e consente ogni forma di abuso verso qualsiasi persona minimamente sospettata. Sulla carta, chiunque insultasse una delle tre religioni monoteiste (giudaismo, cristianesimo ed islam) sarebbe passibile di galera per un lustro. Ma, nella realtà, questa norma è largamente impiegata da polizia e magistrati per proseguire le minoranze (fossero musulmane sciite, i bahaïs, musulmani che si convertono al cristianesimo, bloggers assortiti, per non parlare degli omosessuali). Molti hanno già dimenticato Karim Amer (in foto), cui hanno rifilato 4 anni di cella perché i solerti servizi di sicurezza hanno ritenuto offensivo il suo blog verso il presidente Mubarak e verso l'islam. La testarda insistenza della conferenza islamica (ed in essa, particolarmente, del Pakistan), continua ad ignorare (quanto volutamente?) che la legge “dovrebbe” proteggere gli individui, non la religione. E questo affinché ogni essere umano possa scegliere la propria religione e praticarla in santa pace. Ma, forse, si intravedono le prime crepe nel muro islamico-reazionario. Crepe determinate da un marcato affievolimento degli Stati “altero-mondisti”, soprattutto dell’America Latina. Paesi che, sino ad un anno fa, tramite la loro astensione, hanno assicurato un appoggio indiretto all’OCI. E che, da ora, sono sempre più orientati ad esprimere un secco no. Ma i mutamenti sono presenti anche all’interno dello pseudo-monolite dell’OCI. Con la defezione di Stati africani come Camerun e Gabon. E’ ora che l’UE cessi di giocare il ruolo dello struzzo e si assuma le proprie responsabilità. Che non sono poche, nella costruzione pianificata di una società multiculturale e multireligiosa che, a tutt’oggi, vive la rinascita di un pericoloso razzismo, figlio di forti contraddizioni giuridiche (vedi la concessione dei tribunali islamici in Gran Bretagna), deroghe improbabili alla laicità (voto di scambio che si sta realizzando in Belgio e Francia), concesse proprio alle comunità musulmane.
Ci risiamo (ovviamente). Nei corridoi dell'organizzazione della conferenza islamica (OCI) non ha mai cessato di circolare il vecchio progetto di risoluzione riguardante la diffamazione delle religioni. Già nel giugno dello scorso anno il gruppo africano dell’OCI non aveva mancato di presentare una versione piuttosto spigolosa di questa proposta in seno al Consiglio dei diritti dell'uomo. Ora, visto lo “scappellotto” (di misura, intendiamoci), rimediato in quella circostanza, l’Organizzazione più reazionaria del pianeta starebbe preparando una versione piuttosto “smussata” della stessa proposta silurata lo scorso anno. Il testo dovrebbe essere presentato al voto al termine dell'attuale sessione del Consiglio, probabilmente tra il 25 ed il 26 marzo. E’ interessante ricordare ai lettori che il concetto di “diffamazione delle religioni”, tanto vituperatamente proposto dai più disparati Stati musulmani, non è lontanamente contemplato dal diritto internazionale. Vale la pena rammentare, altresì, che, dovesse prevalere un riconoscimento di questo genere, il Consiglio dei diritti dell’uomo si renderebbe complice dell’avallo di un formidabile strumento per la restrizione delle libertà, nel mondo arabo, su concetti cardine quali la libertà di scelta della propria fede o quella di espressione. In Egitto, un articolo del codice penale permette il perseguimento di ogni critica, satira o polemica confronti della religione. Una norma straordinaria (maturata ai tempi dell’assassinio del presidente Anwar el Sadat nell'ottobre 1981) che, come spesso succede anche nel nostro bistrattato Stivale, si è magicamente trasformata in ordinaria e consente ogni forma di abuso verso qualsiasi persona minimamente sospettata. Sulla carta, chiunque insultasse una delle tre religioni monoteiste (giudaismo, cristianesimo ed islam) sarebbe passibile di galera per un lustro. Ma, nella realtà, questa norma è largamente impiegata da polizia e magistrati per proseguire le minoranze (fossero musulmane sciite, i bahaïs, musulmani che si convertono al cristianesimo, bloggers assortiti, per non parlare degli omosessuali). Molti hanno già dimenticato Karim Amer (in foto), cui hanno rifilato 4 anni di cella perché i solerti servizi di sicurezza hanno ritenuto offensivo il suo blog verso il presidente Mubarak e verso l'islam. La testarda insistenza della conferenza islamica (ed in essa, particolarmente, del Pakistan), continua ad ignorare (quanto volutamente?) che la legge “dovrebbe” proteggere gli individui, non la religione. E questo affinché ogni essere umano possa scegliere la propria religione e praticarla in santa pace. Ma, forse, si intravedono le prime crepe nel muro islamico-reazionario. Crepe determinate da un marcato affievolimento degli Stati “altero-mondisti”, soprattutto dell’America Latina. Paesi che, sino ad un anno fa, tramite la loro astensione, hanno assicurato un appoggio indiretto all’OCI. E che, da ora, sono sempre più orientati ad esprimere un secco no. Ma i mutamenti sono presenti anche all’interno dello pseudo-monolite dell’OCI. Con la defezione di Stati africani come Camerun e Gabon. E’ ora che l’UE cessi di giocare il ruolo dello struzzo e si assuma le proprie responsabilità. Che non sono poche, nella costruzione pianificata di una società multiculturale e multireligiosa che, a tutt’oggi, vive la rinascita di un pericoloso razzismo, figlio di forti contraddizioni giuridiche (vedi la concessione dei tribunali islamici in Gran Bretagna), deroghe improbabili alla laicità (voto di scambio che si sta realizzando in Belgio e Francia), concesse proprio alle comunità musulmane.
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