Uccisa a coltellate dal padre che non sopportava quella relazione con un italiano. E' morta così Sanaa Dafani, marocchina di 18 anni. Fendenti sferrati alla gola dopo l'inseguimento in un boschetto: lei a terra in una pozza di sangue, il fidanzato, Massimo De Biasio, 31 anni, salvo per miracolo. E' accaduto a Grizzo, piccola frazione di Montereale Valcellina (Pordenone). Alla base del dissenso tra padre e figlia la differenza d’età e la diversa religione dei due giovani. Motivazioni che ricordano da vicino un caso analogo accaduto 3 anni fa a Sarezzo, in provincia di Brescia, in cui perse la vita Hina Saleem. Due episodi che stanno già rilanciando il dibattito sull’integrazione tra culture e religioni diverse. Ieri sera la coppia si stava recando nel ristorante dove la 18enne lavorava e di cui il giovane è socio. I due hanno incontrato il padre di Sanaa, El Katawi Dafani, che li stava aspettando lungo la strada e sono stati aggrediti non appena scesi dalla macchina. La ragazza ha tentato la fuga verso un boschetto ma il padre l'ha inseguita, raggiunta e uccisa con una serie di coltellate alla gola. Non c’è stato nulla da fare. Si è salvato il fidanzato, che aveva cercato di difenderla. Il padre della ragazza, El Ketawi Dafani, interrogato dai carabinieri, avrebbe già confessato che la loro relazione non era benvista per la differenza di età, ma soprattutto per la diversa religione: lei musulmana, lui cattolico. Gli amici della coppia confermano tutto, la tensione era già alta nelle settimane precedenti al fattaccio. La situazione si era aggravata dopo la decisione della ragazza di andare a vivere con l'uomo. "Sono sdegnato: è un secondo caso Hina che dimostra l'impossibilità di un'integrazione con la cultura musulmana": è il commento del sindaco di Azzano Decimo (Pordenone), il leghista Enzo Bortolotti, che ha aggiunto, "Spero davvero di sbagliarmi ma non riesco a intravedere alcuna altra ragione. È aberrante e incomprensibile che un padre uccida la propria figlia. Se verrà confermata questa ipotesi - ha detto il sindaco, che in passato ha emesso un'ordinanza contro l'uso del burqa - significherebbe che tra di noi ci sono migliaia di potenziali fondamentalisti". Torna così alla mente la storia di Hina Saleem, 21enne di origine pachistana, che divenne tristemente celebre l'undici agosto del 2006, quando fu attirata a casa dei suoi genitori con un sotterfugio, per poi essere uccisa. In quel caso la decisione maturò dopo una riunione dei maschi della famiglia, che ne avevano deciso l'eliminazione per porre fine al disonore che il suo stile di vita avrebbe comportato, uno stile di vita uguale a quello di tante ragazze italiane. Come appurarono le indagini, la ragazza litigava spesso con il padre, che voleva fare di lei una "buona islamica". Hina, invece, viveva secondo i canoni occidentali e rifiutava di indossare il burqa preferendo jeans e magliette. Il padre, Mohamed Saleem, e i due cognati, Kalid e Zahid Mahammud, sono poi stati riconosciuti colpevoli di omicidio volontario con l' aggravante dei futili e abbietti motivi e della premeditazione, quindi condannati al massimo della pena: 30 anni. Lo stesso destino potrebbe attendere ora il padre di Sanaa, per cui le ipotesi di reato sono omicidio pluriaggravato, tentativo di omicidio e porto abusivo di arma, oltre alle aggravanti del rapporto di parentela e della premeditazione. I due episodi hanno diverse componenti in comune e si sono verificati entrambi per un motivo di ordine religioso. Sull’argomento è intervenuto il ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna, definendo l’uccisione di Sanaa un "delitto orribile, disumano, inconcepibile, frutto di una assurda guerra di religione che è arrivata fin dentro le nostre case" . "Casi terribili come questi – ha insistito Carfagna - ci inducono a proseguire la strada del 'modello italiano' nell' integrazione degli immigrati: ciascuno, in Italia, deve avere il diritto di professare la propria fede come crede, ma il Paese può accettarlo soltanto se questa è rispettosa dei diritti umani, compreso quelli delle donne, e delle leggi dello Stato". Nelle prossime ore si avrà un quadro più dettagliato dell’intera vicenda, al momento però appare chiaro come, in tempi brevi, vada affrontato il problema dell'integrazione religiosa. Alla luce di questi due episodi emerge una doppia dimensione su cui lavorare. La prima, più classica, riporta al modello di integrazione tra culture diverse che si trovano a convivere. La seconda, più complessa, riguarda i conflitti all’interno di una stessa cultura; conflitti generazionali sui quali si innesta un codice comportamentale differente tra padri e figli. Da qui si può partire per evitare nuove vittime.
mercoledì 16 settembre 2009
Delitto d'orrore (islamico)
Come accadde a Hina. Sanaa Dafani amava un italiano. Ed è stata sgozzata dal padre di D.M.
Uccisa a coltellate dal padre che non sopportava quella relazione con un italiano. E' morta così Sanaa Dafani, marocchina di 18 anni. Fendenti sferrati alla gola dopo l'inseguimento in un boschetto: lei a terra in una pozza di sangue, il fidanzato, Massimo De Biasio, 31 anni, salvo per miracolo. E' accaduto a Grizzo, piccola frazione di Montereale Valcellina (Pordenone). Alla base del dissenso tra padre e figlia la differenza d’età e la diversa religione dei due giovani. Motivazioni che ricordano da vicino un caso analogo accaduto 3 anni fa a Sarezzo, in provincia di Brescia, in cui perse la vita Hina Saleem. Due episodi che stanno già rilanciando il dibattito sull’integrazione tra culture e religioni diverse. Ieri sera la coppia si stava recando nel ristorante dove la 18enne lavorava e di cui il giovane è socio. I due hanno incontrato il padre di Sanaa, El Katawi Dafani, che li stava aspettando lungo la strada e sono stati aggrediti non appena scesi dalla macchina. La ragazza ha tentato la fuga verso un boschetto ma il padre l'ha inseguita, raggiunta e uccisa con una serie di coltellate alla gola. Non c’è stato nulla da fare. Si è salvato il fidanzato, che aveva cercato di difenderla. Il padre della ragazza, El Ketawi Dafani, interrogato dai carabinieri, avrebbe già confessato che la loro relazione non era benvista per la differenza di età, ma soprattutto per la diversa religione: lei musulmana, lui cattolico. Gli amici della coppia confermano tutto, la tensione era già alta nelle settimane precedenti al fattaccio. La situazione si era aggravata dopo la decisione della ragazza di andare a vivere con l'uomo. "Sono sdegnato: è un secondo caso Hina che dimostra l'impossibilità di un'integrazione con la cultura musulmana": è il commento del sindaco di Azzano Decimo (Pordenone), il leghista Enzo Bortolotti, che ha aggiunto, "Spero davvero di sbagliarmi ma non riesco a intravedere alcuna altra ragione. È aberrante e incomprensibile che un padre uccida la propria figlia. Se verrà confermata questa ipotesi - ha detto il sindaco, che in passato ha emesso un'ordinanza contro l'uso del burqa - significherebbe che tra di noi ci sono migliaia di potenziali fondamentalisti". Torna così alla mente la storia di Hina Saleem, 21enne di origine pachistana, che divenne tristemente celebre l'undici agosto del 2006, quando fu attirata a casa dei suoi genitori con un sotterfugio, per poi essere uccisa. In quel caso la decisione maturò dopo una riunione dei maschi della famiglia, che ne avevano deciso l'eliminazione per porre fine al disonore che il suo stile di vita avrebbe comportato, uno stile di vita uguale a quello di tante ragazze italiane. Come appurarono le indagini, la ragazza litigava spesso con il padre, che voleva fare di lei una "buona islamica". Hina, invece, viveva secondo i canoni occidentali e rifiutava di indossare il burqa preferendo jeans e magliette. Il padre, Mohamed Saleem, e i due cognati, Kalid e Zahid Mahammud, sono poi stati riconosciuti colpevoli di omicidio volontario con l' aggravante dei futili e abbietti motivi e della premeditazione, quindi condannati al massimo della pena: 30 anni. Lo stesso destino potrebbe attendere ora il padre di Sanaa, per cui le ipotesi di reato sono omicidio pluriaggravato, tentativo di omicidio e porto abusivo di arma, oltre alle aggravanti del rapporto di parentela e della premeditazione. I due episodi hanno diverse componenti in comune e si sono verificati entrambi per un motivo di ordine religioso. Sull’argomento è intervenuto il ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna, definendo l’uccisione di Sanaa un "delitto orribile, disumano, inconcepibile, frutto di una assurda guerra di religione che è arrivata fin dentro le nostre case" . "Casi terribili come questi – ha insistito Carfagna - ci inducono a proseguire la strada del 'modello italiano' nell' integrazione degli immigrati: ciascuno, in Italia, deve avere il diritto di professare la propria fede come crede, ma il Paese può accettarlo soltanto se questa è rispettosa dei diritti umani, compreso quelli delle donne, e delle leggi dello Stato". Nelle prossime ore si avrà un quadro più dettagliato dell’intera vicenda, al momento però appare chiaro come, in tempi brevi, vada affrontato il problema dell'integrazione religiosa. Alla luce di questi due episodi emerge una doppia dimensione su cui lavorare. La prima, più classica, riporta al modello di integrazione tra culture diverse che si trovano a convivere. La seconda, più complessa, riguarda i conflitti all’interno di una stessa cultura; conflitti generazionali sui quali si innesta un codice comportamentale differente tra padri e figli. Da qui si può partire per evitare nuove vittime.
Uccisa a coltellate dal padre che non sopportava quella relazione con un italiano. E' morta così Sanaa Dafani, marocchina di 18 anni. Fendenti sferrati alla gola dopo l'inseguimento in un boschetto: lei a terra in una pozza di sangue, il fidanzato, Massimo De Biasio, 31 anni, salvo per miracolo. E' accaduto a Grizzo, piccola frazione di Montereale Valcellina (Pordenone). Alla base del dissenso tra padre e figlia la differenza d’età e la diversa religione dei due giovani. Motivazioni che ricordano da vicino un caso analogo accaduto 3 anni fa a Sarezzo, in provincia di Brescia, in cui perse la vita Hina Saleem. Due episodi che stanno già rilanciando il dibattito sull’integrazione tra culture e religioni diverse. Ieri sera la coppia si stava recando nel ristorante dove la 18enne lavorava e di cui il giovane è socio. I due hanno incontrato il padre di Sanaa, El Katawi Dafani, che li stava aspettando lungo la strada e sono stati aggrediti non appena scesi dalla macchina. La ragazza ha tentato la fuga verso un boschetto ma il padre l'ha inseguita, raggiunta e uccisa con una serie di coltellate alla gola. Non c’è stato nulla da fare. Si è salvato il fidanzato, che aveva cercato di difenderla. Il padre della ragazza, El Ketawi Dafani, interrogato dai carabinieri, avrebbe già confessato che la loro relazione non era benvista per la differenza di età, ma soprattutto per la diversa religione: lei musulmana, lui cattolico. Gli amici della coppia confermano tutto, la tensione era già alta nelle settimane precedenti al fattaccio. La situazione si era aggravata dopo la decisione della ragazza di andare a vivere con l'uomo. "Sono sdegnato: è un secondo caso Hina che dimostra l'impossibilità di un'integrazione con la cultura musulmana": è il commento del sindaco di Azzano Decimo (Pordenone), il leghista Enzo Bortolotti, che ha aggiunto, "Spero davvero di sbagliarmi ma non riesco a intravedere alcuna altra ragione. È aberrante e incomprensibile che un padre uccida la propria figlia. Se verrà confermata questa ipotesi - ha detto il sindaco, che in passato ha emesso un'ordinanza contro l'uso del burqa - significherebbe che tra di noi ci sono migliaia di potenziali fondamentalisti". Torna così alla mente la storia di Hina Saleem, 21enne di origine pachistana, che divenne tristemente celebre l'undici agosto del 2006, quando fu attirata a casa dei suoi genitori con un sotterfugio, per poi essere uccisa. In quel caso la decisione maturò dopo una riunione dei maschi della famiglia, che ne avevano deciso l'eliminazione per porre fine al disonore che il suo stile di vita avrebbe comportato, uno stile di vita uguale a quello di tante ragazze italiane. Come appurarono le indagini, la ragazza litigava spesso con il padre, che voleva fare di lei una "buona islamica". Hina, invece, viveva secondo i canoni occidentali e rifiutava di indossare il burqa preferendo jeans e magliette. Il padre, Mohamed Saleem, e i due cognati, Kalid e Zahid Mahammud, sono poi stati riconosciuti colpevoli di omicidio volontario con l' aggravante dei futili e abbietti motivi e della premeditazione, quindi condannati al massimo della pena: 30 anni. Lo stesso destino potrebbe attendere ora il padre di Sanaa, per cui le ipotesi di reato sono omicidio pluriaggravato, tentativo di omicidio e porto abusivo di arma, oltre alle aggravanti del rapporto di parentela e della premeditazione. I due episodi hanno diverse componenti in comune e si sono verificati entrambi per un motivo di ordine religioso. Sull’argomento è intervenuto il ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna, definendo l’uccisione di Sanaa un "delitto orribile, disumano, inconcepibile, frutto di una assurda guerra di religione che è arrivata fin dentro le nostre case" . "Casi terribili come questi – ha insistito Carfagna - ci inducono a proseguire la strada del 'modello italiano' nell' integrazione degli immigrati: ciascuno, in Italia, deve avere il diritto di professare la propria fede come crede, ma il Paese può accettarlo soltanto se questa è rispettosa dei diritti umani, compreso quelli delle donne, e delle leggi dello Stato". Nelle prossime ore si avrà un quadro più dettagliato dell’intera vicenda, al momento però appare chiaro come, in tempi brevi, vada affrontato il problema dell'integrazione religiosa. Alla luce di questi due episodi emerge una doppia dimensione su cui lavorare. La prima, più classica, riporta al modello di integrazione tra culture diverse che si trovano a convivere. La seconda, più complessa, riguarda i conflitti all’interno di una stessa cultura; conflitti generazionali sui quali si innesta un codice comportamentale differente tra padri e figli. Da qui si può partire per evitare nuove vittime.
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