Strano che i grandi notisti internazionali, quegli strenui, irriducibili, difensori della libertà di stampa a senso unico, i giornalisti tutti di quell’unica e sola parte, che è poi la parte del partito unico anti-Berlusconi, non se ne siano accorti. Eppure basterebbe sbirciare un po’ più in là degli italici confini. Andare, come dire, appena oltre il proprio sensibile naso da segugi dello scoop da camera da letto, per scoprire che in Spagna c’è un altro signore che, come il nostro presidente del Consiglio, si sente minacciato da certa stampa. E che, come Silvio Berlusconi, ha deciso di denunciare pubblicamente l’intollerabile situazione di cui si sente vittima. Il tizio in questione è un parigrado del premier italiano, trattandosi di José Luis Rodriguez Zapatero, uomo non proprio di destra, ma nemmeno esasperatamente di sinistra, che, oggi come oggi, si trova, suo malgrado, al centro del mirino di una durissima campagna di accuse. Che a volte rasentano, altre volte oltrepassano, la diffamazione. Anche se la situazione economica in Spagna non è delle più rosee, anche se la disoccupazione è decisamente in ascesa, anche se le tensioni sociali e nel mondo del lavoro sono conseguentemente cresciute, è un dato di fatto che qualcosa di anomalo, partito da un ordine di scuderia, ben preciso, sia scattato. È un fuoco d’artiglieria lessicale, innescato con grande spolvero di titoli e di mezzi, dal gruppo Prisa, editore del País (sì, proprio quello stesso quotidiano che, quotidianamente e scientemente, dispensa gentili epiteti nei confronti del Cavaliere italiano), ma proprietario anche della catena radiofonica Ser, che raccoglie, occhio e croce, il cinquanta per cento degli ascoltatori spagnoli e anche di una tv non certo di secondo piano. Da qualche mese, dunque, El País ha preso a bacchettare il governo, non solo scrivendo e riscrivendo che la Spagna ha oramai intrapreso una deriva pericolosa per colpa di Zapatero, ma arrivando ad insinuare che, all’interno del partito di riferimento del premier, il Psoe, la sopportazione per le figuracce vere o presunte di Zapatero abbia oramai superato il livello di guardia. Così Zapatero, stanco ed esasperato da questo fuoco di fila sistematico e irragionevole, ha denunciato di essere vittima di un ricatto o, per dirla come la dicono in Spagna, di uno chantaje, che da quelle parti rende efficacemente l'idea di una pressione insostenibile dall’aria vagamente minatoria. Denunciando, quindi, esattamente la stessa cosa che denuncia Silvio Berlusconi in Italia. E per la quale i benpensanti di casa nostra continuano a gridare allo scandalo. Per dirla tutta, Zapatero si è talmente scocciato che, alludendo e non solo alludendo al gruppo Prisa, va ripetendo la seguente massima: «Se qualcuno vuol comandare in Spagna, ebbene, deve e potrà farlo solo dopo essersi presentato alle urne». La cosa curiosa, della serie la riconoscenza non appartiene a questo mondo, è che il gruppo Prisa fino all’approvazione, avvenuta nell’agosto scorso, di un decreto sulle tv a pagamento era un fedelissimo supporter del governo socialista. Così fedele, e si potrebbe dire partigiano, da provocare la reazione durissima del Partido Popular che già da tre anni a questa parte ha deciso di boicottarlo come un foglio malefico e irresponsabile. Che cosa aveva fatto Zapatero in quell’occasione? Non solo aveva difeso El País e dintorni, ma aveva rimandato le accuse al mittente, rimproverando ad Aznar e soci di attaccare il diritto all’informazione. Così va il mondo, dunque. Almeno, un certo mondo, sembrerebbe. Perché a dar retta invece al Mundo, l’altro maggior quotidiano spagnolo, diretto concorrente del País, la maggior parte degli spagnoli pensa effettivamente che il premier iberico sia oggetto di una vera e propria campagna mediatica denigratoria e diffamatoria. Tesa non solo a denigrare il primo inquilino della Moncloa, ma anche a metterlo in seria difficoltà polititico-istituzionale. Alla domanda: «Lei crede che il Gruppo Prisa abbia cercato di ricattare Zapatero?», proposta in un sondaggio pubblico, avviato dal Mundo, l’ottanta per cento dei lettori ha risposto, infatti, sì. Che è un ricatto bell’e buono e che sostanzialmente Zapatero fa bene a denunciare di essere vittima di questi grandi, inaccettabili giochi condotti dai poderosos, i cosiddetti poteri forti. E allora in Italia? A proposito, come si dice doppiopesisti in spagnolo?
giovedì 24 settembre 2009
Stampa estera
Zapatero ricattato dagli amici di Repubblica di Gabriele Villa
Strano che i grandi notisti internazionali, quegli strenui, irriducibili, difensori della libertà di stampa a senso unico, i giornalisti tutti di quell’unica e sola parte, che è poi la parte del partito unico anti-Berlusconi, non se ne siano accorti. Eppure basterebbe sbirciare un po’ più in là degli italici confini. Andare, come dire, appena oltre il proprio sensibile naso da segugi dello scoop da camera da letto, per scoprire che in Spagna c’è un altro signore che, come il nostro presidente del Consiglio, si sente minacciato da certa stampa. E che, come Silvio Berlusconi, ha deciso di denunciare pubblicamente l’intollerabile situazione di cui si sente vittima. Il tizio in questione è un parigrado del premier italiano, trattandosi di José Luis Rodriguez Zapatero, uomo non proprio di destra, ma nemmeno esasperatamente di sinistra, che, oggi come oggi, si trova, suo malgrado, al centro del mirino di una durissima campagna di accuse. Che a volte rasentano, altre volte oltrepassano, la diffamazione. Anche se la situazione economica in Spagna non è delle più rosee, anche se la disoccupazione è decisamente in ascesa, anche se le tensioni sociali e nel mondo del lavoro sono conseguentemente cresciute, è un dato di fatto che qualcosa di anomalo, partito da un ordine di scuderia, ben preciso, sia scattato. È un fuoco d’artiglieria lessicale, innescato con grande spolvero di titoli e di mezzi, dal gruppo Prisa, editore del País (sì, proprio quello stesso quotidiano che, quotidianamente e scientemente, dispensa gentili epiteti nei confronti del Cavaliere italiano), ma proprietario anche della catena radiofonica Ser, che raccoglie, occhio e croce, il cinquanta per cento degli ascoltatori spagnoli e anche di una tv non certo di secondo piano. Da qualche mese, dunque, El País ha preso a bacchettare il governo, non solo scrivendo e riscrivendo che la Spagna ha oramai intrapreso una deriva pericolosa per colpa di Zapatero, ma arrivando ad insinuare che, all’interno del partito di riferimento del premier, il Psoe, la sopportazione per le figuracce vere o presunte di Zapatero abbia oramai superato il livello di guardia. Così Zapatero, stanco ed esasperato da questo fuoco di fila sistematico e irragionevole, ha denunciato di essere vittima di un ricatto o, per dirla come la dicono in Spagna, di uno chantaje, che da quelle parti rende efficacemente l'idea di una pressione insostenibile dall’aria vagamente minatoria. Denunciando, quindi, esattamente la stessa cosa che denuncia Silvio Berlusconi in Italia. E per la quale i benpensanti di casa nostra continuano a gridare allo scandalo. Per dirla tutta, Zapatero si è talmente scocciato che, alludendo e non solo alludendo al gruppo Prisa, va ripetendo la seguente massima: «Se qualcuno vuol comandare in Spagna, ebbene, deve e potrà farlo solo dopo essersi presentato alle urne». La cosa curiosa, della serie la riconoscenza non appartiene a questo mondo, è che il gruppo Prisa fino all’approvazione, avvenuta nell’agosto scorso, di un decreto sulle tv a pagamento era un fedelissimo supporter del governo socialista. Così fedele, e si potrebbe dire partigiano, da provocare la reazione durissima del Partido Popular che già da tre anni a questa parte ha deciso di boicottarlo come un foglio malefico e irresponsabile. Che cosa aveva fatto Zapatero in quell’occasione? Non solo aveva difeso El País e dintorni, ma aveva rimandato le accuse al mittente, rimproverando ad Aznar e soci di attaccare il diritto all’informazione. Così va il mondo, dunque. Almeno, un certo mondo, sembrerebbe. Perché a dar retta invece al Mundo, l’altro maggior quotidiano spagnolo, diretto concorrente del País, la maggior parte degli spagnoli pensa effettivamente che il premier iberico sia oggetto di una vera e propria campagna mediatica denigratoria e diffamatoria. Tesa non solo a denigrare il primo inquilino della Moncloa, ma anche a metterlo in seria difficoltà polititico-istituzionale. Alla domanda: «Lei crede che il Gruppo Prisa abbia cercato di ricattare Zapatero?», proposta in un sondaggio pubblico, avviato dal Mundo, l’ottanta per cento dei lettori ha risposto, infatti, sì. Che è un ricatto bell’e buono e che sostanzialmente Zapatero fa bene a denunciare di essere vittima di questi grandi, inaccettabili giochi condotti dai poderosos, i cosiddetti poteri forti. E allora in Italia? A proposito, come si dice doppiopesisti in spagnolo?
Strano che i grandi notisti internazionali, quegli strenui, irriducibili, difensori della libertà di stampa a senso unico, i giornalisti tutti di quell’unica e sola parte, che è poi la parte del partito unico anti-Berlusconi, non se ne siano accorti. Eppure basterebbe sbirciare un po’ più in là degli italici confini. Andare, come dire, appena oltre il proprio sensibile naso da segugi dello scoop da camera da letto, per scoprire che in Spagna c’è un altro signore che, come il nostro presidente del Consiglio, si sente minacciato da certa stampa. E che, come Silvio Berlusconi, ha deciso di denunciare pubblicamente l’intollerabile situazione di cui si sente vittima. Il tizio in questione è un parigrado del premier italiano, trattandosi di José Luis Rodriguez Zapatero, uomo non proprio di destra, ma nemmeno esasperatamente di sinistra, che, oggi come oggi, si trova, suo malgrado, al centro del mirino di una durissima campagna di accuse. Che a volte rasentano, altre volte oltrepassano, la diffamazione. Anche se la situazione economica in Spagna non è delle più rosee, anche se la disoccupazione è decisamente in ascesa, anche se le tensioni sociali e nel mondo del lavoro sono conseguentemente cresciute, è un dato di fatto che qualcosa di anomalo, partito da un ordine di scuderia, ben preciso, sia scattato. È un fuoco d’artiglieria lessicale, innescato con grande spolvero di titoli e di mezzi, dal gruppo Prisa, editore del País (sì, proprio quello stesso quotidiano che, quotidianamente e scientemente, dispensa gentili epiteti nei confronti del Cavaliere italiano), ma proprietario anche della catena radiofonica Ser, che raccoglie, occhio e croce, il cinquanta per cento degli ascoltatori spagnoli e anche di una tv non certo di secondo piano. Da qualche mese, dunque, El País ha preso a bacchettare il governo, non solo scrivendo e riscrivendo che la Spagna ha oramai intrapreso una deriva pericolosa per colpa di Zapatero, ma arrivando ad insinuare che, all’interno del partito di riferimento del premier, il Psoe, la sopportazione per le figuracce vere o presunte di Zapatero abbia oramai superato il livello di guardia. Così Zapatero, stanco ed esasperato da questo fuoco di fila sistematico e irragionevole, ha denunciato di essere vittima di un ricatto o, per dirla come la dicono in Spagna, di uno chantaje, che da quelle parti rende efficacemente l'idea di una pressione insostenibile dall’aria vagamente minatoria. Denunciando, quindi, esattamente la stessa cosa che denuncia Silvio Berlusconi in Italia. E per la quale i benpensanti di casa nostra continuano a gridare allo scandalo. Per dirla tutta, Zapatero si è talmente scocciato che, alludendo e non solo alludendo al gruppo Prisa, va ripetendo la seguente massima: «Se qualcuno vuol comandare in Spagna, ebbene, deve e potrà farlo solo dopo essersi presentato alle urne». La cosa curiosa, della serie la riconoscenza non appartiene a questo mondo, è che il gruppo Prisa fino all’approvazione, avvenuta nell’agosto scorso, di un decreto sulle tv a pagamento era un fedelissimo supporter del governo socialista. Così fedele, e si potrebbe dire partigiano, da provocare la reazione durissima del Partido Popular che già da tre anni a questa parte ha deciso di boicottarlo come un foglio malefico e irresponsabile. Che cosa aveva fatto Zapatero in quell’occasione? Non solo aveva difeso El País e dintorni, ma aveva rimandato le accuse al mittente, rimproverando ad Aznar e soci di attaccare il diritto all’informazione. Così va il mondo, dunque. Almeno, un certo mondo, sembrerebbe. Perché a dar retta invece al Mundo, l’altro maggior quotidiano spagnolo, diretto concorrente del País, la maggior parte degli spagnoli pensa effettivamente che il premier iberico sia oggetto di una vera e propria campagna mediatica denigratoria e diffamatoria. Tesa non solo a denigrare il primo inquilino della Moncloa, ma anche a metterlo in seria difficoltà polititico-istituzionale. Alla domanda: «Lei crede che il Gruppo Prisa abbia cercato di ricattare Zapatero?», proposta in un sondaggio pubblico, avviato dal Mundo, l’ottanta per cento dei lettori ha risposto, infatti, sì. Che è un ricatto bell’e buono e che sostanzialmente Zapatero fa bene a denunciare di essere vittima di questi grandi, inaccettabili giochi condotti dai poderosos, i cosiddetti poteri forti. E allora in Italia? A proposito, come si dice doppiopesisti in spagnolo?
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