MILANO - Che la moda americana vada male? Che quella inglese vada peggio? Il dubbio sorge spontaneo dopo le parole scritte da Susy Menkes, idolatrata giornalista dell'Herald Tribune (non c'è stilista che non stenda tappeti rossi al suo arrivo!) nel suo ultimo pezzo dove già dall'incipit si poteva capirne il tono.
L'ATTACCO AL PREMIER - «Ci sono abbastanza vestiti impertinenti, sfrontati e sexy in questa città per alimentare uno dei party del presidente Silvio Berlusconi. In effetti, "Viva la Bimbo" (coniato un nuovo termine? nda) sembra essere il grido di battaglia di questa moda per l'estate 2010 - ma gli italiani usano il termine "veline" per descrivere le ragazze bollenti, esibizioniste, presentatrici televisive poco vestite che il signor Berlusconi ha inventato come magnate della televisione». E via dicendo. Il titolo, poi, non lascia altre interpretazioni: «Tutta colpa di Berlusconi».
COLPITO IL MADE IN ITALY - Il tutto si riassume come un gravissimo attacco al made in Italy e alla moda italiana in genere. Forse la signora Menkes non ha mai saputo che da un sondaggio Milano è stata indicata ufficialmente quale «capitale mondiale della Moda» dall'associazione non-profit americana (ma dai!) Global Language Monitor di Austin, Texas, che ha stilato la classifica, come ogni anno, monitorando la frequenza di parole chiave relative alla moda nei media tradizionali, su internet e nei blog a livello internazionale. Come a dire che Milano fa rima con Moda nell'immaginario collettivo mondiale. Un tentativo di distruggere un primato? La voglia di fare politica attraverso i vestiti? Si può fare ciò che si vuole con una penna in mano. Lo fanno in tanti. Ma si può contestare una sfilata (e sarebbe meglio contestarne di più!) ma non un intero settore che per il nostro paese significa 70 mila imprese, un saldo attivo della bilancia commerciale di 16 miliardi di euro e, soprattutto, 700 mila addetti! Alle sfilate, comunque, non si parlava d'altro.
«TEORIA DELL'ODIO» - «Sorprendente, ingiustificato - ha detto Mario Boselli, presidente della Camera della Moda Italiana -. Ho assistito a più di cinquanta sfilate e mai come quest'anno la qualità era eccelsa. Tanto stile, tanta misura, nessuna esagerazione criticabile. La realtà è che questa è una competizione tra fashion week: quella di NY male, Londra non ha brillato. Ciò scatena i peggiori sentimenti». «Sono offesa come italiana - ha commentato Daniela Santanchè, in prima fila da Mariella Burani e da Fisico - la moda è occupazione, esportazione, prodotto interno lordo, ha offeso migliaia di famiglie. Vince sempre la teoria dell'odio contro un Paese che internazionalmente sta diventando sempre più centrale. Il primato della moda, nessun giornale al mondo potrà toglierlo all'Italia e agli italiani».
«SIAMO ATTACCABILI» - Non manca il contraltare. L'attrice Margherita Buy, da Kristina Ti non concorda ma giustifica: «Siamo facilmente attaccabili e continuando a comportarci come ci stiamo comportando le cose non possono che peggiorare». Renata Molho, autorevole penna del Sole 24 Ore: «E' senz'altro una moda da donna decorativa, possibilmente immobile così preoccupata di non cadere dai tacchi da non poter parlare». Benedetta Barzini, scrittrice: «Suggerirei ulteriori indumenti perché così com'è e incompleta: bisogna vestire il vestito». Beppe Modenese, presidente onorario di Camera Moda: «Non sono d'accordo, è una moda giovane e spiritosa. Forse hanno esagerato con questa ventata di giovinezza ma è fresca e allegra». Certo che la signora Menkes, se aveva perso in visibilità, ecco che, in un attimo, si è ritrovata sotto i riflettori. «Nemmeno una dichiarazione corrisponde alla verità - ha sottolineato Nancy Brilli da Laura Biagiotti- penso che se in Uganda piovesse rosso sarebbe colpa di Berlusconi».
GLI STILISTI - E Laura Biagiotti stessa la vede come «un attacco all'Italia, colpire la moda significa colpire tutto il made in Italy». E sono proprio gli stilisti a difendere il loro prodotto. «Dovremmo tutti insieme rimboccarci le maniche - incalzava Cristina Tardito stilista di Kristina Ti - e lavorare per il nostro Paese che è davvero bello. L'analisi della Menkes l'ho trovata superficiale, banale e riduttiva perchè è una critica facile e non me l'aspettavo da una donna come lei. Ci sta la critica se è costruttiva e questa non lo è. La Menkes si vada a vedere tutte le sfilate italiane e poi parli». Cristina Ferrari di Fisico non ha mezzi termini: «Veline e escort ci sono pure in America e direi in ogni parte del mondo. Ma noi rimaniamo la cultura, la base, la ricchezza della moda di tutto il pianeta. I più grandi couturier sono italiani e ce li invidiano tutti». La signora Menkes, per essere credibile, avrebbe dovuto parlare di moda e non di altro. La moda italiana non è moderna, non è nuova, non è creativa, puzza di stantio? Allora bisogna avere il coraggio di dirlo. «Ma così non è stato - incalza Katia Noventa conduttrice di trasmissioni di moda da Frankie Morello - è solo una chiara provocazione perché il nostro made in Italy è inattaccabile. Prima la competizione era tra Italia e Francia mentre ora ci si è aggiunta l'America».
Paola Bulbarelli
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