Più del lutto poté il check in. Il cordoglio arriva puntuale, si capisce, ma anche il taxi per Fiumicino non scherza: i parlamentari in coro esprimono dolore, sdegno, partecipazione, commozione, vicinanza e solidarietà. Un occhio alle agenzie di stampa, l’altro all’orologio: “Il cuore ci sanguina”, “siamo costernati”, “una ferita per tutti noi”. Ma a che ora parte il prossimo volo per Linate? In fondo è pur sempre giovedì sera. E, si sa, il giovedì sera è sacro: ci sono cose di fronte alle quali onorevoli e senatori devono mostrarsi assolutamente uniti. Il sostegno ai militari in missione? Macché: il week end lungo. Tutti a casa, dunque. Dall’Afghanistan? Ma no. Tutti a casa loro. Infatti ad ascoltare il ministro La Russa alla Camera, ieri pomeriggio, durante l’informativa sulla strage di Kabul, c’erano sì e no un centinaio di deputati. Un centinaio, avete capito? Su 630 regolarmente pagati per essere lì. Un cinquantina del PdL, una quarantina del Pd, dieci dell’Idv e dell’Udc, quattro leghisti: quando c’è da bigiare questo Paese riesce ad essere rigorosamente trasversale. Magari sui giornali e in tv maggioranza e opposizione se le danno di santa ragione. Ma vedeste come vanno d’accordo nella sala amica della Freccia Alata… L’effetto è surreale. Per tutta la giornata s’inseguono messaggi di parlamentari che esprimono tutta la loro “vicinanza” ai soldati italiani. Poi, nel tardo pomeriggio, scappano via: vicinanza sì, ma un po’ da lontano. “Non vi lasceremo mai soli”, dice qualcuno. Mai? Proprio “mai”? Che esagerati: basterebbe che riuscissero a non lasciare soli i nostri militari per una serata. Sarebbe già un bel risultato. E invece eccoli lì, con il “cuore spezzato” sulla punta della lingua e la valigia già pronta sulla punta della mano, rigonfi di retorica ma solo fino al gate dell’imbarco. “I nostri sei eroi sono volati in cielo”, dice qualcuno. E i nostri parlamentari, per non essere da meno, volano pure loro. In cielo. Con l’Alitalia. “L’Italia s’inchina ai suoi eroi”, proclama lo scafato presidente Schifani. “L’Italia si stringe intorno alle vittime”, aggiunge la giovane ministro Meloni. E a loro, che sono persone serie, c’è da credere. Ma come si fa, allora, a sopportare l’immagine di quell’aula per 5/6 deserta, i banchi vuoti come frigorifero al Polo Nord, il disinteresse che si fa segnale televisivo? L’Italia s’inchina ai suoi eroi? L’Italia si stringe alle vittime? Sì, forse: l’Italia, sì. Quelli che rappresentano l’Italia, invece, preferiscono stringersi al proprio collegio elettorale. La missione in Afghanistan è importante. Ma la missione nel proprio salotto, un po’ di più. Poi dicono che il Paese deve riconquistare fiducia nelle istituzioni. Sarebbe bene se le istituzioni riconquistassero un po’ di fiducia in se stesse. Ve lo immaginate che cosa sarebbe successo se, anziché di Afghanistan, ieri alla Camera ci fosse stato un dibattito su Patrizia D’Addario? Spalti gremiti al limite della capienza, tutto esaurito, nessun biglietto disponibile nemmeno dai bagarini. Invece si parlava solo di sei ragazzi italiani morti per difendere il nostro Paese. Si parlava di sei ragazzi italiani morti perché credevano nella bandiera, nel sacrificio, nell’onore. Tutte cose, si sa, che c’entrano poco col Parlamento. Forse per questo l’aula di Montecitorio è rimasta deserta. L’unico dispiacere è che per un attimo ci avevamo creduto. Per un attimo, scossi dalle notizie che arrivavano da Kabul, avevamo pensato che le frasi addolorate non fossero di circostanza, che la sofferenza fosse reale, che quelle bandiere a mezz’asta esprimessero sentimenti autentici e non solo il rituale cordoglio istituzionale. Ci ha pensato l’immagine di quell’aula vuota a riportarci subito con i piedi per terra: ai parlamentari non è parso vero di poter rientrare in fretta dai propri cari, magari organizzandosi una seratina come si deve, cena e dopocena compresi. In fondo avevano pure un bel pretesto per annullare tutti gli impegni, i convegni, le conferenze stampe, le feste locali e gli appuntamenti istituzionali . Avanti, tutti casa: siamo in lutto, dunque ce la possiamo spassare.
venerdì 18 settembre 2009
Ma bravi
Chi muore... e chi diserta. In parlamento è già weekend di Mario Giordano
Più del lutto poté il check in. Il cordoglio arriva puntuale, si capisce, ma anche il taxi per Fiumicino non scherza: i parlamentari in coro esprimono dolore, sdegno, partecipazione, commozione, vicinanza e solidarietà. Un occhio alle agenzie di stampa, l’altro all’orologio: “Il cuore ci sanguina”, “siamo costernati”, “una ferita per tutti noi”. Ma a che ora parte il prossimo volo per Linate? In fondo è pur sempre giovedì sera. E, si sa, il giovedì sera è sacro: ci sono cose di fronte alle quali onorevoli e senatori devono mostrarsi assolutamente uniti. Il sostegno ai militari in missione? Macché: il week end lungo. Tutti a casa, dunque. Dall’Afghanistan? Ma no. Tutti a casa loro. Infatti ad ascoltare il ministro La Russa alla Camera, ieri pomeriggio, durante l’informativa sulla strage di Kabul, c’erano sì e no un centinaio di deputati. Un centinaio, avete capito? Su 630 regolarmente pagati per essere lì. Un cinquantina del PdL, una quarantina del Pd, dieci dell’Idv e dell’Udc, quattro leghisti: quando c’è da bigiare questo Paese riesce ad essere rigorosamente trasversale. Magari sui giornali e in tv maggioranza e opposizione se le danno di santa ragione. Ma vedeste come vanno d’accordo nella sala amica della Freccia Alata… L’effetto è surreale. Per tutta la giornata s’inseguono messaggi di parlamentari che esprimono tutta la loro “vicinanza” ai soldati italiani. Poi, nel tardo pomeriggio, scappano via: vicinanza sì, ma un po’ da lontano. “Non vi lasceremo mai soli”, dice qualcuno. Mai? Proprio “mai”? Che esagerati: basterebbe che riuscissero a non lasciare soli i nostri militari per una serata. Sarebbe già un bel risultato. E invece eccoli lì, con il “cuore spezzato” sulla punta della lingua e la valigia già pronta sulla punta della mano, rigonfi di retorica ma solo fino al gate dell’imbarco. “I nostri sei eroi sono volati in cielo”, dice qualcuno. E i nostri parlamentari, per non essere da meno, volano pure loro. In cielo. Con l’Alitalia. “L’Italia s’inchina ai suoi eroi”, proclama lo scafato presidente Schifani. “L’Italia si stringe intorno alle vittime”, aggiunge la giovane ministro Meloni. E a loro, che sono persone serie, c’è da credere. Ma come si fa, allora, a sopportare l’immagine di quell’aula per 5/6 deserta, i banchi vuoti come frigorifero al Polo Nord, il disinteresse che si fa segnale televisivo? L’Italia s’inchina ai suoi eroi? L’Italia si stringe alle vittime? Sì, forse: l’Italia, sì. Quelli che rappresentano l’Italia, invece, preferiscono stringersi al proprio collegio elettorale. La missione in Afghanistan è importante. Ma la missione nel proprio salotto, un po’ di più. Poi dicono che il Paese deve riconquistare fiducia nelle istituzioni. Sarebbe bene se le istituzioni riconquistassero un po’ di fiducia in se stesse. Ve lo immaginate che cosa sarebbe successo se, anziché di Afghanistan, ieri alla Camera ci fosse stato un dibattito su Patrizia D’Addario? Spalti gremiti al limite della capienza, tutto esaurito, nessun biglietto disponibile nemmeno dai bagarini. Invece si parlava solo di sei ragazzi italiani morti per difendere il nostro Paese. Si parlava di sei ragazzi italiani morti perché credevano nella bandiera, nel sacrificio, nell’onore. Tutte cose, si sa, che c’entrano poco col Parlamento. Forse per questo l’aula di Montecitorio è rimasta deserta. L’unico dispiacere è che per un attimo ci avevamo creduto. Per un attimo, scossi dalle notizie che arrivavano da Kabul, avevamo pensato che le frasi addolorate non fossero di circostanza, che la sofferenza fosse reale, che quelle bandiere a mezz’asta esprimessero sentimenti autentici e non solo il rituale cordoglio istituzionale. Ci ha pensato l’immagine di quell’aula vuota a riportarci subito con i piedi per terra: ai parlamentari non è parso vero di poter rientrare in fretta dai propri cari, magari organizzandosi una seratina come si deve, cena e dopocena compresi. In fondo avevano pure un bel pretesto per annullare tutti gli impegni, i convegni, le conferenze stampe, le feste locali e gli appuntamenti istituzionali . Avanti, tutti casa: siamo in lutto, dunque ce la possiamo spassare.
Più del lutto poté il check in. Il cordoglio arriva puntuale, si capisce, ma anche il taxi per Fiumicino non scherza: i parlamentari in coro esprimono dolore, sdegno, partecipazione, commozione, vicinanza e solidarietà. Un occhio alle agenzie di stampa, l’altro all’orologio: “Il cuore ci sanguina”, “siamo costernati”, “una ferita per tutti noi”. Ma a che ora parte il prossimo volo per Linate? In fondo è pur sempre giovedì sera. E, si sa, il giovedì sera è sacro: ci sono cose di fronte alle quali onorevoli e senatori devono mostrarsi assolutamente uniti. Il sostegno ai militari in missione? Macché: il week end lungo. Tutti a casa, dunque. Dall’Afghanistan? Ma no. Tutti a casa loro. Infatti ad ascoltare il ministro La Russa alla Camera, ieri pomeriggio, durante l’informativa sulla strage di Kabul, c’erano sì e no un centinaio di deputati. Un centinaio, avete capito? Su 630 regolarmente pagati per essere lì. Un cinquantina del PdL, una quarantina del Pd, dieci dell’Idv e dell’Udc, quattro leghisti: quando c’è da bigiare questo Paese riesce ad essere rigorosamente trasversale. Magari sui giornali e in tv maggioranza e opposizione se le danno di santa ragione. Ma vedeste come vanno d’accordo nella sala amica della Freccia Alata… L’effetto è surreale. Per tutta la giornata s’inseguono messaggi di parlamentari che esprimono tutta la loro “vicinanza” ai soldati italiani. Poi, nel tardo pomeriggio, scappano via: vicinanza sì, ma un po’ da lontano. “Non vi lasceremo mai soli”, dice qualcuno. Mai? Proprio “mai”? Che esagerati: basterebbe che riuscissero a non lasciare soli i nostri militari per una serata. Sarebbe già un bel risultato. E invece eccoli lì, con il “cuore spezzato” sulla punta della lingua e la valigia già pronta sulla punta della mano, rigonfi di retorica ma solo fino al gate dell’imbarco. “I nostri sei eroi sono volati in cielo”, dice qualcuno. E i nostri parlamentari, per non essere da meno, volano pure loro. In cielo. Con l’Alitalia. “L’Italia s’inchina ai suoi eroi”, proclama lo scafato presidente Schifani. “L’Italia si stringe intorno alle vittime”, aggiunge la giovane ministro Meloni. E a loro, che sono persone serie, c’è da credere. Ma come si fa, allora, a sopportare l’immagine di quell’aula per 5/6 deserta, i banchi vuoti come frigorifero al Polo Nord, il disinteresse che si fa segnale televisivo? L’Italia s’inchina ai suoi eroi? L’Italia si stringe alle vittime? Sì, forse: l’Italia, sì. Quelli che rappresentano l’Italia, invece, preferiscono stringersi al proprio collegio elettorale. La missione in Afghanistan è importante. Ma la missione nel proprio salotto, un po’ di più. Poi dicono che il Paese deve riconquistare fiducia nelle istituzioni. Sarebbe bene se le istituzioni riconquistassero un po’ di fiducia in se stesse. Ve lo immaginate che cosa sarebbe successo se, anziché di Afghanistan, ieri alla Camera ci fosse stato un dibattito su Patrizia D’Addario? Spalti gremiti al limite della capienza, tutto esaurito, nessun biglietto disponibile nemmeno dai bagarini. Invece si parlava solo di sei ragazzi italiani morti per difendere il nostro Paese. Si parlava di sei ragazzi italiani morti perché credevano nella bandiera, nel sacrificio, nell’onore. Tutte cose, si sa, che c’entrano poco col Parlamento. Forse per questo l’aula di Montecitorio è rimasta deserta. L’unico dispiacere è che per un attimo ci avevamo creduto. Per un attimo, scossi dalle notizie che arrivavano da Kabul, avevamo pensato che le frasi addolorate non fossero di circostanza, che la sofferenza fosse reale, che quelle bandiere a mezz’asta esprimessero sentimenti autentici e non solo il rituale cordoglio istituzionale. Ci ha pensato l’immagine di quell’aula vuota a riportarci subito con i piedi per terra: ai parlamentari non è parso vero di poter rientrare in fretta dai propri cari, magari organizzandosi una seratina come si deve, cena e dopocena compresi. In fondo avevano pure un bel pretesto per annullare tutti gli impegni, i convegni, le conferenze stampe, le feste locali e gli appuntamenti istituzionali . Avanti, tutti casa: siamo in lutto, dunque ce la possiamo spassare.
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