martedì 22 settembre 2009

Il partito di repubblica

Repubblica fa un partito. È quello di Topolino di Giampaolo Pansa

Il Partito di Topolino? Tra un momento ci arriviamo. Bisogna iniziare dal lettore-militante di “Repubblica”. È un soggetto unico in Italia, che ha accolto con grande fastidio la decisione di rinviare la protesta in difesa della libertà di stampa. Lo si comprende dalle lettere pubblicate dal quotidiano prima e dopo il 19 settembre. Una paginata al giorno. Mi sono letto quelle dall’11 al 20 settembre. Ecco un test per capire quali siano gli umori profondi di un’area d’opinione certo minoritaria, però molto scaldata. Capace di odiare e di amare con intensità sorprendente. L’odio è tutto per Silvio Berlusconi, uno spirito del male disposto a compiere qualunque nefandezza. «Ho 29 anni e quando Berlusconi fece la sua discesa in campo ne avevo 14» scrive Laura Pone. «La mia vita è stata contagiata dalle ramificazioni del suo potere». Anche Linda Loffredi teme «l’oscura nube di contagio» prodotta dal Caimano. «Ha collusioni con la mafia» (Daniele Barni). «Da alcuni anni passo diversi mesi in Mongolia. Degli amici mongoli mi chiedono se Berlusconi sia il nuovo Padrino» (Ippolito Marmai). «Dimentico dei problemi reali, il premier si lascia travolgere da chiome bionde e profumi di donna» (Silvia Ceccarelli). «Il premier mi sta danneggiando come cittadino. Io non intendo più rispettarlo, per tutelare la mia dignità» (Giacomo Paraggio). «Mi vergogno di avere un presidente del Consiglio di tal fattura» (Teodoro Montanaro). «Privo di ogni scrupolo e pudore» (Francesco Grazi). «È un piccolo uomo che minaccia la libertà di stampa» (Giuliana Babich). «Con il suo impero mediatico, Berlusconi ha plasmato le menti di molti cittadini» (Lia Proietti). «Quando lo sento diffondere da tutte le tv menzogne insopportabili, mi sento scoppiare dentro perché non posso contestarlo» (Anna Bella). «Vuole offuscare le nostre coscienze con la smania di potere» (Francesco Costantini). «Sfacciataggine e protervia del premier non hanno più limiti. Riusciremo a liberarci di un simile individuo?» (Anna Rita e Umberto Venieri). «Berlusconi vuole chiudere i giornali» (Leopoldo Morbin). «Ha imbevuto della sua cultura le nuove generazioni» (Paolo Lando). «Berlusconi cadrà schiacciato dal peso della sua stessa infamia» (Gabriele Perni).
Libero arbitrio. Un tipaccio così, e i suoi complici, soffocano l’Italia con un regime quasi fascista. «Vogliono cancellare quel che resta della nostra povera e zoppa democrazia» (Lorenzo Fiorelli). «Queste lobby di potenti e incapaci rovinano il nostro Paese» (Diego Meneghetti). «Malvagia e stupidità si sono alleate» (Andrea Canevaro). «Vedo la violenza e la volgarità di un potere pericoloso» (Maura Arlunno). «Bisogna uscire da questa impressionante deriva autoritaria e antidemocratica» (Claudio Corazza). «Sono un vostro giovane lettore. Fa male sapere di non avere la piena libertà di formare la propria coscienza e di non possedere il libero arbitrio per scegliere ciò che per noi è più giusto» (Alessandro Piraccini). «Vedo con grande dolore crescere volgarità, superficialità, smantellamento della nostra povera patria» (Patrizia Rizzo). «Ci vogliono togliere la capacità di sdegnarci, dopo averci tolto la verità» (Clementina Di Massa). «Ci troviamo sotto la dittatura della maggioranza a causa del virus del berlusconismo che ha infettato il paese» (Giuseppe Campellone). «Quando finirà questo medioevo post-democratico?» (Gianluca Summa). «Bisogna fermare lo scempio» (Giovanna Brobutti). «Dobbiamo contrastare chi nega la libertà. Per questo abbiamo il dovere di resistere» (Marco Ferrari).
Nuova resistenza. Il cuore della nuova resistenza è ovviamente “Repubblica”. «Siete la mia unica speranza» (Pippo Raimondi). «Vi ritengo il perno fondamentale della resistenza oggi in Italia» (Walter Cavallo). «Andate avanti così, senza paura» (Antonio Taraborrelli). «Siete l’unica scelta possibile nello squallore in cui è precipitato il mondo dell’informazione in Italia» (Alfredo Maria Bartoloni). «Ogni giorno compro due copie di Repubblica per contribuire a difendere il diritto di cercare la verità» (Amedeo Colonna). «Tutti i giorni compro tre copie di Repubblica. Stamattina in edicola un signore anziano ne ha comprate quattro. Ci siamo guardati e ci siamo capiti al volo» (Luca Datteri). «Continuate così. Siete il portavoce di tutti quelli che non la pensano come Berlusconi e i suoi amici» (Amedeo Colonna). «Esibisco fieramente Repubblica per far capire da quale parte non sto» (Enrica Salvato). «Mi piace il ruolo di Cicerone che Repubblica si è assunto per contrastare il moderno Catilina» (Ennio Facchin). «L’unica opposizione è rappresentata dal vostro gruppo editoriale» (Matteo Nocentini). «Propongo la nascita di un movimento con sedi in tutta Italia» (Pino Quarta). «Mi piacerebbe che accanto alla testata di Repubblica aggiungeste l’aggettivo Libera» (Giancarlo Ferrari). A eccitare i lettori di “Repubblica” sono state le dieci domande di continuo riproposte a Berlusconi. «Tappezziamo le città con le 10 domande» propongono Raffaella Milani, Marco Ancora e la piccola Giulia. «Vi consiglio di promuovere la diffusione di magliette con ognuna delle 10 domande che non si possono fare a Berlusconi». «Bisogna dare maggiore risalto alle 10 domande con manifesti o cartelli» (Iole Pozzi). «Vorrei invitarvi ad affiggere nelle città manifesti con le 10 domande» (Anna Simonetta). «Penso che tutti i giornali, radiogiornali e telegiornali dovrebbero porre a Berlusconi le vostre 10 domande» (Raffaele Miccio). Purtroppo per i militanti di “Repubblica”, le altre testate fanno orecchie da mercante. Copiare l’ideona di Ezio Mauro? Non sia mai detto. Così chi scrive a Largo Fochetti dà pessimi giudizi sul giornalismo italiano. E non soltanto contro Vittorio Feltri. Di lui, Massimo Marnetto scrive: «Voglio un’informazione libera, cioè costituzionale. Senza l’oppressione dei filtri e dei Feltri». Ma ce n’è anche per gli altri giornali. «La democrazia è in pericolo. Mi stupisce il silenzio della stampa italiana» (Silvana Mandolini). «È preoccupante la disinformazione che molti giornali e telegiornali seminano nel paese» (Adriano Verlato). «Chi sostiene ancora il mito di Berlusconi dovrebbe capire il rischio di toccare la libertà d’espressione» (Stefano Coletto). «Sono pochissime le voci fuori dal coro. I mass media sono asserviti ai diktat dell’Egoarca» (Antonella Dalzoppo). Segni di distinzione La convinzione di essere soli nel combattere il Caimano spinge molti lettori a presentare a “Repubblica” una domanda singolare: dobbiamo distinguerci da chi non la pensa come noi, avere un segno che faccia capire a tutti chi siamo. Insomma, vogliono un segnale, un distintivo, una bandiera come si usa nei partiti. «Espongo ogni giorno la copia di Repubblica come segno distintivo» (Simonetta Cortolezzis). «Perché non ci inventiamo un segnale da mettere sui nostri balconi per far vedere al Paese quanti siamo?» (Elisabetta Salvatori). «Una bella idea sarebbe quella di creare un segno di riconoscimento. Da esporre da parte di tutti coloro che condividono questa battaglia per la libertà di stampa» (Rita Bega e Manuel Lugli). «Il giorno della manifestazione attaccherò simbolicamente alla finestra la prima pagina di Repubblica. Per dire a Berlusconi che non potrà mai avere la nostra dignità» (Umberto Burgio). Dal giornale-partito al partito vero e proprio. Lo sperano molti lettori di “Repubblica”. Gli obiettivi politici sono chiari. «Fare giustizia di una certa stupidità politica della sinistra» (Mario Pasqualotto). Rimediare all’errore capitale «della mancata soluzione del problema del conflitto d’interessi» (Rita Vagnarelli). E infine espellere il Cavaliere dal sistema politico, per restituire all’Italia un minimo di tranquillità. Scrive Giovanna Alessandria: «Mai come adesso ho vissuto in uno stato di sospensione aspettando un cambiamento di potere politico. Ogni giorno che passa è carico di tensione…». Già, perché non fare di “Repubblica” una vera parrocchia politica? I militanti ci sono. I soldi pure. Anche il leader non manca. È un direttore-segretario caparbio, aggressivo, più carismatico di molti big della casta partitica: Ezio Mauro. Da giovane cronista era sempre in moto. Per questo veniva chiamato Topolino. Se nascerà il partito di Topolino non ridete. Poiché non ci sarà nulla di cui ridere.

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