sabato 26 settembre 2009

Orrori Finiani

Enrico letta: «Iniziata lotta per successione a Berlusconi». Cittadinanza, scontro alla festa del Pdl. Fini insiste sulla riduzione a 5 anni. Stop di Cicchitto: «Dieci anni più esami seri». Tremonti: «È coraggioso»

MILANO
- Lo scontro si consuma a (poca) distanza, sugli spalti della festa del Pdl a Milano. Fini torna a parlare di immigrazione, in particolare di cittadinanza, insistendo sulla necessità di ridurre i tempi da 10 a 5 anni. Gli replica indirettamente Cicchitto: «Mi sembra che 10 anni sia la data giusta di permanenza in Italia, coniugata però con esami seri». Tremonti, che ha partecipato con Fini ed Enrico Letta a un dibattito sulla situazione economica, concede invece un tiepido elogio (ma con immediato invito alla prudenza) al presidente della Camera: «Le sue posizioni sono generose e coraggiose e ne dobbiamo discutere. Ma è decisivo il fattore tempo, la cosa giusta nel tempo sbagliato può diventare sbagliata».

CITTADINANZA - Sull'immigrazione l'ex leader di An è stato come sempre chiaro, sottolineando che discutere della cittadinanza «non ha mai fatto male a nessuno»: «Attendo di discuterne, non accento scomuniche preventive dagli organi di stampa e continuerò a porre la questione finché non mi si opporranno motivazioni valide». Il presidente della Camera insiste quindi sull'idea di ridurre i tempi per concedere la cittadinanza agli stranieri integrati dopo 5 anni e risponde indirettamente al presidente del Senato Schifani che ha sottolineato l'impossibilità di tale riforma: «Qualcuno non ha capito o finge di non capire. Non ho la presunzione di essere condiviso, ma non accetto di passare per eretico o che si dica di non poter discutere del tema in quanto non scritto nel programma elettorale o non si sa bene dove». «L'Italia è degli italiani - prosegue Fini - e se qualcuno pensa che io non lo creda è un problema suo. Ma è anche di tutti coloro che dimostrano di amarla. Ci sono 4 milioni di stranieri in Italia e non è un'eresia pensare di garantire loro la cittadinanza se dimostrano di parlare bene la nostra lingua, conoscere la nostra storia, sapere che Trieste e più a nord di Palermo, giurare fedeltà ai valori della Costituzione e servire la nostra patria con le armi».

LE REAZIONI - Sul tema della cittadinanza arrivano a Fini diverse precisazioni da esponenti del centrodestra. Fabrizio Cicchitto, capogruppo alla Camera, anche lui ospite della festa milanese: «Il Pdl deve discutere e poi decidere su questa questione. Ricordo che in Inghilterra c'era gente con la cittadinanza che poi faceva il terrorismo e in Francia organizzava le rivolte nelle banlieue». Il ministro della Difesa Ignazio La Russa: «Apprezzo la chiarezza con cui Fini ha affrontato la questione, non apprezzo invece alcune proposte estreme di deputati del Pdl che sono state fatte con esponenti del Pd senza nessun dibattito interno: queste sono proposte di deputati che una volta si definivano peones. Dobbiamo fare amare l'Italia a quella che io definisco la "generazione Balotelli". Il problema del tempo per la cittadinanza lo vedremo poi». Molto diretto il vice capogruppo del Pdl al Senato, Gaetano Quagliariello: «Dopo cinque anni io la cittadinanza non gliela voglio dare».

RIFORME - Parlando della crisi Fini sottolinea la necessità di realizzare al più presto le riforme: «Attenzione a dire che il peggio è passato. Per intercettare la ripresa servono interventi di cui ha bisogno il sistema Italia - spiega -. Non ho perso la speranza di realizzare in questa legislatura le riforme urgenti, anche se siamo in ritardo. Il governo ha fatto tutto ciò che doveva? Non sta a me dirlo, ogni italiano giudicherà». L'auspicio del presidente della Camera è che ci sia la coscienza che «alcune grandi sfide vanno affrontate congiuntamente dal sistema Italia, quindi maggioranza, opposizione, sindacati e altri soggetti che hanno a cuore l'interesse nazionale». Tra le riforme necessarie indica quella del sistema istituzionale, quella del bicameralismo perfetto, «che rende le decisioni meno solerti», la necessità di investire sulle eccellenze nelle università e nei centri di ricerca e «la riduzione delle distanze tra aree ricche e aree povere del Paese che non può essere rinviata».

LAVORO - Fini ha infine proposto alcuni temi relativi alla crisi e al lavoro: «Lasciate che mi spogli per un attimo della veste di presidente della Camera. Quanta gioia per una parte politica sentire che non è la lotta di classe che determina la dialettica dell'economia ma la concordia tra capitale e lavoro. Quanti ricordi anche alle affermazioni di Tremonti che ha detto che bisogna prevedere forme affinché gli utili aziendali possano essere a beneficio dei lavoratori». Infine la questione degli stipendi: «Altro che gabbie salariali. Leghiamo i salari alla produttività, alla crescita complessiva dell’economia».

LETTA - Durante la tavola rotonda non è mancato un siparietto tra Enrico Letta e Fini. Interpellato sulle questioni della cittadinanza agli immigrati, Letta ha esordito: «È un tema che può danneggiare in modo irreparabile il presidente Fini. Siccome gli voglio bene, cercherò di camminare sulle uova». Il presidente della Camera ha replicato: «Non è la prima volta che mi dicono che sono diventato di sinistra. Forse è la sinistra che su certi temi si è avvicinata alla destra». Letta si è presentato con una battuta: «Tra un Fini e un Tremonti ci deve sempre essere un Letta di mezzo». Al termine del dibattito, il responsabile Welfare del Pd ha commentato: «Abbiamo avuto la plastica dimostrazione che la lotta per la successione a Berlusconi è ufficialmente iniziata». E non ha risparmiato a Fini una stoccata: «Questa settimana alla Camera dei deputati abbiamo lavorato solo otto ore, dalle 15 di martedì alle 12 di mercoledì. Chiedo al presidente una sessione speciale sul welfare che discuta in particolare dei temi dell'immigrazione, del tasso di natalità del nostro Paese e del lavoro delle donne».

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