martedì 9 giugno 2009

Clandestini

Arresti in sedici città italiane eseguiti dalla squadra mobile di Venezia. Immigrazione clandestina, decine di arresti in Italia e e in Europa. Azzerata banda di aguzzini con base nel Kurdistan: in tre anni ha fatto entrare in Ue migliaia di clandestini

MILANO
- Migranti curdi o iracheni trasferiti prima in Turchia e da lì in Grecia, nascosti nei tir o anche a piedi. Poi il viaggio della speranza verso l'Italia, a bordo di traghetti di linea diretti a Venezia, Ancona, Bari e Brindisi, anche in questo caso nascosti all'interno dei camion. Clandestini fatti arrivare nel nostro Paese direttamente dalla Turchia a bordo di carrette del mare e poi "smistati" verso altri paesi europei. Il tutto grazie a una organizzazione ben ramificata e strutturata con basi in Iraq, in Turchia e in diversi paesi d'Europa, messa ora alle strette anche grazie al lavoro della squadra mobile di Venezia, che in collaborazione e con il Servizio centrale operativo (Sco) ha eseguito decine di arresti nei confronti dei membri di un'organizzazione criminale transnazionale, con base nel Kurdistan iracheno, ma con diversi gruppi operativi in Italia, che negli ultimi tre anni ha fatto entrare in Europa migliaia di clandestini curdi. Decine di arresti in sedici città italiane e in sette paesi europei.

«AZZERATA UNA BANDA DI AGUZZINI» - Una «agguerrita banda di aguzzini», responsabile di aver fatto entrare in Europa migliaia di clandestini e in grado, se non fosse stata fermata, di continuare a portare nei paesi dell'Unione decine di migliaia di immigrati in modo illegale. Così al Dipartimento della pubblica sicurezza definiscono l'organizzazione criminale azzerata. I risultati sono «di indubbia rilevanza», prosegue il Dipartimento, sottolineando che l'organizzazione «agiva in regime di monopolio» su tutta la zona orientale dell'Italia, da Bari a Venezia.

MANDATI EUROPEI - Contestualmente all'operazione nel nostro paese , denominata "Ticket to ride" e coordinata dalla procura di Venezia, arresti sono in corso anche in Francia, Inghilterra, Germania, Belgio, Svizzera, Grecia e Svezia in esecuzione di mandati europei. Gli indagati devono rispondere tra l'altro di associazione a delinquere e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. L'indagine è partita nel 2006 in seguito agli accertamenti fatti su un gruppo di clandestini bloccati a Venezia. L'organizzazione, secondo quanto accertato dagli investigatori, oltre che in Italia aveva basi operative in Turchia, Iraq, Grecia e in altri paesi europei. Gruppi operativi erano sparsi in diverse nazioni europee, in modo che ogni paese - sia di transito che di arrivo - fosse «coperto» da membri dell'associazione. Frequenti, inoltre, erano i passaggi dei singoli membri da uno Stato all'altro, e questo sia per evitare di finire nella rete delle polizie europee, sia per la necessità dell'organizzazione di rafforzare i gruppi presenti in uno dei paesi, in vista di un nuovo arrivo di clandestini.

LA ROTTA PER L'ITALIA - Grazie alle intercettazioni e alle dichiarazioni rese da alcuni degli immigrati bloccati dalle forze di polizia, è stato possibile ricostruire la rotta seguita per raggiungere l'Italia: i migranti arrivavano dall'Iraq in Turchia, dove venivano nascosti in appartamenti o cantine, in attesa di proseguire il viaggio verso la Grecia, nascosti nei tir o anche a piedi. Dalla Grecia i clandestini arrivavano in Italia a bordo di traghetti di linea diretti a Venezia, Ancona, Bari e Brindisi, anche in questo caso nascosti all'interno dei camion. In alcuni casi i clandestini partivano direttamente dalla Turchia e in questo caso raggiungevano il nostro paese a bordo di carrette del mare. Una volta in Italia, venivano presi in consegna dall'organizzazione che provvedeva a trasferirli verso i paesi di destinazione, soprattutto Germania e Svezia, ma anche Francia, Svizzera, Gran Bretagna e Norvegia.

LE CELLULE - L'organizzazione, sottolineano gli inquirenti, era «stabile, efficiente e strutturata», ben ramificata in tutta Europa, con referenti nei vari paesi e in grado di presentarsi come «punto di riferimento» per altre organizzazioni coinvolte nella tratta di esseri umani. Nel nostro paese, in particolare, operavano diverse cellule - a Roma, Milano, Rimini, Ancona, Como, Venezia, Bolzano - collegate tra loro e ognuna con specifiche «zone d'influenza» e un forte «controllo del territorio». L'associazione, hanno infine accertato le indagini, non esitava a mettere a rischio la vita degli immigrati, e in almeno un caso si sono registrate delle vittime. È avvenuto a Venezia, il 14 luglio del 2007, quando gli investigatori hanno trovato i cadaveri di quattro clandestini morti per asfissia in seguito alla rottura dell'impianto di refrigerazione del tir in cui erano nascosti.

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