venerdì 11 marzo 2011

Italia=Arabia Saudita (secondo la Bonino)


Ci eravamo fermati all’immaginario salotto Baudi di Selve scimmiottando quelle novelle Giovanne d’Arco intente, tra una frivolezza e l’altra, ad organizzare la nuova rivoluzione rosa contro la degenerazione della figura femminile. Le avevamo sottovalutate: il grido delle sorelle d’Italia, che il 13 febbraio scorso si riversavano in piazza dicendo “Basta!” alla logica del bunga bunga, ha raggiunto il cuore pulsante del mondo liberal e le orecchie di Tina Brown. La nuova "direttora" di Newsweek, infatti, è una delle organizzatrici del “Women in the World 2011”, una grande conferenza internazionale – patrocinata dall’Onu e dalla Casa Bianca – sulla condizione femminile nel mondo, con particolare attenzione (fate attenzione davvero) ai paesi dove le donne sono più oppresse. La conferenza ha aperto i battenti proprio ieri nella Grande Mela. Chi avrebbe mai immaginato che l'italico "se non ora quando?" avrebbe fatto concentrare gli occhi (a quanto pare preoccupatissimi) della comunità internazionale sul nostro paese, a tal punto da farlo figurare come un ‘caso’ emblematico (di nuovo attenzione) assieme a Iran, Arabia Saudita, Cambogia...

In tutta onestà appare pretestuoso associare, sull’onda delle polemiche sbrodolate dalla stampa internazionale sul Rubygate, la situazione delle donne in Italia – peraltro presa come unico esempio nel calderone delle nazioni democratiche – a quella di paesi dove il regime della shaaria e la denigrazione del gentil sesso sono la regola. Non ci pare proprio che nel Belpaese le donne siano costrette a celare integralmente il loro corpo (anzi è vero il contrario), che vengano sottoposte a tortura, che non possano guidare l'automobile, votare, partecipare alla vita pubblica, e che per viaggiare o uscire a fare la spesa da sole debbano avere il permesso scritto di un parente maschio. Oltre alle più scontate emancipazioni sessuali e giuridiche (il divorzio, l’aborto, il nuovo diritto di famiglia), la donna italiana seppur lentamente e con tutte le difficoltà del caso si è conquistata uno spazio considerevole nel mondo del lavoro e dell’impresa e della politica – l'ultimo rapporto nazionale sull'imprenditoria femminile di Unioncamere evidenzia un trend positivo di crescita nel 2010 delle imprese al femminile dal 1° semestre 2009 al 1° semestre 2010. Appena qualche ora fa si è acceso il semaforo verde al provvedimento in Commissione Finanza al Senato sulle quote rosa nei Cda delle aziende quotate in Borsa che andranno a regime con almeno un 30% di presenza femminile dal 2015.

Certo, il nostro Paese si scontra con la vecchia storia del gap di “genere” (che però non è solo “made in Italy”) e con i retaggi altrettanto antichi di quel “familismo ipocrita” contro cui si è scagliata la vicepresidente del Senato Emma Bonino, l’italian guest della convention di NY. A quanto pare, la Bonino sembra l’unico vate in grado di chiarire l’‘enigma degli enigmi’ posto nero su bianco da Federico Rampini dalle colonne di Repubblica: “Perché in un paese occidentale, membro del G8 e dell’Unione Europea la condizione della donna è così arretrata?”. Proprio lei che aveva definito le “quote rosa” pura demagogia e la negazione del principio di merito per le donne... Proprio lei che si è fatta accompagnare negli Usa da un’attivista d’eccezione (tanto d’eccezione che nessuno sapeva che lo fosse): l'attrice Violante Placido, conosciuta più per i suoi seni al vento sulla copertina di PlayBoy che per le sue battaglie in difesa dei diritti delle donne perseguitate nel mondo. Come al solito, insomma, la risonanza mediatica attribuita ad eventi come questo - grazie alla grancassa del perbenismo liberal, alle signore e padrone del politicamente corretto, e con l'ausilio dell'orchestra antiberlusconiana che ormai agisce a livello planetario (e non stiamo esagerando...) - finisce con il generare falsi mostri e impedisce di vedere i problemi, che pure nel nostro Paese ci sono, sotto la loro vera luce (impedendo di fatto una riflessione che porti a delle soluzioni). Solo una cosa ci chiediamo, e vi chiediamo: ma quanto è costato il viaggio delle due paladine italiane in America? E non sarà il caso, dopo che le Nazioni Unite ci hanno messo alla stregua di monarchie e teocrazie varie, di rivedere un attimo la cifra relativa agli stanziamenti che ogni anno il nostro Paese sborsa al Palazzo di Vetro per migliorare le condizioni di vita delle donne nel mondo?

5 commenti:

samuela ha detto...

Io non ci credo che non sanno cosa dicono, non ci credo più. Questa è pura malafede. Interessata.
Oggi Dario Fo ha dichiarato da una parte che vuole Bossi in esilio -e io vorrei in esilio da Milano per l'eternità lui, la moglie e le loro assurde pretese, tipo quando pretendevano a tutti i costi dal Comune un posto a loro piacimento gratis per fare i loro spettacoli, tipo "lei non sa chi sono io".
Dall'altra ha auspicato l'invasione degli arabi. Tanto sua moglie ha subito lo stupro politico e quindi è una vittima di serie A. Le altre, donne, bambine, vecchie, ragazze che pensavano di essere libere, chi chi se ne frega. Voglio vedere i monologhi di sua moglie con gli arabi davanti. Oh sì.

Eleonora ha detto...

Sono due imbecilli. Punto e basta.

Ari, ti ho scritto.

Kizzy ha detto...

Bossi in esilio? L'invasione degli arabi??? Ma costui da quando ha vinto (non si sa come o... non si può dire) chi ca**o si crede di essere?? Ma quello che mi fa schifo è che ci sono ancora coglioni che lo stanno a sentire... e la moglie è anche peggio, basta!

Eleonora ha detto...

Preferire gli arabi significa volere la distruzione completa dell'italia. Ed ecco l'ennesimo traditore della propria patria... premio nobel.

Kizzy ha detto...

Si premio nobel, mi era rimasto nella tastiera ('da quando ha vinto' intendevo proprio il nobel). :P