mercoledì 16 marzo 2011

No allarmismi... (secondo la Boldrini)


LAMPEDUSA - Arriva mercoledì sera il primo contingente di soldati dell’esercito per garantire la sicurezza attorno al Centro accoglienza di Lampedusa. Saranno cento entro due giorni. E si aggiungeranno ai 350 uomini in divisa che controllano i 2800 tunisini ormai costretti a vivere in baracche strapiene e sporche, a bivaccare in attesa del pasto, di una doccia, di una visita medica, mentre tanti sgattaiolano fuori dai recinti invadendo le stradine dell’isola. La notizia dell’arrivo dei soldati aggiunge comunque malumore nella popolazione. Si eleva ormai un unico clamoroso «no», da ogni parte politica, dai partiti di centrodestra che reggono la giunta del sindaco Dino De Rubeis al Pd, a Legambiente, ai circoli alternativi come Askavusa, soprattutto contro l’ipotesi di allestire una tendopoli nella ex base Nato della Loran, sulla punta opposta dell’isola rispetto al centro abitato. Anche in questo caso la scelta sembra già compiuta, visto che stamane a Palermo il prefetto Giuseppe Caruso, commissario straordinario per l’emergenza, dopo avere confermato l’arrivo dell’esercito, ha dato il via libera ai funzionari della Protezione civile regionale, annunciando anche l’operativa immediata del Centro per i rifugiati a Mineo, in provincia di Catania: «Si aprono le porte domani mattina. Si comincia con l’arrivo dei primi rifugiati».

UNITA’ E INDIPENDENZA - Anche in quell’area della Sicilia orientale non mancano proteste, ma qui a Lampedusa la rabbia rischia davvero di esplodere. Echeggiano le invettive che volano sul molo, al porto, nei bar con tanti albergatori e pescatori che si riconoscono nel proclama distribuito mercoledì mattina da un comitato presieduto dall’appena defenestrato assessore comunale Antonio Pappalardo, l’ex generale dei carabinieri. È l’invito a una manifestazione da tenere giovedì mattina, per la festa dell’Unità, da celebrare con un primo punto all’ordine del giorno: «Appartenenza delle isole di Lampedusa e Linosa all’Italia». La parola "indipendenza" rimbomba minacciosa in quest’isola dove tutti chiedono il trasferimento degli immigrati altrove, con qualsiasi mezzo, irritati dal lentissimo ritmo del ponte aereo. Il timore che la tendopoli si trasformi in una trappola, allungando i tempi di permanenza, finisce per essere il comune denominatore delle reazioni, da destra a sinistra, come conferma la pasionaria che cominciò le sue lotte con il Partito comunista, adesso alla guida di Legambiente, Giusi Nicolini: «Una tendopoli significa trasformare Lampedusa in un recinto, in un lager dove far marcire gli sventurati e non offrire alcuna possibilità di riscatto all’economia e al turismo di quest’isola che non ne può più». L’eco delle lamentele arriva al prefetto Caruso, pronto a considerare le ragioni dei lampedusani: «È sacrosanto chiedere di mandar via gli immigranti. E quello che facciamo e che continueremo a fare con i ponti aerei. Ma se ne arrivano 2 mila in 24 ore qualche problema si pone. Non siamo Batman. D’altronde, restando comunque Lampedusa il primo impatto, dobbiamo trovare il modo di accoglierli assicurando, se non un tetto, almeno una tenda».

CRAXI E I TUNISINI - Delle tensioni crescenti dentro e fuori il Centro si è resa conto mercoledì mattina la prima rappresentante del governo in visita a Lampedusa dall’inizio dell’emergenza, il sottosegretario Stefania Craxi. Faccia a faccia per un’ora con centinaia di giovani tunisini che l’hanno riconosciuta come la figlia del politico italiano rifugiatosi e morto ad Hammamet. Ma un acceso scambio di battute ha segnato la distanza fra quanti fuggono dalla loro terra, pur avendo partecipato alla cosiddetta «Rivolta dei gelsomini», e la Craxi: «Con il nuovo governo il vostro Paese ha tutte le possibilità per essere ricostruito...». Le repliche hanno una sola tonalità: «Non c’è libertà, non c’è lavoro e sicurezza nemmeno dopo Ben Ali». Poi uno di loro è salito su un muretto dove sventolano le bandiere dell’Italia e dell’Europa baciandole con un grido che si è trasformato in un coro echeggiato fino al paese in un mix di tunisino e francese: «Un, du, tri, vive l’Italie». «Dovete anche pensare a tornare nella vostra Tunisia, avendo fiducia in voi stessi, per costruire un futuro in quella stupenda terra dove abita mia madre, dove torno spesso..», ha provato a convincerli la Craxi, turbata dalla visita di un Centro che scoppia.

RISCHIO MILITARIZZAZIONE - Nonostante gli sforzi di chi provvede all’accoglienza questo inferno di Lampedusa è fatto di cessi nauseabondi, di pasti scarsi e freddi, di vestiario insufficiente, di materassini sporchi. Una umanità separata da transenne per le mille code da fare. Dal cibo alle impronte. Una pentola a pressione. Con qualche valvola di sfogo costituita dai fori alla recinzione da dove, col tacito consenso delle forze di polizia, ci si può allontanare per una passeggiata, per un caffè. Come adesso tanta parte della popolazione chiede di non permettere più. Richiesta rafforzatasi martedì mattina, quando i carabinieri del capitano Giuseppe Asti hanno bloccato due tunisini su uno scooter appena rubato al cameriere di un ristorante. Poca cosa, se si pensa che le illegalità commesse dai primi di febbraio si contano sulle dita di una mano. Ma bastano per alimentare la tensione. Nel timore che, dopo le disdette per le vacanze di Pasqua, si continui a offrire l’immagine di un’isola invasa e militarizzata. Come rischia di accadere da mercoledì sera anche con soldati, camionette e garitte dell’esercito.

Felice Cavallaro

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