mercoledì 2 marzo 2011

L'ennesima sconfitta


Il primo marzo 2011 segna un’altra sconfitta. Giorno dopo giorno è ceduto del terreno di fronte all’immigrato, la cui quinta colonna è costituita da chi immigrato non è. I suoi diritti vengono difesi da quanti sono da noi lautamente mantenuti per bivaccare nel Parlamento italiano. Non importano i dati statistici dai quali si evince che nella crisi economica di fronte ad una perdita di lavoro da parte degli italiani vi è stato un aumento di occupati stranieri. Non interessa l’odierna notizia di un ulteriore incremento – al 25% – della disoccupazione giovanile. Non importa a loro che si avvalgono dei futuri nuovi votanti e sembra poi non importare nulla a noi che assistiamo indecentemente assopiti di fronte a questa catastrofe senza eguali. Chi ci governa – tanto fisicamente quanto occultamente – ha puntato tutto sulla ruota dell’integrazione a tutti i costi. Perchè questo esige la legge del mercato spinta all’estremo. Dove il mercato non è potuto arrivare, si incentiva lo spostamento dei futuri consumatori che, in un’orgia cannibalesca, finiranno per consumare i nostri resti. Chi crede che i nostri toni siano da Apocalisse non si sbaglia. Per noi, è un’Apocalisse. Un così calcolato piano per un’integrazione “a qualunque costo” può giungere solo alla conseguenza dell’estinzione di quella che andava sotto il nome di Civiltà. Questa civiltà che ha abdicato definitivamente di fronte ai monarchi del melting-pot. Ci fanno per fino assistere in presa diretta – come lobotomizzati – alle scene di “liberazione” e di “spontanea” rivolta nell’area nord Africana ben sapendo che per noi è inconcepibile destituire i “Re dei Re” dell’uguaglianza. Noi siamo quelli della democrazia da esportazione e da importazione. Siamo anche quelli che lasciano le piazze italiane ai “nuovi lavoratori”. Noi non manifestiamo se non quando qualcuno ci dice di farlo tra le due opzioni a scelta: “per” Silvio – “contro” Silvio. Non scendiamo in piazza per Noi. Per quel briciolo di dignità che ci è rimasto. Nessuno sembra capace di guidare una rivolta che non è razzista. Perchè i razzisti siete voi, non noi. Voi che state ponendo in un ghetto chi vi permette ancora di avere privilegi da deputati e senatori. Siamo noi che ancora vi diamo da mangiare e siamo noi che dovremmo staccare la spina. Nessuno ci ha detto ancora di farlo. Aspettiamo un ordine? Un ordine da chi? Da chi può venire se non da noi stessi. Il primo ordine è di iniziare a contarci. Quanti siamo quelli che hanno ancora consapevolezza che questo è il nostro suolo, questa è la nostra ricchezza, queste sono le nostre tradizioni. Al bando discussioni di lana caprina. Contiamoci. E chissà che non ne venga fuori una Liberazione Nazionale. La sua riuscita o meno dipende solo da quanto crediamo che questa striscia di terra che va sotto il nome d’Italia debba appartenerci. Riprendiamoci le piazze, le strade, i negozi, i nostri soldi, le nostre fabbriche. Prima dello sfacelo. E signori miei la crisi se può giocare a nostro vantaggio per far svegliare i dormienti, di contro già oggi possiamo vedere quel perverso spirito di comunione tra lavoratori italiani e stranieri che potrebbe rende vana ogni nostra aspettativa. Uniamoci prima che sia troppo tardi. Lo dobbiamo ai nostri padri ma soprattutto ai nostri figli.

Marco Linguardo

2 commenti:

Nessie ha detto...

Ottimo, lo linko anch'io.

Io Leggo Solo Feltri ha detto...

Ho dovuto chiamare il call center di Telecom Italia per una pratica amministrativa.

MI HA RISPOSTO UN RUMENO.

Visto che ho parlato con tre persone diverse, ed erano tutti e tre rumeni, presumo che tutto il call center sia fisicamente in Romania.

Poi dicono che in Italia il 30% dei giovani è disoccupato (ma la colpa si sa è solo di Silvio)

GRAZIE PRODI!