giovedì 3 marzo 2011
Immigrazione
LAMPEDUSA – Mentre continuano ad arrivare i barconi della speranza e della disperazione, più di 200 giunti nella notte e un centinaio attesi su un malandato natante in serata, a Lampedusa cambiano le regole per gli immigrati che, appena soccorsi, vengono convogliati al Centro di primo soccorso e accoglienza senza potere più uscire fino alla partenza per la Sicilia o per le altre regioni italiane. Cancelli chiusi. Tutti dentro il recinto della ex caserma di contrada Imbriacola. Nessun tunisino per le strade dell’isola, stando al nuovo protocollo che ribalta da un giorno all’altro la vita di questo stupendo scoglio dagli immigrati considerato la «porta dell’Europa».
CAMBIAMENTO - Fine dell’esperienza che ha visto vagare per due settimane migliaia di tunisini sul corso di Lampedusa, sorseggiare caffè nei bar che s’adattavano sintonizzando la radio sulle onde maghrebine, bivaccare davanti alla parrocchia o al porto, scrutando l’orizzonte. Un passaggio indolore attuato da mercoledì sera, anche se violato ieri pomeriggio da alcune decine di tunisini che, sgattaiolando dai fori nella rete metallica della ex caserma, sono tornati nelle botteghe per un panino, dal tabaccaio, al bar dell’Amicizia per una birra. Subito fermati da pattuglie di carabinieri che lasciano parlare con tatto i mediatori culturali. Sono volontari italiani e ragazzi egiziani ed eritrei, capaci di convincerli a tornare al Centro. Come fa anche il giovanissimo capitano dei carabinieri Federico Palmieri, che li sorprende e li rassicura parlando in arabo, trovando il modo per evitare qualsiasi frizione.
IL PIANO - Una regia messa a punto dal numero due della questura di Agrigento, il vicario Ferdinando Guarino, che per il cambio di regole ha scelto la giornata di mercoledì proprio perché con i ponti aerei e con i trasferimenti via nave al Centro erano rimasti solo 200 tunisini. Questo ha permesso di separarli dagli altri 500 arrivati fino alla notte scorsa. I due gruppi non si sono mai incrociati. Baracche separate. Partiti i primi con i trasferimenti di mercoledì sera, tutti gli altri, appena accolti, non hanno avvertito il trauma della restrizione. Una scelta maturata dopo i malumori che serpeggiavano nell’isola. Forse eccessivi, come dicono proprio alcuni operatori rimasti per settimane in trincea. E’ il caso dei ragazzi dell’Oim, l’organizzazione per le migrazioni, come Simona Moscarelli: «Quel miscelarsi della popolazione locale con i tunisini è stata un’esperienza straordinaria, una dimostrazione di alta tolleranza da parte di tutti. Non si sono verificati incidenti, se non piccolissimi episodi...». L’elenco di chi ha registrato le denunce è presto fatto: un telefonino sottratto nei primi giorni a uno studente di Lampedusa, 12 polli rubati a un contadino per una scorpacciata, un agnello sparito da una stalla e cucinato in campagna e l’incursione notturna nella villa di Claudio Baglioni dove una mezza dozzina di tunisini hanno brindato con ottimi vini. Un bilancio che non ha nulla a che vedere con gli allarmi lanciati anche durante un comizio in piazza da qualche assessore preoccupato dal pericolo degli stranieri in casa.
ACCOGLIENZA - Una posizione poi mitigata dal sindaco Dino De Rubeis che insiste sul tema dell’accoglienza. Forse recependo, da ex seminarista, le parole del vescovo di Agrigento Francesco Mogavero arrivato qui per dire che «lo straniero è una ricchezza», pronto a insistere piuttosto sull’incapacità di chi amministra: «Lampedusa continua a pagare quello che non riescono a decidere gli amministratori». Nuove regole e antiche paure si incrociano, mentre il sindaco a Palermo partecipa a una seduta del governo di Raffaele Lombardo e nell’isola si sospende quella inusuale convivenza. Fatta anche delle partite di calcio sempre perse dai ragazzi di Lampedusa, delle abbuffate di cuscus in piazza preparato dai tunisini che chiamavano «Mamma Angela» la fornaia pronta ogni giorno a donare il pane rimasto e ringraziavano la tabaccaia del corso perché apriva anche la domenica per offrire sigarette. Gli ultimi cinquanta che hanno vissuto questa esperienza sono partiti oggi a mezzogiorno, un panino e un pullover nel sacchetto di plastica, in fila, incrociando in aeroporto chi scendeva dallo stesso aereo: venti bambini della elementare di Longi, provincia di Messina, cappellini gialli in testa, in gita scolastica. Quasi a segnare una normalità in cui tutti qui sperano. In vista di Pasqua e delle vacanze estive. Anche se lo stillicidio del mare non si ferma e un sole splendente annuncia nuovi massicci approdi.
Felice Cavallaro
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