giovedì 10 marzo 2011
Loro possono...
Dopo i morti di Ceuta e Melilla in Spagna. Per risolvere il problema dei clandestini la Grecia ha alzato un bel muro di Costantino Pistilli
Le notizie di nuovi sbarchi a Lampedusa stanno diventando un appuntamento fisso quanto le critiche contro il governo italiano. Eppure, oltre all’Italia le mete degli immigrati clandestini tendenzialmente sono anche Spagna e Grecia. Ma quanto succede a Madrid e ad Atene non sembra interessare molto Bruxelles. La Spagna di Zapatero, incensato come il primo capo di Stato ad andare a Tunisi, si è offerta di contribuire alla missione di assistenza Hermes 2001 della Frontex, l’Agenzia per la gestione delle frontiere degli Stati dell’Unione europea, con l'invio di esperti e anche di aerei ad hoc. Ma la folgorazione di Zapatero sulla via di Tunisi non basterà a far dimenticare i cinque morti e un centinaio di feriti tra i seicento africani che cercavano di raggiungere la enclave spagnola sulla costa marocchina. Vale la pena di ricordare, infatti, quando il buon Zapatero aveva schierato l’esercito con l’ordine di sparare con il compiacente e vergognoso silenzio dei “compagni” italiani ed europei. Era l’ottobre del 2005, presso l’enclave spagnola sulla costa arrivarono due mila militari armati in aggiunta agli uomini della Guardia civil per fronteggiare l’assalto di seicento disperati dell’ex Marocco spagnolo. La vicenda si concluse con durissimi scontri che costarono la vita a cinque persone, compreso un neonato. In Grecia, invece, per bloccare l’immigrazione clandestina proveniente oltre che dal Maghreb anche dall’Iraq, Afghanistan, Iran, Pakistan si sta costruendo un muro alto cinque metri e lungo circa dodici chilometri al confine con la Turchia, nella regione del fiume Evros vicino alla cittadina di Orestiada. Intanto da più di quaranta giorni trecento immigrati sono in sciopero della fame per chiedere regolarizzazione e accesso a diritti fondamentali. Atene, però, ha risposto che le richieste di regolarizzazione dei trecento immigrati in sciopero sono un mero ricatto e un precedente pericoloso per la capacità del Paese di gestire la questione dell'immigrazione e Kostas Papoutsis, ministro della Difesa del cittadino, equivalente al ministero degli Interni, ha dichiarato: “Il governo ha il dovere di difendere i diritti dei cittadini ellenici e di coloro che vivono a norma di legge nel nostro Paese. Arginare il flusso degli immigrati che dall’Anatolia si riversano nell’Unione europea attraverso la Grecia è anche una prova del nostro senso di responsabilità verso Bruxelles”. La drammatica situazione che intanto vivono migliaia di persone stipate in una vecchia fabbrica sono tremende tanto quanto il viaggio che devono affrontare per guadagnare un’ora di vita in più: in migliaia di disperati spesso muoiono assiderati o arrivano con gli arti amputati. Una puntuale ed esaustiva panoramica della condizione dei profughi che stanno morendo o cercando di sopravvivere all’euro-confine greco ce la dà Fabrizio Gatti su L’Espresso di questa settimana che con un reportage cerca di illuminare luoghi dimenticati da Bruxelles, anche se con una luce un po’ sinistra.
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