martedì 4 maggio 2010

Se...


La scorsa settimana, Zachary Adam Chesser – un ventenne convertito all’Islam che ora si fa chiamare Abu Talhah Al-Amrikee – ha pubblicato una minaccia sul sito Web RevolutionMuslim.com subito dopo l’episodio numero 200 del programma “South Park” trasmesso da Comedy Central. Nella puntata, che ha tirato in ballo molte delle celebrità che in precedenza erano già state oggetto di satira, è apparso anche il profeta Maometto: la prima volta se ne è sentita la voce dall’interno di un camioncino della U-Haul, mentre la seconda è stato ritratto dentro un costume da orso.

Per colpa di questa apparente blasfemia, Amrikee ha lanciato un monito ai creatori Trey Parker e Matt Stone avvertendoli che “avrebbero fatto la fine di Theo van Gogh”. Come ricorderete, quest’ultimo era il filmaker olandese che nel 2004 venne brutalmente ucciso per le strade di Amsterdam perché aveva prodotto “Submission”, il film che criticava il ruolo subordinato della donna nell’Islam, e di cui io sono la protagonista.

C’è stato un certo dibattito sul fatto se Stone e Parker dovrebbero considerare quel “post” come una minaccia diretta. Ecco cosa ha detto Amrikee a Foxnews.com: “Questa non è una minaccia, è semplicemente quello che accadrà con molta probabilità”. “In pratica, andranno a finire in una lista che rimarrà nella mente di una grande quantità dei musulmani. E’ semplicemente la realtà”. Accanto alle foto del cadavere di Van Gogh, il giovane musulmano ha anche pubblicato l’indirizzo di casa e di lavoro dei creatori di South Park. Secondo alcuni esperti del Primo Emendamento, dal punto di vista tecnico questo tipo di pubblicazione sul Web non è una minaccia. E l’opinione generale sembra ritenere che, se anche questo post fosse inteso come una minaccia, Amrikee e tutti quelli come lui appartengono a una mera frangia di estremisti che sono scontenti della politica estera americana; il loro “oltraggio” meriterebbe quindi poca attenzione.

Tutto ciò ci porta a una domanda: quanto male può fare un gruppo di islamisti radicali in una società libera? La risposta è molto.

Mohammed Bouyeri, l’uomo che uccise Theo van Gogh, era un musulmano metà olandese e metà marocchino che si pensava fosse una figura di minor rilievo nei circoli radicali. Solo durante l’inchiesta emerse che si trattava del capobanda del Hofstad Group, un’organizzazione terrorista che veniva monitorata dai servizi segreti olandesi.

Questa storia è molto simile al caso delle vignette danesi sul profeta Maometto. Le caricature disegnate da Kurt Westergaard furono pubblicate nel settembre del 2005 con scarso risalto ma la vicenda esplose 5 mesi dopo provocando una tragedia dai risvolti internazionali con tanto di disordini e bandiere bruciate. L’uomo che era alle spalle di questa campagna oltraggiosa era un imam radicale nato in Egitto chiamato Ahmed Abu-Laban. Prima che scoppiasse tutto questo, anche Abu-Laban era considerato una personaggio marginale. Ma la sua “campagna” è costata alle finanze danesi una perdita stimata intorno ai 170 milioni di dollari nella sola primavera del 2006, senza considerare il costo della ricostruzione di tutte quelle proprietà distrutte e la spesa per proteggere gli autori delle vignette.

Quindi, quanto dovrebbero essere preoccupati i creatori di “South Park” per quelle “figure marginali” che ora li stanno minacciando? Molto. In sostanza, il post di Amrikee è una fatwa informale. Ecco come funziona: nelle Scritture islamiche esiste un principio basilare, sconosciuto alla maggior parte dei musulmani non proprio osservanti e alla maggioranza dei non musulmani, che viene definita “comandare il bene e proibire il male”. Questa norma obbliga i maschi musulmani ad assumere un comportamento ‘poliziesco’ nei confronti di ciò che viene considerato sbagliato e permette di occuparsi personalmente dell’applicazione della punizione adeguata prevista dai testi. Nella sua versione più mite, i fedeli vengono amichevolmente consigliati di astenersi dall’agire male. Molto meno leggera è la pratica in cui un afghano si assume il diritto di malmenare le donne che non sono ricoperte dal velo.

Nel rendere pubblici i presunti peccati di Stone e Parker, Amrikee senza dubbio crede di star compiendo il suo dovere di “comandare il bene e di proibire il male”. Il suo messaggio non è solo un’opinione. Il suo post richiamerà infatti l’attenzione di tutti quegli individui che la pensano come lui che, malgrado siano solo una minoranza, sono un gruppo sufficientemente numeroso e casuale da mettere in atto una punizione divina. La prova migliore di quello che sto dicendo è il somalo che lo scorso gennaio entrò nella casa di Westergaard armato d’ascia e coltello.

Qualsiasi musulmano, sia maschio che femmina, che sa che cosa sia l’“offesa”, può decidere di ottemperare al compito di uccidere coloro che insultano il Profeta. Allora che cosa si può fare per aiutare Parker e Stone?

La prima cosa da fare è che gli autori di South Park si consultino con degli esperti per mettersi al sicuro. Pur vivendo protetti come accade a me che vivo a Washington, la limitazione della libertà personale è sempre meglio di rischiare il peggio. Tutto dipende da quanto è disposto a contribuire il governo americano per proteggerli.

Secondo le stime del governo danese, la protezione di Westergaard costa ai contribuenti ben 3,9 milioni di dollari, esclusi gli apparecchi tecnici. Si tratta di una spesa pesante in un momento di pressione fiscale così intensa come questo. Una maniera di ridurne il costo è organizzare una campagna di solidarietà. Il business dell’intrattenimento, e in particolare Hollywood, è una delle industrie più ricche e potenti del mondo. Produttori, attori, scrittori, musicisti e altri intrattenitori potrebbero seguire l’esempio di Jon Stewart, che lo scorso 22 aprile ha dedicato l’apertura del suo show televisivo a una difesa di “South Park”.

Un’altra idea potrebbe essere quella di scrivere storie su Maometto in cui l’ immagine del Profeta venga mostrata quanto più possibile. Questi racconti non devono essere negativi né devono insultare, ma devono solo servire a ‘diffondere il rischio’. L’obiettivo è infatti quello di mettere a confronto quei musulmani ipersensibili con un numero di bersagli maggiore di quelli che possono effettivamente gestire.

Un altro importante vantaggio di questo tipo di campagna è di abituare i musulmani al trattamento a cui si sono assuefatti i seguaci di altre religioni. Dopo l’imputato episodio di “South Park”, infatti, non è stata inviata nessuna minaccia da parte di buddisti, cristiani ed ebrei – per non parlare dei fan di Tom Cruise e di Barbra Streisand – nonostante costoro avrebbero avuto molte più ragioni di offendersi rispetto ai musulmani.

Gli islamisti cercano di sostituire la “rule of law” con il principio del “comanda il bene e proibisci il male”. Con oltre un miliardo e mezzo di gente che considera Maometto la propria guida morale, è essenziale che esaminiamo le conseguenze della sua guida, partendo dalla nozione secondo cui coloro che illustrano la sua immagine o criticano i suoi insegnamenti devono essere puniti.

In “South Park” questa regola tirannica è stata punzecchiata quando Tom Cruise si chiede com’è possibile che Maometto sia l’unica celebrità che non può essere messa in ridicolo. Ora sappiamo il perché.

Tratto da The Wall Street Journal - Traduzione di Ayaan Hirsi Ali

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