domenica 30 maggio 2010

Islam italiano


Gamal Bouchaib, presidente del Movimento musulmani moderati e membro del Comitato per l’islam italiano del Viminale, sostiene che «situazioni come quella di Firenze fanno fare all’intera comunità islamica un passo avanti e dieci indietro». Lui, che insieme con altri esperti sta lavorando alla creazione di un albo per gli imam e di un registro dei centri di preghiera che esistono sul territorio, a breve discuterà con il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, proprio di questi problemi. Cioè che possa essere un imam privo di adeguata formazione a trascinare le masse.

Ad oggi, dunque, è vero che senza l’autorizzazione del leader alcune immigrate non possono decidere in autonomia? «Quanto sta accadendo è scioccante, ma non mi stupisce che questo signore sia andato nel covo. Dico questo perché non possiamo parlare né di moschea né di imam. Un vero imam non si sarebbe mai prestato ad un’operazione del genere. La moschea è un punto di incontro, non un luogo dove si promuovono politiche sanitarie».

Legittimare un imam per portare più donne in ospedale potrebbe essere una giustificazione plausibile? «Esistono anzitutto delle competenze, che vanno rispettate. Per fare prevenzione ci sono le Asl. Entrare in una moschea, parlare con il direttore di un centro islamico di queste cose, è solo uno dei modi per farlo sentire importante. Condanno il gesto di questo medico, perché si è rivolto a persone che non hanno alcun tipo di referenza».

Quale può essere l’alternativa per portare a casa il risultato? «Parlare direttamente con le donne».

Il medico sostiene il contrario e lo ha ribadito in un seminario di formazione senza che nessuno battesse ciglio. Perché secondo lei? «Si gioca sulla vulnerabilità data dalla non conoscenza delle cose. Interculturale è una parola che implica il dovere della conoscenza, spesso invece ci si fa prendere dal buonismo, il peggior nemico dell’integrazione».

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