sabato 15 maggio 2010
Sul niqab
Il niqab ha cominciato a invadere i nostri spazi pubblici e a minacciare la nostra identità marocchina: perciò è tempo di prendere una decisione chiara in proposito prima che sia tardi. Nel vietare il niqab vi è una violazione nei confronti dell’Islam e dei suoi valori? La risposta è: assolutamente no! Il discorso non riguarda il hijab diffuso nella nostra società, ma quel tessuto nero che copre tutto il corpo, incluso il viso, e che fa diventare la donna un essere sconosciuto, senza identità, di modo che nemmeno sua madre e i suoi figli possano riconoscerla per strada.
Indossare il niqab o il burqa è un chiaro simbolo politico di appartenenza ad un gruppo o a una categoria che ha scopi precisi. Anche se la donna che indossa il niqab non ne è a conoscenza e pensa di stare attuando con coscienza i dettami religiosi.
In tal caso lei rappresenta solo la miccia per accendere il fuoco della discordia tra i musulmani. Il velo integrale non è un simbolo religioso: vi sono milioni di donne musulmane nel mondo, e in Marocco specialmente, che non lo indossano, ma questo non significa che ciò affievolisca la loro fede e i loro doveri religiosi.
Questo indumento che oggi è diventato una moda per gli estremisti, non ha alcun legame con l’identità marocchina o con l’appartenenza alla società marocchina, né ha alcuna relazione con il ngab (indumento tradizionale marocchino composto dal jellaba e da una sottile velo trasparente sulla bocca), portato dalle nostre nonne. Non può essere paragonato nemmeno al hayek (indumento simile al saari indiano indossato anche in alcune regioni del deserto marocchino). Il velo integrale invece rappresenta un marchio talebano, simbolo di estremismo, fanatismo e appartenenza a gruppi vicini alle matrici terroristiche.
La donna marocchina che lo indossa vivrà nel suo Paese priva di identità perché tutte le amministrazioni pubbliche e le istituzioni necessitano di riconoscere l’identità del cittadino con cui entrano in contatto. La donna dovrebbe dunque abbandonare la propria identità e rinunciare ai propri documenti: soprattutto la carta d’identità che contiene la fotografia a volto scoperto del suo titolare…
La donna dovrà rinunciare alla propria appartenenza sociale: sarà costretta ad entrare invece in quella società in cui non le relazioni sociali, ma il niqab e il burqa costituiscono l’unico suo legame sociale. Essa dovrà condividere il legame del velo integrale, trasmettendolo alle proprie figlie come valore religioso… Guarderà alle altre donne con occhi superbi dato che esse sono di un livello inferiore al suo.
Nella nostra società sono in aumento le donne che vestono con il burqa e il niqab: di esse la maggior parte subisce una sorte di segregazione da parte del marito. Perciò non dobbiamo dare la colpa solo alla donna, ma sapere che dietro vi è uomo che ha potuto obbligarla e convincerla che il niqab è per lei la rappresentazione del vero Islam e che senza quell’indumento lei perde la sua nobiltà e anche la sua identità religiosa.
La questione del velo integrale non è cosa che riguardi la religione: è politica. E’ simbolo di appartenenza non a una religione definita, ma ad una comunità che ha scopi politici e che sfrutta la religione e la debolezza della gente verso i valori di tale religione. Agisce dunque su diversi fronti contemporaneamente: quello politico, di sicurezza, sociale ed economico, nonché sul fronte internazionale in relazione al processo di globalizzazione delle correnti estremiste che cercano di conquistare fette di potere e di influenza nelle diverse società del mondo.
Il tema ha attirato l’attenzione di diversi Paesi europei, come il Belgio che ha emanato una legge che punisce le donne che indossano il velo integrale e nascondo la propria identità e punisce anche gli uomini che obbligano le donne a portarlo. Nel tempo in cui la Francia sta preparando una legge che va nella stessa direzione, vediamo che la Svizzera e l’Olanda stanno facendo la stessa cosa. Non è cosa inimmaginabile che la tendenza possa estendersi a tutti gli altri Paesi Europei in cui vi è una forte presenza musulmana.
La battaglia che deve ingaggiare la nostra società è una battaglia di civiltà le cui armi sono la conoscenza, il libero pensiero e le munizioni sono rappresentate dai valori di un progresso che preservi l’identità marocchina, religiosa, scientifica, sociale, per migliorare la condizione di vita dei cittadini. Ma i colpi a salve che danno luogo alle discordie, non fanno altro che farci tornare molti secoli indietro. Si tratta di una questione politica che attende un atteggiamento coraggioso.
Tratto da Al Ahdath Al Maghrebiya del 13 maggio 2010
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