sabato 15 maggio 2010

Islam


Sono almeno 30 i talebani uccisi il 13 maggio nel corso di un'operazione condotta dalle truppe USA in collaborazione con quelle afghane nella provincia settentrionale di Kunduz, dove il 10 maggio, nella sua omonima capitale, una scuola femminile era stata oggetto di un attacco con gas tossici, rendendo necessario il ricovero ospedaliero di alcune decine di alunne che accusavano dolori, vertigini e nausea. Nello stesso giorno, a Kabul, un altro attacco con gas, sempre a una scuola femminile, aveva costretto al ricovero di altre sei studentesse. I due attentati seguono di poche settimane quelli di aprile, quando a Kunduz erano state contaminate le aule di tre scuole intossicando 80 bambine.

Le autorità di Kabul incolpano degli atti terroristici i talebani che controllano alcune regioni del paese dove impongono con la forza e con l'intimidazione la loro interpretazione delle prescrizioni contenute nei testi sacri islamici. I loro portavoce negano, ma è noto che impedire l'istruzione femminile è uno degli obiettivi perseguiti con maggior determinazione dai movimenti islamici fondamentalisti. Andare a scuola interferisce infatti con la prescrizione della reclusione domestica delle donne, il che costituisce di per sé una motivazione sufficiente per i fedeli che ritengono inopportuno qualsiasi minimo contatto tra uomini e donne. Ma, soprattutto, la scuola apre orizzonti concreti di emancipazione che le società tribali patriarcali di cui l'islam rispecchia i valori temono, ritenendo la sottomissione e l'obbedienza assolute delle donne uno dei fondamenti irrinunciabili della vita sociale tradizionale ereditata dagli antenati.

Anche in Algeria, negli anni Novanta, si fece strage di studentesse, e tuttora in altri Stati, oltre all'Afghanistan, si stenta a far valere il diritto universale allo studio, come testimoniano drammaticamente i difensori dei diritti umani in Iran, Pakistan, Mauritania... Eppure è probabile che il Corano non proibisca esplicitamente alle bambine di andare a scuola. Di sicuro finora non ha fermato le autorità musulmane che intendevano aprire la via all'istruzione femminile. Più di 60 anni fa ad esempio, nel lontano 1947, Mohammed V, re del Marocco e nonno dell'attuale sovrano, forte della propria discendenza diretta del Profeta Maometto, presentò a Tangeri, davanti a un pubblico stupefatto, sua figlia, la principessa Lalla Aicha, abbigliata all'europea. La giovane principessa che, secondo le norme universalmente condivise dalla società marocchina di allora avrebbe dovuto restare nascosta agli sguardi e portare il velo, non si limitò a mostrarsi in pubblico. Suo padre l'aveva designata a compiere un atto politico altamente simbolico: leggere in pubblico un discorso ufficiale! Da quel giorno la principessa-bambina ebbe il compito di promuovere l'istruzione femminile abbattendo le resistenze tradizionali: «Ogni volta che una scuola femminile apriva le sue porte - ricorda Malika Al Fassi (una celebre scrittrice marocchina, nda) - era la principessa a inaugurarla» e a decine di migliaia di bambine fu consentito di imparare a leggere e a scrivere.

Il governo di Karzai ha condannato con decisione gli attentati alle scuole, definendo a ragione gli autori «nemici dell'Afghanistan e della sua possibilità di prosperare»: l'istruzione scolastica femminile non è infatti soltanto un diritto, ma anche un fattore necessario allo sviluppo economico e sociale di ogni paese. L'Afghanistan occupa la penultima posizione nell'ultimo Indice dello Sviluppo Umano pubblicato dall'UNDP (United Nation Development Programme), seguito soltanto dal Niger. Nonostante un PIL pro capite relativamente elevato rispetto ad altri paesi poveri - 1.054 dollari all'anno - la speranza di vita alla nascita non raggiunge i 44 anni, soltanto il 28% della popolazione adulta è alfabetizzato, 29 donne ogni 100 uomini, e il tasso di mortalità materna è di 1.800 decessi ogni 100.000 bambini nati vivi, uno dei più elevati del mondo: dove le donne non vanno a scuola, mancano tra l'altro medici e infermieri di sesso femminile e, sempre secondo l'interpretazione talebana del Corano, una donna non può essere assistita e curata da un uomo neanche se ne va della sua vita.

Grazie ad Inc@

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