mercoledì 19 maggio 2010

Insabbiamenti...


Quando arrivano notizie di musulmani che prendono parte ad atti di violenza, la triade composta da politici, forze dell'ordine e dai media immagina che i perpetratori soffrano di problemi mentali ed emotivi. (Per una veloce lista di esempi si veda il mio articolo "Vi spiego perché Hasan amava il Jihad").

Piuttosto ritengo che essi dovrebbero cominciare col pensare a un intento jihadista. Vale a dire che dovrebbero parlare di passione ideologica e non di infermità mentale. Gli obiettivi consistono nel diffondere l'Islam e applicare la legge islamica. Naturalmente esistono dei musulmani che non sono sani di mente e che prendono parte ad atti di violenza, ma si tratta di una microscopica percentuale dei 15.247 episodi terroristici musulmani a partire dall'11 settembre, come stimato dal sito web http://www.thereligionofpeace.com/.

Il fallito tentativo di far saltare in aria un Suv a New York, in Times Square, ha indotto a fare delle illazioni riguardo i motivi che hanno spinto ad agire il presunto attentatore, ancor prima che l'identità di Faisal Shahzad fosse resa pubblica. Robert Dreyfuss di The Nation ha scartato la possibilità che fosse un jihadista proveniente dalle fila talebane con base in Pakistan: "mi sembra assai più probabile che [lui] abbia agito da solo o che sia un membro di qualche eccentrica diramazione del Tea Party, un movimento di estrema destra contrario al governo".

Poi, poche ore dopo l'arresto di Shahzad, le autorità si sono precipitate a rassicurare l'opinione pubblica che l'azione non aveva nulla a che fare con l'Islam. Qui di seguito alcuni esempi di dichiarazioni rilasciate il 4 maggio: L'establishment concorda: l'Islam non ha avuto alcun ruolo nel presunto atto terroristico di Faisal Shahzad.

•Mike Bloomberg, sindaco di New York City, ha detto che la bomba potrebbe essere stata posta da "qualcuno dotato di un'agenda politica a cui non piace il disegno di legge di assistenza sanitaria o qualcosa del genere. Potrebbe essere qualsiasi cosa".

•Mahkdoom Qureshi, ministro degli Esteri pakistano: "Questo è un contraccolpo [a causa delle attività militari americane in Pakistan]. Si tratta di una reazione. È una rappresaglia. E potevate aspettarvelo. Non siate ingenui. Non intendono mettersi a sedere e accettare di buon grado che voi li eliminiate. Vogliono reagire."

•Nadeem Haider Kiani, portavoce dell'ambasciata pakistana a Washington, ha asserito che è troppo presto per dire con esattezza che cosa abbia motivato l'attentatore, ma i primi indizi lasciano pensare che si tratti di un "individuo disturbato".

•Cable News Network. "Può essere confermato che la sua casa è stata negli ultimi anni è stata pignorata. E con questo intendo dire che ciò ha causato parecchie tensioni e patemi a quella famiglia".

•Cbs News. "Non è chiaro se vi siano altri sospetti in libertà né quale sia il movente."

•The Washington Post. Titolando il suo pezzo "La crisi economica s'imbatte nel terrorismo", Ezra Klein osserva che l'abitazione dei Shahzad è stata pignorata e commenta: "Questo tipo è come la teoria delle stringhe per i media. Egli è al centro di storie apparentemente incompatibili. Detto questo, ovviamente non si vogliono azzardare delle ipotesi sui reali motivi che hanno indotto qualcuno a fare qualcosa. I cuori degli uomini sono oscuri, e le motivazioni sono complesse."

E qui sotto una serie di dichiarazioni apparse sui giornali:

•Fonti delle forze dell'ordine (come riportato da NY1) riferiscono: "Gli inquirenti dicono di non conoscere ancora il movente delle azioni di Shahzad". (5 maggio 2010)

•Kifyat Ali, un parente di Shahzad: "Siamo scioccati. Lui non aveva alcun legame con nessun partito politico o gruppo jihadista". (5 maggio 2010)

•Così titola l'Associated Press: "L'uomo sospettato di aver piazzato l'autobomba di New York coopera, ma il movente è un mistero". (5 maggio 2010)

•In un articolo dell'Associated Press si legge: "I federali non parlano di movente nell'arresto di un cittadino naturalizzato americano accusato di aver tentato di far esplodere una bomba a New York, in Times Square". (5 maggio 2010)

•In un'esclusiva del New York Post, Shahzad "ha detto di essere stato spinto al male dal mucchio di decessi fra i leader del gruppo terroristico, come hanno detto ieri fonti delle forze dell'ordine. Secondo le fonti l'uomo è stato un testimone oculare dell'attacco compiuto negli otto mesi da lui trascorsi in Pakistan, a cominciare dall'estate scorsa".

•Un titolo di USA Today recita così: "Resta un mistero il movente dell'uomo sospettato di aver piazzato l'autobomba di New York City". (5 maggio 2010)

•Così titola The Guardian: "La bomba di Times Square: i pakistani perplessi per i motivi che hanno mosso l'attentatore".

Commenti:
(1) Alcune di queste interpretazioni sostengono che i motivi sono misteriosi, e alcune di esse speculano su una cosa o su un'altra – ma tutte evitano l'evidenza dei fatti.
(2) Non si può vincere una guerra, se non si ha il coraggio di dare un nome al nemico.
(3) Dare il nome al nemico significa cambiare alcuni dei più piacevoli aspetti della vita occidentale, cosa che è difficile fare.
(4) Penso che si darà un nome al nemico solo dopo che un cataclisma porrà fine alla nostra pazienza, facendoci dire le cose come stanno.

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