sabato 29 maggio 2010

Eurabia


Gli attentati del 7 luglio 2005 a Londra, in cui gli islamisti uccisero 52 persone, ferendone altre 700, hanno spinto le autorità britanniche a lavorare con i musulmani per evitare violenze future. Ma invece di rivolgersi ai musulmani contrari all'islamismo, che rifiutano l'obiettivo trionfalista di applicare la legge islamica in Europa, esse hanno preferito rivolgersi agli islamisti non-violenti, sperando che questi riuscissero a persuadere i loro correligionari a esprimere il loro odio verso l'Occidente, rispettando la legge. Questo sforzo ha conferito un ruolo importante a Tariq Ramadan (classe 1962), un eminente intellettuale islamista. Ad esempio, la polizia metropolitana di Londra ha finanziato in parte una conferenza che vedeva Ramadan come relatore e il premier Tony Blair lo ha ufficialmente invitato a prendere parte a "un gruppo di lavoro contro l'estremismo".

Mettere in campo un islamista poteva sembrare un'idea intelligente e originale, ma non è stata né l'una e né l'altra. Da decenni i governi occidentali si alleano invano con gli islamisti. Anzi, per meglio dire, si sono alleati con la stessa famiglia di Ramadan. Dwight Eisenhower che riceve una delegazione di musulmani. Said Ramadan, in piedi a destra, tiene dei giornali tra le mani.

Nel 1953, Dwight D. Eisenhower ha ricevuto un gruppo di musulmani provenienti dall'estero di cui faceva parte Said Ramadan (1926-95), leader di quella che si potrebbe considerare l'organizzazione islamista più influente del XX secolo – il movimento ferocemente anti-occidentale dei Fratelli musulmani – nonché padre di Tariq. L'incontro fra Eisenhower e Ramadan ha avuto luogo nell'ambito dei prolungati tentativi da parte del governo americano di radunare i musulmani contro il comunismo sovietico, in parte mettendo Said Ramadan sul libro paga della Cia. Talcott Seelve, un diplomatico americano che lo ha incontrato all'epoca spiega: "Consideravamo l'islam un contrappeso al comunismo".

Poi c'è stato Hasan al-Banna (1906-49), nonno di Tariq, fondatore dei Fratelli musulmani e beneficiario di finanziamenti da parte dei nazisti. Alla fine degli anni Quaranta i diplomatici americani al Cairo avevano "regolari incontri" con lui, lo trovavano "del tutto empatico" e consideravano la sua organizzazione una forza "moderata" e perfino "positiva". A quanto pare, gli inglesi hanno offerto del denaro ad al-Banna. In altre parole, i governi occidentali hanno un passato che ignora la ributtante ideologia degli islamisti, e lavorando con questi ultimi, li hanno perfino rafforzati.

In una magnifica opera di indagine storica e investigativa, Ian Johnson, un giornalista vincitore di un Premio Pulitzer ai tempi in cui lavorava per il Wall Street Journal, rivela nuovi colpi di scena e svolte di questo dramma nel suo volume fresco di stampa dal titolo A Mosque in Munich: Nazis, the CIA, and the Rise of the Muslim Brotherhood in the West (Houghton Mifflin Harcourt, $27). Johnson inizia col passare in rassegna i sistematici tentativi da parte dei nazisti di reclutare i musulmani sovietici in mezzo ai loro prigionieri di guerra. Parecchi musulmani detestavano Stalin, 150-300.000 di essi hanno combattuto per le potenze dell'Asse nella Seconda guerra mondiale. In altre parole, senza tener conto del loro infruttuoso tentativo di propaganda rivolto agli arabi, i nazisti in realtà hanno messo in campo una vera e propria forza composta principalmente da musulmani turchi sotto la leadership di un fanatico nazista qual era Gerhard von Mende.

L'autore segue l'operato di Mende, dopo la sconfitta tedesca del 1945, mentre lo studioso continuava la sua attività anti-comunista con gli ex-musulmani sovietici, in seno al contesto della Guerra fredda. Ma questa rete di ex-soldati non si è dimostrata capace di conseguire l'obiettivo di destare l'ostilità musulmana contro l'Unione Sovietica. Il loro intellettuale di spicco, ad esempio, era l'imam di una divisione delle SS che contribuì a sopprimere la rivolta di Varsavia del 1944. Gli islamisti si sono prontamente dimostrati assai più capaci in questa sfida politica e religiosa. Johnson spiega che essi "indossano giacca e cravatta, sono in possesso di diplomi di laurea e possono formulare le loro richieste nei modi che un politico riesce a comprendere".

Il fulcro di questo affascinante studio sta nel tracciare l'evoluzione, per lo più a Monaco, da vecchi soldati a nuovi islamisti. È una classica storia di intrighi avvenuti negli Cinquanta, completa di nazisti riabilitati, di organizzazioni di copertura della Cia e di duellanti ambizioni sovietico-americane. Johnson mostra come gli americani, senza qualcuno che lo pianificasse, abbiano usurpato la rete di Mende per consegnarla a Said Ramadan. E l'autore arguisce che questo sollecito aiuto americano dato ai Fratelli musulmani ha offerto all'organizzazione i mezzi per stabilire una base islamista giusto in tempo per accogliere negli anni Settanta il flusso migratorio musulmano in Europa.

Pertanto, la dominazione islamista dei musulmani europei è stata agevolata da due attori occulti: i nazisti e gli americani. Le sue origini, che risalgono all'Operazione Barbarossa, rivelano l'abietto albero genealogico della forza islamista odierna. Hitler e i suoi criminali non potevano prevederlo, ma hanno contribuito a preparare la strada per l'Eurabia. Il sostegno americano agli islamisti induce Johnson a mettere in guardia contro la futilità di allearsi con i Fratelli musulmani e altri gruppi della sua stessa risma – come Tony Blair ancora una volta ha tentato recentemente di fare. Ma per quanto sia allettante, ciò danneggia immutabilmente l'Occidente. La lezione è semplice: essere a conoscenza della storia e non aiutare gli islamisti.

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