martedì 2 marzo 2010

Oltre l'italia

Agli immigrati fate sapere che fuori dall’Italia è peggio di Francesco Forte

Lo sciopero degli immigrati che si è svolto ieri è una manifestazione priva non solo di obiettivi sindacali ma anche di ogni altro obiettivo concreto. È in sostanza una manifestazione pre elettorale. Che fa parte del sistema di agitazioni e di furberie messo in atto dalla sinistra per cercare di supplire alla sua mancanza di voti. Non a caso hanno aderito a questo sciopero il Pd, Rifondazione comunista, l’Arci, i Cobas, i soliti fruppettari della sinistra movimentista, l’Onda. Il colore ufficiale è il giallo, un brutto colore per un sindacato, perché è quello che una volta usavano i sindacati crumiri. Ma il loro vero colore è il rosso post-comunista e comunista. L’obbiettivo dello sciopero è di dire «no al razzismo» e di «chieder agli italiani una migliore convivenza». Una persona normale penserebbe che gli scioperi si facciano contro qualcuno, per chiedergli qualcosa di oggettivo. Lo sciopero, quello genuino, in effetti si fa contro il datore di lavoro, per il rinnovo del contratto, per l’aumento di paga, le condizioni di lavoro e così via. Poi la cosa è andata degenerando e si sono fatti gli scioperi politici contro le leggi del governo, per chiedere maggiori pensioni o altri benefici. Ma uno sciopero contro gli italiani nel complesso non lo si era mai visto. E anche la richiesta agli italiani come un tutto unico è singolare. Ci si accusa complessivamente di razzismo. Una accusa che non ci meritiamo. I 56 milioni di cittadini italiani, nel giro di pochi anni, hanno accolto i 4 milioni di stranieri regolari in modo civile ed umano. E ci sono anche uno-due milioni di clandestini che campano in Italia. Le manifestazioni di insofferenza, quando ci sono, riguardano i malfattori, i «viados» maschi e femmine, i clandestini in accampamenti abusivi che creano disordine pubblico, non le famiglie dei lavoratori immigrati e gli studenti stranieri. I datori di lavoro, la cui fabbrica viene fermata per qualche ora, per questo sciopero, come la Ducati di Bologna, han tutto il diritto di dire che si tratta di una azione insensata. L’azienda riceve un danno del tutto gratuito, per contestazioni che non la riguardano. Aggiungo che invece che scioperare perché gli italiani non li trattano abbastanza bene, gli immigrati farebbero bene a ringraziare il cielo di avere trovato lavoro in Italia. Qui da noi gli immigrati hanno diritto alla assistenza sanitaria gratuita completa, allo stesso modo degli italiani. Ed essa viene prestata anche ai clandestini con una discutibile interpretazione della legge. Gli immigrati hanno diritto a frequentare le scuole dell’obbligo italiane ove non consta che siano in alcun modo discriminati o ghettizzati. Il ministro Gelmini, anzi, si è preoccupato di fare in modo che le classi abbiano una composizione equilibrata fra italiani e stranieri, per evitare tale effetto. E a quanto risulta, non viene neppure chiesto ai bambini se sono figli di immigrati regolari o clandestini. Non risulta che gli immigrati che usano i mezzi pubblici subiscano discriminazioni. Gli immigrati hanno difficoltà a trovare alloggio nelle grandi e medie città. I clandestini non hanno però diritto di lamentarsene. Per gli immigrati regolari, va osservato che il problema del caro alloggio non lo hanno solo loro, lo hanno anche gli italiani, che vivono nelle città di maggiore dimensione. Così molti fanno i pendolari. E se qualcuno degli immigrati ha un disagio, come pendolare, saprà che tutti i pendolari spesso hanno disagi. L’Italia sessanta anni fa era un Paese povero, faceva parte di quelli meno sviluppati, non solo per il Sud, anche per tutto il resto della nazione, tranne il triangolo Nord-Occidentale. Le donne venete facevano le cameriere (ora si dice colf) a Milano e Torino, i maschi erano immigrati nell’edilizia. Ora il Veneto è ricco, ma si è fatto da sé. Ha diritto a chiedere che ciascuno, che qui va a stare, faccia la sua parte. L’Italia è un Paese industriale giovane con molti problemi, come tutte le nazioni cresciute rapidamente. Ma in Italia la grande crisi non ha dato luogo a licenziamenti in massa, il tasso di disoccupazione è aumentato solo di un punto e mezzo, passando all’8,6 per cento, ossia 334mila persone in più rispetto a gennaio 2009, contro una media europea del 9,9 per cento. Il sistema ha tenuto e tiene, perché il governo ha messo in atto il massimo di ammortizzatori sociali, la politica economica è stata prudente, le imprese si sono date da fare. I due milioni di lavoratori stranieri che lavorano in Italia hanno condiviso questa vicenda positiva. In generale i lavoratori in Italia perciò si sono stretti attorno alle loro aziende, hanno capito che questo non è il momento delle agitazioni, ma del massimo impegno per difendere il posto di lavoro tutti assieme, lavorando, non manifestando. Volete un consiglio? Buttate le uova marce da un’altra parte.

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