giovedì 3 settembre 2009

Franco Frattini

L’intervista Il ministro degli Esteri: ho telefonato al direttore di Avvenire il primo giorno. Ma il premier non è il mandante dell’attacco. «Alla Lega né Lombardia né Veneto. Sul fine vita no a leggi da Stato etico». Frattini: voto agli immigrati? Sto con Fini, chi paga le tasse sia rappresentato

Ministro Frattini, al di là delle espres­sioni diplomatiche sui «rapporti eccellen­ti», come sono davvero le relazioni tra go­verno e Vaticano, e tra governo e Chiesa italiana? «Nella sostanza, c’è una costante condi­visione di valori tra il governo di centrode­stra e la Santa Sede: vita, famiglia, equili­brio tra rigore e accoglienza sull’immigra­zione. Io stesso mi sono sentito costretto a intervenire, quando la Lega è passata da un eccesso all’altro: prima espressioni fuo­ri luogo, come quelle sugli 'esponenti reli­giosi cattocomunisti che hanno perso il cat­to e restano comunisti'; poi la rivendicazio­ne di essere 'custode dei valori cristiani'. Fu il governo Berlusconi, con me alla Far­nesina, a battersi per inserire nella Costitu­zione europea le radici cristiane. Non mi sento di non essere garante e custode delle radici cristiane, almeno quanto la Lega».
Sull’attacco a Boffo che idea si è fatto? «Ho telefonato al direttore di Avvenire il giorno stesso. Il rispetto per la privacy e la dignità deve valere per tutti, anche per i personaggi pubblici. Respingo però le stru­mentalizzazioni politiche della sinistra, che usa la vicenda co­me se Berlusconi ne fosse il mandante. In­vece il presidente ha spiegato in pubblico, e in privato, di non aver incoraggiato e neppu­re parlato con Feltri».
Resta una tensione innegabile. «Ma prima il diretto­re dell’ Osservatore Ro­mano e poi il cardinal Bertone hanno ribadi­to la sintonia tra il go­verno e la Santa Sede. Quanto alla possibili­tà che all’interno del sistema dei poteri va­ticani si sia aperto un contrasto, se il Santo Padre dice che questo non è, non è».
Ora si teme che la maggioranza, per re­cuperare i rapporti con il Vaticano, sia ar­rendevole sui temi dell’autunno, dalla legge sul fine vita alla scuola privata. «Comprendo questa preoccupazione. È necessario darle risposta, discutendo nelle sedi in cui il Pdl discute. Il vicepresidente dei senatori, Quagliariello, in queste ore af­fronta il tema dei valori con monsignor Fi­sichella. La prossima settimana, al semina­rio del Pdl a Gubbio, mi farò portatore di un’iniziativa. Berlusconi ci ha lasciato liber­tà di coscienza. Il Pdl colga l’occasione per elaborare le sue idee, avanzare le sue pro­poste, come ha fatto la Lega sui dialetti. Parliamo anche noi al nostro elettorato, ali­mentiamo il dibattito politico. In questo modo il partito rafforzerebbe il governo».
Fini tenterà di cambiare la legge sul fi­ne vita approvata dal Senato. Lei che ne pensa? «Penso che il testo del Senato possa esse­re migliorato. Io sono per la tutela della vi­ta senza se e senza ma. Ma lo stesso risulta­to può essere raggiunto ripulendo aspetti normativistici e procedurali. Una tema co­sì delicato come la vita e la morte non può essere affidato per intero allo Stato. Uno dei valori dell’insegnamento della Chiesa è la rilevanza della società. Credo sia possibi­le depotenziare alcuni aspetti statualistici della legge».
Sino a rimuovere il divieto di sospende­re l’idratazione? «Nella sostanza, non ho dubbi che ac­qua e cibo non siano una cura, ma un mo­do per dare la vita. Una cosa però è la so­stanza, un’altra la regolazione delle forme e delle procedure: stabilire con una legge come si debba fare evoca lo Stato etico e mi lascia qualche perplessità. È proprio quest’allergia alla statualità e all’iperregola­zione a spiegare che uomini come Sacconi e come me, di cultura riformista, siano sen­sibili a queste istanze più di uomini che vengono dalla Dc».
E sui finanziamenti alle scuole priva­te? «L’anno scorso la Gelmini si batté come una leonessa, ma si fece poco e tardi; per Tremonti la blindatura dei conti era la prio­rità. Quest’anno credo che il sacrificio fi­nanziario vada tentato».
Dalla Dc viene Rotondi, che con Bru­netta propone di riconoscere i diritti del­le coppie di fatto. Un binario morto della legislatura? «Credo di sì. Perché verrebbe colorito con un segno anticristiano e anti-Santa Se­de, e come tale cavalcato a torto dai laici­sti. Piuttosto reagiamo con più forza, come facciamo con gli scafisti, agli attacchi con­tro gli omosessuali. Stabiliamo un’aggra­vante per i delitti a fini omofobici, dai pe­tardi alle coltellate. Se aggredisco qualcu­no perché gay sarò punito più severamen­te» .
Fini è isolato dentro il Pdl? «Fini non si è isolato. Rivendica il ruolo di presidente della Camera. Il suo predeces­sore Bertinotti ha fatto molto di peggio. Fi­ni e la sua fondazione Farefuturo arricchi­scono il dibattito nel Pdl. Ricordiamoci che, quando infuriava il gossip contro Ber­lusconi, Fini reagì con lealtà».
È d’accordo sul voto amministrativo agli immigrati? «Chi paga le tasse, chi parla l’italiano, chi rispetta la Costituzione e la bandiera, deve avere il diritto di rappresentanza. Notaxation without representation ; come possiamo riscuotere tasse, se non ricono­sciamo a chi le paga il diritto di essere rap­presentato? Il Pdl deve lavorare in modo or­ganico su un’integrazione non solo securi­taria. Purtroppo, temo che se oggi sottopo­nessimo a un esame la conoscenza della lingua e della Costituzione degli extraco­munitari che sono in Italia anche da più di cinque anni, non molti lo passerebbero. Ma se ci sono uomini e donne che amano l’Italia, perché dobbiamo considerarli stra­nieri? Con tutti gli italiani che non amano il loro Paese...».
A chi si riferisce? «A chi, per attaccare il capo del governo, infanga l’Italia all’estero presentandola co­me un Paese di corrotti e offuscatori della libertà di espressione».
Neppure la Lega ha dato grandi prove di patriottismo. «La Lega è sempre stata un alleato fede­le. Magari alza la voce, ma poi vota con il governo; è accaduto anche sulla missione in Afghanistan. Se poi la Lega si cala nel ter­ritorio, monta i gazebo, va davanti alle scuole e ai cancelli delle fabbriche, noi non dobbiamo criticarla, ma accettare la sfida».
Tra sette mesi si vota: la Lega chiede tre Regioni. «Ha titolo negoziale per rivendicarle. Ma non può avere la Lombardia, dove For­migoni come coprotagonista della vittoria per l’Expo 2015 non potrà essere estromes­so. Né il Veneto, dove la Lega è già talmen­te rappresentata in Province e Comuni che non vale la pena vanificare l’accordo con l’Udc, che si può fare su Galan. Il Piemonte è un altro discorso».
Il rilancio del Pdl passa anche dal coor­dinatoreunico? «Il triumvirato è nel nostro statuto, ma come soluzione provvisoria. Ha funziona­to per evitare una fusione a freddo. Però va considerato appunto una soluzione provvi­soria» .
Meno peggio Bersani o Franceschini? «Ho una certa considerazione personale per Bersani, che ha commesso gravi errori politici, ma ha un’immagine. Franceschini non ha fatto altro che cavalcare l’antiberlu­sconismo più estremo».
I giornali riferiscono voci su D’Alema «mister Pesc», in pratica ministro degli Esteri dell’Unione europea. «Una cosa che non sta né in cielo né in terra. E credo che D’Alema lo sappia».
Marcello Dell’Utri, in un’intervista a Paola Di Caro del «Corriere», ha riferito che Berlusconi la predilige perché «a Frattini dici una cosa il mattino, e la sera l’ha fatta». Lo accolse come un compli­mento? «Fui felice di leggerlo. Se la persona con cui collaboro mi dice di fare una cosa, la faccio. Se ritengo vada fatta in modo diver­so, lo dico».
E Berlusconi accetta di essere contrad­detto? «Se gli spiego il motivo, sì. Io non sono nel gruppo della prima ora: Berlusconi mi trovò a Palazzo Chigi, dove avevo lavorato con Ciampi. All’evidenza, Berlusconi si è trovato bene, e io pure. Anche se gli do an­cora del lei».

Aldo Cazzullo

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