domenica 4 marzo 2012

La casta e le banche


Tutti allineati e coperti. La bagarre sull’emendamento antibanche e la pagliacciata dell’Abi con le incomprensibili dimissioni (a proposito: chi avrebbero voluto danneggiare i banchieri?) restituiscono un’amara verità: non solo il Governo di Mario Monti, pure il Parlamento è dalla parte dei cosiddetti poteri forti. La norma proposta dal Pd nel decreto liberalizzazioni - volta a spazzare via le commissioni su fidi e sconfinamenti - è forse tecnicamente sbagliata: può cagionare effetti pericolosi e mettere in discussione linee di credito da decine di miliardi di euro. Un incidente di percorso, insomma, che (salvo sorprese) verrà corretto. Di là dalla disquisizione in punto di diritto, c’è però un altro aspetto su cui puntare i riflettori. L’immagine della Casta che corre a mettersi in ginocchio dai banchieri è la rappresentazione plastica dello sfascio istituzionale e politico del nostro Paese. Il sospetto c’era stato subito. Giovedì, pochi minuti dopo lo strappo dei vertici dell’Assobancaria, parecchi big dei partiti si sono messi a disposizione dell’industria finanziaria. Financo la Confindustria si è schierata contro lo stop alle commissioni sul credito. Si è piano piano formato un inedito fronte compatto a sostegno delle banche, dunque. Ieri è arrivata un’ulteriore conferma. Da Maurizio Gasparri (Pdl) a Pierferdinando Casini (Udc) ed Enrico Letta (Pd), tutti pronti a rispettare le consegne. L’ex aennino se l’è presa col centro sinistra parlando di «confusione che non può essere occultata da bugie». Secondo il numero uno Udc la norma «è una follia allo stato puro che rischia di bloccare» il canale dei prestiti.

Il fatto che il suocero di Casini, Francesco Gaetano Caltagirone, sia un imprenditore assai attivo nel settore bancario con partecipazioni di peso in Mps e Unicredit, è certamente irrilevante. Del resto, un altro esponente Udc ha sposato la linea del leader del partito. Lorenzo Cesa si è persino preoccupato di indicare la strada per correggere il tiro: un «emendamento nel dl semplificazioni». Per il Pd, dopo che giovedì avevano preso posizione Pierluigi Bersani e Annamaria Finocchiaro, ieri è intervenuto Letta, chiedendo a Monti di «scendere in campo».

Dall’altra parte della barricata sono rimaste Lega e Italia dei valori. Il Carroccio non rinuncia a criticare le banche: «Dovrebbero impegnarsi con le pmi» ha dichiarato Maurizio Fugatti. Per Antonio Di Pietro (Idv) è stato fatto «troppo poco» per smuovere le acque nel settore. Tante rassicurazioni, quindi, e poche, isolate punzecchiate. Il premier Monti, da Bruxelles, ha cercato di mostrare i muscoli: «Così c’è più concorrenza». Fatto sta che il risultato, dal punto di vista degli istituti, non è ancora stato portato a casa. Di qui il piano B esccogitato dall’Abi, che sta valutando ricorsi sia in Italia sia in sede Ue. Nel primo caso, secondo quanto risulta a Libero, l’ipotesi è bussare alla Corte costituzionale: «I ricorsi verrebbero proposti in relazione agli articoli 41 e 47» della Legge fondamentale dello Stato, speiga una fonte vicina al dossier. Si tratta delle norme che tutelano «l’iniziativa economica privata» e che garantiscono «l’esercizio del credito». Principi che sarebbero calpestati dal contestato articolo 27 bis del decreto liberalizzazioni. L’altra ipotesi è il ricorso alla Corte di giustizia Ue per una «palese violazione delle direttive europee».

E mentre i legali delle banche mettono a punto la strategia difensiva e gli sherpa di palazzo Altieri tengono sotto controllo i lavori parlamentari, c’è da registare la strigliata di Bankitalia che ieri ha invitato i big del credito a tagliare utili degli azionisti e superstipendi dei top manager. Tutto questo a poche ore dall’accordo tra la Cassa depositi e prestiti e la stessa Abi per favorire lo sblocco di 2 miliardi di crediti della Pa per le imprese. Segnali negativi, invece, sono arrivati da Francoforte. Stiamo parlando dei cosiddetti depositi overnight della Bce: ieri sono volati a 776,9 miliardi, livello mai raggiunto nei 13 anni di storia dell’Eurotower. Una cifra molto vicina ai circa 850 miliardi di liquidità in eccesso stimata per il sistema bancario dell’Eurozona, che ha fatto gridare alcuni allo scandalo, come Adusbef e Federconsumatori. In effetti la montagna di quattrini prestata dalla Banca centrale all’1% per ora resta parcheggiata nel salvadanio ipersicuro di Francoforte. Così il denaro non finisce nel circuito interbancario e il credito annaspa. È un po’ come mettere i soldi sotto il materasso e dormire sonni tranquilli. Ecco perché sarebbe il caso di far suonare la sveglia allo sportello.

di Francesco De Dominicis

3 commenti:

samuela ha detto...

Ah beh.


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Dalla mia banca continuano a rompere i cosiddetti per farmi investire. I MIEI soldi che IO ho guadagnato e risparmiato. Anche io NON sono un servizio pubblico, non me ne frega un accidenti se sono nella merda e se continuano così li spendo tutti, tanto prima o poi me li fotteranno loro.

Eleonora ha detto...

Copio e incollo solo il titolo dell'articolo sul corriere: «Non siamo un servizio pubblico
Le banche devono guadagnare».

Si, ci devono guadagnare... e ci guadagnano, hai voglia se ci guadagnano.

Bhe? Non ho proprio capito 'sta cosa che continuano a chiederti di investire. Saranno pure cazzi tuoi di quel che ci fai coi tuoi soldi. Se non ti serve investire, non investi, checcazzo. Mò decidono pure loro quel che deve fare il cliente? Anzi, ti dovrebbero ringraziare che i tuoi soldi li tieni ancora lì. Io non so se tutte le banche sono come la tua. Io ho una banca piccolissima e il direttore non pretende proprio niente. Sarà perchè se gli scappano i clienti, rischia la chiusura? E allora non forza proprio.

samuela ha detto...

Penso ci sia una marea di gente con il conto in rosso e come sempre se la prendono con chi ha qualcosa. C'è gente che ha le pezze al culo per cause non sue ma altri che frignano miseria e cambiano macchina ogni sei mesi, io tengo la tengo la testa sott'acqua per comprare una casa che forse non arriverà mai, e mi sento pure in colpa quando spendo per me! Bah, va tutto al contrario.