giovedì 29 marzo 2012

Il pedagogo spocchioso

E quanto vorrei vederlo tornarsene a casa con la coda tra le gambe a causa del fallimento totale del suo progetto di educare gli italiani...


Il governo Monti rappresenta un'idea italiana e profondamente liberal: il mito del riformista rivoluzionario. Si tratta della fattispecie politica meno conservatrice che si possa immaginare. Il riformista rivoluzionario è un intellettuale (nel senso più vario e ampio del termine: dall'uomo di cultura all'uomo politico, incluso l'uomo di chiesa) che si sente autorizzato a collocare la propria visione del mondo fuori dalla storia e ad imporla agli altri come verità assoluta.

Se, da un lato, il riformista rivoluzionario potrebbe prendere il volto progressista del nuovo costruttivismo antropologico (fare un'umanità nuova, questa volta senza l'aiuto dello strumento totalitario, ma solo attraverso un programma biopolitico che sostituisce il diritto con l'arbitrio dei desideri); dall'altro esso assume l'aspetto sottile del tecnico, dell'ingegnere sociale, che vuole mutare il modello economico e politico a priori, seguendo un progetto prestabilito e - per la gran parte - ideologico. Nessun governo degli ultimi anni - neppure i famigerati governi Amato o Ciampi - ha mai avuto un profilo tanto chiaramente riformista e rivoluzionario come quello di Monti. Ne è dimostrazione il modo in cui certi osservatori esteri plaudono al suo operato: secondo il WSJ, per esempio, Mario Monti dovrebbe riuscire nell'impresa suprema di educare gli italiani. Ora, lasciando stare il fatto - spesso assai dimenticato - che lo spirito italiano non ha bisogno di maestri (li ha, e molti, già nella sua storia: San Francesco, Dante, Parini, i due Spaventa, Croce...), nella frase degli amici americani si tradisce un retropensiero abnorme e orrendo. Quale? L'idea infausta secondo la quale il gran tecnico dovrebbe educare i popoli, portarli alla forma desiderata (dal grande mainstream internazionale) e poi godere del trionfo ottenuto grazie all'eternità conferita da qualche copertina patinata stampata oltre Atlantico.

Si tratta, appunto, del mito del riformista rivoluzionario, che è in fondo il nemico vero del liberale classico (quello, per intenderci, che non pensa che la libertà esista per cambiare tutto, ma solo per esercitarsi nell'ambito di valori e condizioni condivise). Il drammatico vuoto di politica e rappresentatività, ma anche di conflitto tra interessi opposti, nel quale il sistema italiano si è affossato, è in fondo il sogno ultimo di ogni riformista rivoluzionario: in questo contesto si ha la possibilità di agire dall'esterno (nel senso più figurato del termine), per imporre a una comunità quel che in altre circostanze essa non avrebbe mai accettato. In concreto, sotto ogni punto di vista, il governo Monti sta effettuando una rivoluzione che proviene dall'esterno: dall'esterno della politica, del consenso, delle tradizioni italiane, del nostro modello di sviluppo. Lo sta facendo con tutti i caratteri del dirigismo rivoluzionario e giacobino, mettendo in campo provvedimenti mirati a colpire (cioè a ridurre nei termini del progetto costruttivista di una nuova Italia) tutte le categorie sociali. Nessuno più di Monti, con quel suo modo di fare trafelato, i suoi discorsi appiccicosi, in cui emerge un disprezzo costante dell'Italia che c'è, rappresenta la furia intellettuale di chi ha guardato sempre al proprio paese dall'alto verso il basso, come una tribù da rendere civile. Civile, l'Italia lo era già, anche senza il professor Monti e i suoi capitolari riformisti; libera, purtroppo, lo è sempre di meno, anche a causa delle sua pedagogia rivoluzionaria.

1 commenti:

Nico ha detto...

Ma che bel pezzo! Lo linko da me.
Appunto: ci guarda con disprezzo e ci vuole educare!!! Manco fossimo nella Cina di Mao o nella Corea del Nord e via dicendo! E meno male che lo venerano come liberale! Ciechi che non sono altro! Liberale chi non ha rispetto delle persone e prova disprezzo per la propria Terra?