Antonio Martone ha deciso. Si dimette dall'incarico di presidente della Civit, l'authority che dovrebbe valutare le pubbliche amministrazioni nonché vigilare sulla integrità e la trasparenza della burocrazia. E forse, in futuro, combattere la corruzione. Dice che se ne va «per evitare strumentalizzazioni» contro la stessa Civit. Ma pure contro suo figlio Michel Martone.
domenica 11 marzo 2012
Cuore di padre
Antonio Martone ha deciso. Si dimette dall'incarico di presidente della Civit, l'authority che dovrebbe valutare le pubbliche amministrazioni nonché vigilare sulla integrità e la trasparenza della burocrazia. E forse, in futuro, combattere la corruzione. Dice che se ne va «per evitare strumentalizzazioni» contro la stessa Civit. Ma pure contro suo figlio Michel Martone.
Da dove viene «Michel»? «Mia moglie è francese e lui è nato a Nizza. Se all'anagrafe l'avessi registrato come Michele, così si chiamava mio padre, in Francia gli avrei dato un nome da donna. Ecco perché Michel».
Ora è viceministro del Lavoro. «Esatto».
E il padre si fa da parte per alleggerire la pressione su di lui. «Mi dimetto dalla presidenza, ma resto nella commissione».
Il gran giorno? «Martedì prossimo. Mercoledì dovrebbe concludersi la discussione sulla legge anticorruzione, che secondo il testo uscito dal Senato affida alla Civit un compito centrale».
Un momento simbolico. «Il momento più adatto».
Non c'entrano niente tutte le storie nelle quali è stato tirato in ballo, a cominciare dalla vicenda della P3? «Ho dovuto leggere che per quella inchiesta sarei stato tra gli indagati, ed è assolutamente falso: sono stato ascoltato il 3 agosto del 2010 come persona informata sui fatti, poi più nulla. Mi hanno qualificato come frequentatore dello studio di Cesare Previti, che ho incontrato per caso 12 anni fa. Mi sono stati affibbiati rapporti con Luigi Bisignani, che non conosco...».
Una persecuzione. Il suo blog è una lista interminabile di smentite. «Credo che molte di queste uscite siano dirette a colpire mio figlio. Forse c'entra pure l'invidia, chissà... Un giornale ha perfino scritto che la Civit gli avrebbe assegnato una consulenza retribuita. Ho smentito, e loro che hanno fatto? L'hanno ribadito».
La stessa consulenza che suo figlio aveva avuto dall'ex ministro Renato Brunetta, il quale poi ha nominato lei alla Civit? Ricorda quante polemiche? «Altra sciocchezza. Michel è stato consulente del ministero sei mesi prima che si parlasse anche solo lontanamente della mia nomina».
Adesso ci dirà che non conosce Brunetta. «Lo conosco eccome. Siamo amici dai tempi in cui eravamo insieme al Cnel».
E non le disse niente di quella consulenza? «Lo seppi da Michel. Capiamoci: lui è un uomo, all'epoca aveva 36 anni. E sa quanto gli dava Brunetta?».
Quanto? «Milletrecento euro al mese».
A cui si aggiungeva lo stipendio da professore universitario. «È ordinario da quando aveva 29 anni».
Lo sappiamo. Ci sono state polemiche anche a proposito di quel concorso. Lei che dice? «L'ennesima strumentalizzazione. Mi si stanno attribuendo poteri che non ho mai avuto. Crede davvero che io sia come quei baroni che si portano appresso i figli?». Michel Martone insegna diritto del lavoro alla Luiss, come ha fatto anche lei per 13 anni: ho controllato. «Era un'altra era geologica. Sono uscito dalla Luiss che Michel aveva 14 anni. Mio figlio è andato via di casa a 23 anni e ha sempre lavorato. Scrive libri, è apprezzato da tutti». Perciò non è uno di quegli «sfigati», parole del viceministro, che non lavorano e a 28 anni ancora fanno finta di studiare? Ma sono sfigati? «Se fosse un imprenditore privato, lo assumerebbe uno che fra i 18 e i 28 anni è stato parcheggiato all'Università senza fare altro? Detto questo, mi sono stufato di leggermi sui giornali come il padre di quello che ha detto "sfigati". Non è giusto per lui né per me. Vorrei che finissero tutte le strumentalizzazioni. E per questo lascio il posto. Aggiungo che dei quattro componenti della Civit che mi avevano eletto, tre se ne sono andati. Mi pare giusto che i nuovi facciano la loro scelta».
Scelta alla quale, va spiegato, contribuirà anche lei, dato che resta commissario. Il più giovane di quei tre, Pietro Micheli, se ne andò sbattendo la porta. Fece capire che la Civit era inutile. Vaneggiava? «Non facciamo un lavoro facile: non creda che nelle pubbliche amministrazioni siano tutti felici di essere valutati. Per di più i componenti avevano provenienze diverse, con difficoltà di amalgama. Poi è stata bloccata la contrattazione, Luisa Torchia si è dimessa, si è dimesso anche Filippo Patroni Griffi (che come ministro ora designerà il suo rimpiazzo, ndr )...».
Un calvario! «Nelle authority, mi hanno detto illustri colleghi, all'inizio succede».
Lei non era già stato per anni presidente di un'altra authority, quella sugli scioperi? «Certo. Ma non ero fuori ruolo, tengo a precisare».
Come? «Dico che quell'incarico l'ho svolto continuando a fare il giudice. Avevo il record delle udienze».
Era presidente di un'authority e contemporaneamente giudicava? «Il Csm mi aveva regolarmente autorizzato».
Capisco: intende dire che non faceva come quasi tutti i suoi colleghi magistrati con altri incarichi, che mettendosi fuori ruolo beccano due stipendi per fare un solo lavoro. Sono solo curioso di sapere come conciliasse i due mestieri. «Non ero alla sezione lavoro, tutto qui. L'unica volta che sono andato fuori ruolo è stato con l'incarico alla Civit».
La Civit dovrebbe vigilare anche sulla trasparenza. Le sembra normale che qui non si possa sapere quanto intascano i più alti burocrati dello Stato? «Abbiamo sollecitato le amministrazioni a mettere tutto online. Anzi, abbiamo anche predisposto il modello tecnico. Una volta verificato che non tutte si erano adeguate, sono state dettate nuove disposizioni, precisando che si dovevano pubblicizzare i trattamenti onnicomprensivi».
Non l'ha fatto quasi nessuno, garantisco. «Il fatto è che non abbiamo strumenti per verificare».
Controllate sui siti. «Non ci sono i dati degli incarichi extra, quello è il problema».
Possibile che non ci sia la possibilità di sanzionare chi li tiene nascosti? «Ci siamo riservati di segnalare alla Funzione pubblica le negligenze. Ma non creda che non abbiamo fatto presente la necessità di avere più poteri. È vero che c'è stato il problema di rilevare il trattamento complessivo di certi soggetti, ma ora il 90% del problema è superato...».
Ne è certo? Sappiamo tutto dello stipendio del più piccolo dirigente di seconda fascia mentre la vera retribuzione del braccio destro del ministro è segreta. Per esempio: nel sito dell'Economia non c'è il trattamento economico del capo di gabinetto Vincenzo Fortunato. «Purtroppo posso soltanto sollecitare, e ho scritto a Monti. Il fatto è che le nostre disposizioni sulla trasparenza si applicano a tutti, tranne che a Palazzo Chigi e al ministero dell'Economia. Per loro serve un altro decreto».
E dove sta? «Non c'è ancora».
Da quanto? «Sette, otto mesi».
Ah.
Sergio Rizzo
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
0 commenti:
Posta un commento