mercoledì 14 marzo 2012

Il governo che conta (solo spread e tasse)

Giuro, io non posso farci niente se con persone che affermano stronzate simili, rispondo facendo la stronza. E faccio un pò di pubblicità gratuita al maestrino dalla penna rossa che ha commentato così proprio oggi pomeriggio (parlando di Riccardi): "Io pure credo che Napolitano lo volesse perché voleva dare un forte segno di discontinuità con il governo precedente. Sicuramente anche Riccardi sarà criticabile ma rispetto ad alcuni atteggiamenti di qualche mese fa siamo comunque su un altro pianeta, almeno per quanto riguarda la statura morale, il livello culturale, e la sobrietà nei comportamenti (tanto sobrio che ci si scandalizza per la parola "schifo" mentre prima ascoltavamo gli insulti e gli appellativi più variegati)." Il commento intero sta proprio qui. E a me, la gente che mente sapendo di mentire, sta sulle balle da matti. Poi, che ognuno abbia la propria idea, non è in discussione... ma io, non riesco a ragionarci, mi rifiuto di accettare un governo piegato a 90° ai poteri forti, un governo che non fa altro che innalzare e introdurre nuove tasse e un governo che fa figure barbine coi suoi connazionali all'estero e soprattutto un governo che sta a montecitorio grazie al golpe del rosso napolitano e senza aver avuto nessun voto da noi cittadini italiani. Ma la sobrietà, la serietà, la statura morale e la cultura prima di tutto.

Terzi anti-italiano: assolve gli inglesi, scuse agli indiani. Il ministro prima giustifica il blitz britannico in cui è morto Lamolinara, quindi sui marò: "Siamo vicini alle famiglie dei pescatori"

Prima la difesa del blitz inglese in Nigeria che ha portato alla morte dell'ingegnere Franco Lamolinara ("Ci hanno avvisato in ritardo, ma non intenzionalmente né per paura"), quindi un pensiero per i pescatori indiani la cui morte ha inguaiato i due marò italiani in India: "Il nostro profondo cordoglio e solidarietà va anche alle famiglie dei due pescatori indiani, a cui siamo vicini. Abbiamo testimoniato la nostra vicinanza nei contatti con le autorità indiane e intendiamo farlo direttamente con loro non appena le tensioni e l'emotività del momento si saranno un pò attenuate". A parlare, in entrambi i casi, è il ministro degli Esteri Giulio Terzi, l'uomo finito nella bufera per la gestione di queste due crisi diplomatiche (oltre a quella della cooperante Rossella Urru, rapita nel Maghreb). Frasi di grande sensibilità e comprensione, probabilmente di finezza diplomatica per cercare di allentare la tensione e ottenere qualcosa. Ma anche un atteggiamento che qualcuno potrebbe, all'opposto, leggere come insensibilità nei confronti degli italiani che o hanno perso la vita (Lamolinara) o che rischiano di vederla distrutta (Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, in galera nel Kerala con l'accusa di duplice omicidio) e che, è sensazione diffusa, in queste settimane sono stati abbandonati un po' a loro stessi dalle autorità nazionali e dal governo di Terzi. Più interessato agli equilibri politici e commerciali internazionali che ai singoli casi.

"Pochi uomini, pochi soldi" - Nel suo intervento alla Camera per riferire su blitz inglese in Nigeria e arresto dei due marò in India, il responsabile della Farnesina ha poi spiegato che "nulla come la grandissima dignità e il profondo senso dello Stato che ho riscontrato nei nostri militari nella guest house di Kochi, la sera del 28 febbraio, mi hanno confermato che quella è stata la scelta giusta". Di fronte alle critiche per la gestione dell'emergenza, Terzi ha reagito parlando dei tagli al personale del Ministero: "Le risorse della Farnesina sono in diminuzione più forte e rapida di quanto comunemente si ritenga anche da parte di osservatori informatori. La perdita del personale è stata superiore al 40% in soli 4 anni". "Negli ultimi 2 anni - ha precisato - il personale di ruolo è diminuito di circa 1.000 unità. Altre 1.300 unità, su un totale di 4.900 impiegati di ruolo, saranno perse nel 2012 e 2013 per effetto del blocco del turnover e per altri motivi". Le carenze organizzative, lascia intendere Terzi, sono dovute a questo: "L'Unità di crisi è attiva 24 ore al giorno: per svolgere bene questi compiti delicati e complessi occorrono stanziamenti adeguati. Dobbiamo quindi trovarli per garantire la sicurezza dei nostri connazionali nel mondo. Gli stanziamenti di bilancio sono però diminuiti da oltre 7,5 milioni di euro del 2006 a circa 5 milioni nel 2011, e le integrazioni attribuite al decreto missioni si sono ridotte da 15 milioni nel 2009 agli 11 attuali, di cui 10 assorbiti dalle missioni di protezione e scorta".


Chi avesse letto nelle vicende dei marò arrestati in India e dell’ostaggio italiano ucciso in Nigeria una qualche perdita di influenza della nostra diplomazia, ascoltando ieri l’intervento del ministro degli Esteri si sarà con ogni probabilità rafforzati nelle proprie convinzioni. Giulio Terzi di Sant’Agata prende la parola nell’Aula del Senato che sono quasi le cinque del pomeriggio. Premesso che «c’è forte volontà del governo di procedere in totale trasparenza per ricostruire le circostanze che hanno portato alla morte dell’ingegnere Franco Lamolinara in Nigeria», il ministro si premura subito di scagionare il governo inglese dall’accusa di avere tagliato fuori servizi ed esecutivo di Roma dalla gestione del blitz: il collega britannico William Hague ha assicurato, ha riferito il titolare della Farnesina, «la non intenzionalità della tardiva comunicazione» all’Italia del blitz in Nigeria, specificando che il ritardo non è stato dettato «dal timore che l’Italia potesse opporsi». Insomma, gli inglesi avranno anche fatto i propri comodi chiamandoci «alle 11 e 30» a blitz iniziato, ma non l’hanno fatto apposta.

Questione indiana. Esaurita la premessa, Terzi passa alla questione indiana. Detto che «fanno rabbrividire le immagini pubblicate su alcuni giornali locali indiani dei nostri due marò, additati irresponsabilmente come assassini», Terzi di Sant’Agata inizia a distribuire le colpe. Per primi, gli indiani: la nave Enrica Lexie su cui prestavano servizio i marò è infatti entrata nel porto di Kochi per «un sotterfugio della polizia locale, in particolare del centro di coordinamento della sicurezza in mare di Bombay, che aveva richiesto al comandante della Lexie di dirigersi nel porto di Kochi per contribuire al riconoscimento di alcuni sospetti pirati». La consegna dei marò, poi, «è avvenuta per effetto di evidenti, chiare azioni coercitive indiane» e nonostante «la ferma opposizione delle nostre autorità presenti». Non solo gli indiani, però. È colpa anche dell’armatore della Lexie, che «ha accolto la richiesta indiana di far entrare la nave in acque indiane autorizzando a deviare la rotta».

L'armatore. Non solo gli indiani e l’armatore, però. È colpa anche della Marina Militare, dato che «il comandante della squadra navale e del Centro operativo interforze della Difesa non avanzavano obiezioni» al rientro della Enrica Lexie a Kochi. Insomma, colpa di tutti fuorché del ministero degli Esteri. Davvero un peccato, considerando che secondo Terzi gli unici ad avere capito la gravità della situazione erano stati proprio gli uomini della Farnesina: una volta che la nave era entrata nel porto di Kochi, «ci siamo opposti» alla discesa a terra dei due marò. Solo che l’opposizione ha lasciato il tempo che ha trovato: la verità è che «da ministro degli Affari Esteri non avevo titolo, né autorità, né influenza per modificare la decisione del comandante della Enrica Lexie». «Pur tuttavia», ha aggiunto, «ho avuto subito la convinzione che fosse urgente affermare la nostra opposizione alla pretesa indiana ad avere diritto esclusivo ad avviare accertamenti, inchieste e interrogatori». Ci si potrebbe consolare pensando che, almeno, l’Europa ci dà una mano. Ieri mattina Monti ha incontrato l’alto rappresentante Ue per la politica estera, Catherine Ashton, dalla quale ha incassato la promessa di aiuto da parte di Bruxelles nella vicenda dei marò. L’entusiasmo è però durato assai poco, giusto il tempo per la Ashton di dare l’annuncio alla stampa mediante nota ufficiale. Dove c’è scritto, tra le altre cose, che va rivisto l’impianto legale che regola «l’ingaggio di guardie di sicurezza armate su navi che trasportano merci sensibili».

Dossier Italia-India. A quel punto arriva la nota di Monti che specificao che non di guardie private si tratta bensì di «personale delle Forze armate» e che di fatto interviene a correggere la collega. A quel punto gli uffici della Ashton mettono mano alla nota e ne producono la versione corretta, dove si parla di «vessel protection detachment» e dove si mostra di avere capito la differenza tra militare e contractor. Che meno che mai in questa situazione è questione di lana caprina: il diritto internazionale, a livello di immunità, distingue nettamente tra soldati ed operatori privati, e per questo motivo lo status di militari in servizio di Latorre e Girone è il cardine della linea difensiva italiana. Peccato che di questo dettaglio la Ashton, o chi per essa abbia gestito il dossier Italia-India, non pare avesse avuto lontanamente idea.

di Marco Gorra

1 commenti:

Nico ha detto...

A proposito di Riccardi:
http://www.notapolitica.it/liveblogging.aspx?id=5800

Magari si occupassero di cultura, questi: vorrebbe dire tutelare la nostra identità, cosa di cui non gliene può fregare di meno e per la quale infatti non stanno facendo niente. Solo banche e spread, e leccate di culo (con rispetto parlando) all Markel e a Cameron, che poi si vede come ci ripaga. Del resto: fatti pecora e il lupo ti si mangia.
Oggi, stando a casa causa ennesimo sciopero dei mezzi, ho avuto modo di seguire la discussione alla Camera mentre lavoravo al pc. Terzi è stato vergognoso. Ha ripetuto il discorso già fatto al Senato, cosa che gli è stata fatta notare da tutti già in aula. Del resto, questo è il rispetto per le istituzioni dei non eletti... E taccio del resto, che già ne hai parlato tu.