venerdì 2 marzo 2012
I Marò
I marò accusati di aver sparato a due pescatori hanno evitato per un soffio di finire dall’umana guest house della polizia alle ben peggiori galere indiane. Purtroppo è solo un rinvio, fino al 5 marzo. Non solo: sta trapelando la notizia che il calibro dei proiettili che hanno ucciso i due pescatori indiani sia lo stesso delle armi dei fucilieri di marina. E ieri è saltato fuori un altro incidente misterioso. Un mercantile sconosciuto ha speronato un’imbarcazione ammazzando due pescatori indiani nella stessa zona dove è avvenuto il sospetto attacco dei pirati al mercantile italiano difeso dai marò. In questo caso, però, la nave assassina si è volatilizzata. Ieri Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò agli arresti dal 20 febbraio, hanno rischiato di finire in galera. Non a caso una fotografia scattata nella mattinata li ritrae con gli zaini pieni in spalla che si dirigono verso il tribunale scortati dai poliziotti indiani. Evidentemente anche i marò temevano di venir trasferiti dalla guest house di Kochi al carcere. La corte ha deciso di prolungare il fermo di polizia fino a lunedì prossimo. Un quotidiano locale, il Deccan Chronicle, ha citato il direttore generale della polizia dello stato del Kerala, Jacob Punnoos, che non lascia spazio a dubbi. Secondo l’ufficiale la squadra speciale che indaga sul caso dei marò solleciterà l’applicazione del fermo giudiziario, ovvero la galera.
Un pugno nello stomaco legale degli indiani rimandato al 5 marzo. Non è stato l’unico tenendo conto che il giudice P.S. Gopinathan ci ha razzolato per bene in aula affermando che il ricorso per processare i marò in Italia presenta «seri difetti» che devono essere «sanati» prima di ottenere una risposta. Il magistrato ha messo in dubbio anche la firma sull’affidavit difensivo di uno dei marò. L’impressione è che il processo sia già scritto e che i due fucilieri di marina finiranno in carcere o addirittura condannati. Il sottosegretario agli Esteri, Staffan de Mistura, che rimane a Kochi, dove si trovano i marò e la petroliera italiana Enrica Lexie, ha parlato di giornata segnata da «alti e bassi», ma alla fine con buoni risultati. A parte il rinvio dell'incarcerazione sul lato delle perizie balistiche i carabinieri continuano a non avere il permesso di assistere all'intera procedura. La polizia ha fatto trapelare la notizia che il calibro dei proiettili mortali sarebbe di 5,56 mm, lo stesso delle armi dei marò. Prima avevano parlato di altri calibri, ma proprio dall’esame balistico dei proiettili, che gli indiani vogliono fare da soli, si può capire da quale specifica arma sono partiti. A patto che si tratti delle ogive estratte dai corpi delle vittime, mai visti dagli italiani, e che siano intatte.
La stessa polizia indiana, che aveva scortato il peschereccio colpito senza chiarire rotta e orari, ha in dotazione l’Insas, un fucile mitragliatore 5,56. Pure i militari dello Sri Lanka, che spesso sparano ai pescatori indiani per il controllo delle aree ittiche, hanno in dotazione il cinese T97 sempre 5,56 mm. La fetta di mare dove è avvenuto l’incidente con i marò è pericolosa e contesa. Ventidue indiani sono nelle galere dello Sri Lanka dopo essere stati catturati dalla marina con i loro 5 pescherecci. Guarda caso solo ieri è trapelata la notizia che nello stesso tratto di mare, dove i fucilieri del reggimento San Marco hanno sparato a sospetti pirati, è capitato un grave incidente. La barca indiana Dawn II è stata speronata da un mercantile provocando la morte di due pescatori, mentre altri sono dispersi. Michael, uno dei sopravvissuti, ha dichiarato: «Ci hanno urtato di proposito. L’impatto ha fatto rovesciare il peschereccio». Il mercantile si è dileguato e nonostante l’allarme gli indiani non sono riusciti ad identificarlo. Non si capisce bene se lo speronamento è avvenuto domenica scorsa, oppure mercoledì notte. In ogni caso non è scattata la «trappola» che ha incastrato i marò. De Mistura ha giustamente sottolineato il diverso comportamento del comandante di «questa nave-pirata in senso automobilistico» rispetto a quello della Enrica Lexie. «Non ci si può non soffermare - ha commentato il sottosegretario - sulla limpidezza delle procedure adottate dalla petroliera italiana che non ha avuto problemi a farsi localizzare e che in buona fede ha immediatamente accettato di tornare indietro, quando è stata contattata dalla Guardia costiera indiana».
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