giovedì 22 marzo 2012

Le Cei e la riforma del lavoro...

Un commento: "Mi arrendo. Non volevo crederci ma, dopo aver letto che il Presidente della Cei accoglie a braccia aperte l'art. 18 di ispirazione marxista-leninista; che persino i Vescovi, dunque il Vaticano, si sono arresi al pensiero (moderno?) di coloro per i quali "la religione è l' oppio dei popoli". Se ciò va bene a loro : così sia. A me non va bene per niente: che i lavoratori siano considerati MASSA informe, tutta uguale, e che gli imprenditori siano un branco di ladri sfruttatori. Preferisco che tutti i lavoratori vengano considerati persone dotate di un loro libero e autonomo pensiero, mai da massificare e da proletarizzare, ma da considerare in base al proprio valore e merito, non alla finta compassione dei potenti, anche se Vescovi. Preferisco che gli imprenditori vengano, con Calvino, considerati persone meritevoli in quanto rischiano i propri beni impiegandoli per la produzione di benessere, a vantaggio di tutti."



"La modalità con cui è ipotizzato il licenziamento economico potrebbe rivelarsi infausta". La Cei affida alle parole di monsignor Giancarlo Bregantini, capo-commissione per il Lavoro, il commento alla riforma sul lavoro in via di definizione. L'arcivescovo, dalle pagine di Famiglia Cristiana, fa presente il rischio di portare il Paese a "un clima di paura generalizzata", data dal fatto che "nemmeno il giudice" avrà il diritto di intervenire sulla questione dei licenziamenti legati a motivi economici. Bregantini si dice comunque felice del fatto "che i licenziamenti discriminatori vengano contemplati per tutti, anche nelle aziende con meno di 15 dipendenti", fattore che giudica assolutamente positivo, come lo è "anche la triplice distinzione dei licenziamenti in discriminatori, economici e disciplinari". Se Bregantini è piuttosto tiepido sulla riforma in materia di licenziamenti, è altrettanto critico nel ragionare sulle tempistiche dei lavori.

"Ci voleva un pò più di tempo per mettere in atto una riforma così importante", commenta, sottolineando come la fretta non fosse necessaria e come anche le parole del premier Monti, che ha definito chiusa la questione, siano state affrettate. E attacca: "Si poteva dire: la questione è posta, ora dialoghiamo, nelle fabbriche, negli uffici, in Parlamento, nella società civile, perchè il lavoro è il tema cruciale del nostro Paese". Il presidente della Commissione Cei per il lavoro tende anche una mano alla Cgil. "Lasciarli fuori", sottolinea, "sarebbe una perdita di speranza notevole, un grave errore, quasi che il primo sindacato italiano per numero di iscritti non sia una cosa preziosa per una riforma del lavoro". Il rischio, spiega, è che "questa parte sociale, con i suoi milioni di iscritti, resti disillusa, arrabbiata, ripiegata su atteggiamenti difensivi". Bregantini rivolge un invito affinché il lavoratore non sia trattato come una merce, "un prodotto da dismettere per motivi di bilancio". Il rischio è che "l'aspetto tecnico" diventi "prevalente sull'aspetto etico. Leone XIII lo scrisse nella pietra miliare del cattolicesimo sociale, emanata nel 1891, più di un secolo fa". Infine un commento anche sul tema dell'articolo 18. "Bisogna fare in modo di vincere la precarietà, non di aumentarla", spiega Bregantini. Motivo per il quale "l'articolo 18 non va tagliato, ma esteso come elemento di dignità".

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