lunedì 26 marzo 2012

Noi ce ne faremo una ragione

Signor Mario Monti, se ne vada pure, come da titolo, noi ce ne faremo una ragione perchè il paese italia e il suo popolo, non sono affatto pronti ad essere devastati completamente da un massone come lei che risponde solo ai poteri forti. Se ne torni pure a lavorare nella sua amata facoltà fino a settant'anni... che non ci mancherà di  sicuro la sua boria, la sua spocchia e la sua arroganza. Il problema è che alcuni imbecilli, non la lasceranno andare.


MILANO - «Se il Paese attraverso le sue forze sociali e politiche non si sente pronto per quello che noi riteniamo un buon lavoro non chiederemmo di continuare per arrivare a una certa data». Il premier Mario Monti usa queste parole parlando della riforma del lavoro, rimarcando però che il Paese si è mostrato più pronto del previsto. Poi cita Giulio Andreotti, non per nome ma per quella frase ormai icona per ogni politico, quella sul tirare a campare o tirare le cuoia. Crisi? «Rifiuterei il concetto: a noi è stato chiesto di fare un'azione nell'interesse generale. Un illustrissimo uomo politico diceva: "meglio tirare a campare che tirare le cuoia". Per noi nessuna delle due espressioni vale perché l'obiettivo è molto più ambizioso della durata ed è fare un buon lavoro».

LA DATA DEL 2013 - Non serve agitare lo spettro di una crisi sulla riforma del mercato del lavoro, perché «rifiuterei il concetto stesso di crisi» e perché c'è un altro elemento che il Professore, da Seul, mette sotto agli occhi della politica: «Se il Paese, attraverso le sue forze sociali e politiche, non si sente pronto a quello che secondo noi è un buon lavoro, non chiederemo certo di continuare per arrivare a una certa data». Si voterà nel 2013 e Monti non nasconde ai giornalisti che Paesi sede di fondi sovrani e istituzioni private che investono anche nel nostro Paese hanno «il palpabile desiderio di capire se, come e quanto intensificare i loro investimenti in Italia», timorosi del ritorno di «vecchi vizi» come l'invadenza della politica nell'economia. È vero che «alla fine di questo test quando la politica tradizionale tornerà non sarà quella tradizionale» ma, se non bastasse, Monti avverte che «finora il Paese si è mostrato più pronto di quello che immaginassi e se qualche segno di scarso gradimento c'è stato è andato verso altri protagonisti del percorso politico. Ma non verso il governo».

KAZAKHSTAN - In precedenza Monti aveva parlato dal Kazakhstan, terminato il colloquio con il premier kazako avuto all'aeroporto di Astana in occasione, dice con un duplice gioco di parole, di «uno scalo tecnico di importanza politica». A bordo dell'Airbus di Stato che prosegue la sua rotta verso Seoul, Monti prende atto con soddisfazione dei report che le banche consulenti del Paese ospite, come gli riferisce l'omologo Masimov, stilano sui progressi del risanamento in Italia. Ma non solo. Il premier risponde anche ai cronisti che gli chiedono se sia sereno nonostante le polemiche in Italia sul delicato fronte della riforma del mercato del lavoro: «Sento il peso di decisioni non facili» dettate dal fatto che la situazione «dell'Italia era piuttosto grave» ma abbiamo «cercato di essere equi nel distribuire i sacrifici» per risanare l'Italia.

RISPETTO PER LE PARTI - «La situazione dell'Italia come si trovava nel momento in cui ci è stata affidata questa responsabilità - ha aggiunto - era, lo sappiamo tutti, piuttosto grave e abbiamo cercato in questi mesi di essere equi nel distribuire i sacrifici o i contributi delle diverse parti economiche e sociali al risanamento dell'Italia». «Poi - ha concluso - quando si tratta di lavoro, di sindacati, di forze sociali, di elemento umano è chiaro che il rispetto per tutti i soggetti coinvolti nella consultazione è grande».

IL PARLAMENTO - «Ci rendiamo conto delle difficoltà di ciascuno, e ci rendiamo conto che alla fine deve essere il Parlamento a decidere. Ed è responsabilità del governo quella di presentargli una proposta che riteniamo equa e abbastanza incisiva». Allo stesso tempo è dovere dell'Esecutivo «prospettare al Parlamento le ragioni per le quali, pur essendo le Camere sovrane, cercheremo di avere un risultato finale in tempi non troppo lunghi e che sia il più vicino possibile a quanto abbiamo presentato».

NON SARÀ FATTO A POLPETTE - Sulla stessa lunghezza d'onda il ministro Elsa Fornero. «Questa è una riforma seria ed equilibrata. Spero che i partiti capiscano: modifiche se ne possono fare, ma il governo non accetterà che questo disegno di legge venga snaturato o sia ridotto in polpette». In un colloquio con Repubblica, il ministro lancia un appello alle Camere: «Questo provvedimento potrà anche subire qualche cambiamento, ma chiediamo che il Parlamento sovrano ne rispetti l'impianto e i principi basilari. In caso contrario dovrà assumersi le sue responsabilità e il governo farà le sue valutazioni». Quanto alla formulazione «salvo intese». «Non vuol dire - spiega - che la discussione è ancora aperta e che per un'altra settimana riparte la giostra. Il provvedimento è quello».

2 commenti:

samuela ha detto...

Quando il paese si rivelerà -finalmente, speriamo- davvero inaffidabile e Lo Squalo lo mollerà al suo destino lo sentiremo gridare "eli eli lama sabachthani". I fantocci al potere sono sempre gente con un ego fetido, patologico e grottesco, ma noi ne abbiamo inenanellati 6/7 in 20 anni, più i capo dello stato, un pò troppi per un paese normale.

Eleonora ha detto...

Appunto per questo sarebbe ora di dire basta a certi soprusi... ma evidentemente o non basta davvero o ci teniamo una classe politica da schifo.