Se dovessi scegliere un’immagine simbolo dell’emancipazione femminile relativa a quest’anno, sceglierei senza dubbio, quella che ritrae le donne irachene con le mani sporche d’inchiostro che sono andate a votare. Donne che a costo della loro vita, hanno voluto esercitare un loro diritto, e contemporaneamente fare il loro dovere. Esserci, da protagoniste, all’appuntamento con la storia. Più ancora del primo regista donna, avvolta in uno scintillante e meraviglioso abito, al quale va comunque la mia ammirazione, a queste donne coperte, nascoste nei loro castigati veli neri. Donne che c’insegnano che probabilmente si può essere più emancipate portando il burqa, e non vestiti corti neri firmati Versace. Donne che se scelgono di portarlo, e non sono costrette, a volte anche con la violenza, e oggi più che mai ciò va combattuto e denunciato con forza, forse, sono più avanti noi. Pur ponendosi in posizione subalterna rispetto il loro uomo. Noi ci sentiamo migliori di loro, spadroneggiando spesso a casa, i nostri uomini, per poi essere belle, seduttive, e disponibili (in termini di tempo) al di fuori delle nostre mura domestiche. Regaliamo a chi ci vive da fuori un abbigliamento curato, un trucco impeccabile e a volte indossiamo autoreggenti e diamo il meglio di noi, per poi riservare ai nostri uomini e ai nostri figli spesso pigiami di flanella, tute e stress e malumori. Non è un caso che negli sketch siamo rappresentate come tiranne isteriche, interessate maggiormente ai centri commerciali, che non alla cura dei nostri figli. E non diciamoci che dobbiamo piacere a noi stesse, perché se così fosse saremmo sempre uguali dentro e fuori casa. Ma lo siamo? Secondo me non sempre e sicuramente non tutte. Ci sono donne che neanche ai figli dedicano il tempo che meritano, sentendosi, strafighe pazzesche, wonderwomen con dichiarazioni del tipo “malgrado la gravidanza non perderò neanche un giorno di lavoro”. Come se fosse una cosa bella, come se le donne che si sono battute per ottenere i diritti, legati alla condizione di lavoratrici madri, fossero state delle coglione. E chi, non avendo, soldi e forse anche voglia per usufruirne, fossero delle fannullone o mezze donne. Come se tutto il mondo, tranne quell’innocente creatura che tu stessa hai chiamato alla vita, a volte per capriccio, a volte perché “lo faccio ora finche l’orologio biologico me lo permette” avesse più bisogno di te. Come se poi questi bambini delegati, PER SCELTA (e non per triste bisogno) alle tate, ai nidi, alla tv, alle baby sitter, avessero bisogno di una mamma super attenta che ricerca nella presunta incapacità della scuola e degli insegnanti, i motivi degli effetti devastanti che hanno sulla crescita dei loro “serenissimi ed educatissimi principi delfini”, le troppe volte che la mamma non c’era. A volte non c’era nei primi mesi dopo il parto, pur avendone il diritto, perché doveva tornare subito a lavorare. Non c’era per allattare, perché è stressante, richiede TEMPI E PAZIENZA INFINITA, e poi il seno cade, e poi devo dormire, e poi devo riprendere a fumare prima possibile, e poi figurati con tutto il lavoro che ho da fare. Molte si giustificano, “non ho latte”, succede, come succede che per motivi di salute (magari bisogna prendere dei farmaci) non si allatta, ma a pochi animali succede, e moltissime donne che si sentono moderne, occidentali. E questo è solo l’inizio di anni di carenze, che poi vengono fuori spesso in comportamenti difficili a scuola, non perché nella scuola ci sono gli orchi cattivi. Ma perché a scuola fisicamente, per almeno cinque ore, c’è qualcuno che è lì solo per tuo figlio, qualcuno del quale può attirare l’attenzione, perché c’è. E allora impariamo dalle bestie ad essere femmine, con il proprio compagno e con i propri figli. E impariamo dalle donne con il velo nero ad esercitare i propri diritti. Senza snobbarli, solo perché li abbiamo trovati belli e pronti e non dobbiamo combattere per essi. Impariamo quando votiamo che non possiamo scegliere un candidato con la logica del telecomando. Impariamo a non essere donne a disposizione di nessuno. A essere donne “più intelligenti che belle” fuori casa, e poi in guepiere per il proprio uomo. A rifiutare la logica secondo la quale, se nel lavoro come nella politica le quota rosa devono esserci, meglio che siano belle, profumate e ben vestite. A rifiutare la logica becera di chi, a una madre precaria di 36, che lotta per il proprio diritto al lavoro, e a difesa della scuola pubblica, risponde “signorina, lei è giovane e carina, non stia a lamentarsi”. Come se bastasse questo per fare tutti lavori. Non so in altri settori più vicini al ministro Castelli, che ha fatto tali gravissime affermazioni, ma per essere insegnante non basta per poter lavorare, anzi non è fortunatamente un “titolo” preferenziale come in parlamento. E impariamo anche, che forse per fare politica è meglio esercitare con consapevolezza il proprio diritto al voto, che non essere le bambole dei ventriloqui uomini, perché da una figura femminile, con la faccia giusta, e gli occhiali giusti, certe cose suonano meglio. E che forse si può essere più moderne e libere con un burqa nero, e le mani sporche d’inchiostro che non in vestiti succinti facendo, come farfalle, le unghia con il french in una tastiera di un pc.
Linda Gianguzzi
11 commenti:
C'è un po' di confusione, un po' di retorica, un po' di luoghi comuni: un bel vortice di parole! La signora il burqua già ce l'ha, bello stretto attorno al cervello, in modo da non lasciarlo respirare. Al di là del suo vaniloquio, anche io, se dovessi scegliere una foto per celebrare la festa della donna di ieri, sceglierei le tre donne con il dito sporco di inchiostro. Proprio perchè su quel dito sta la prima di una lunga serie di possibili scelte: scegliere è il primo passo per la libertà.
La foto descritta infatti va benissimo. E' tutto il resto dell'articolo che è sproloquio e peggio ancora, proburqa e prodittatura.
Ma sai, non ci sono più le femministe di una volta.
Posti i tuoi commenti e non ti firmi. Sei sempre lo stesso/a che gironzola qui. Ti ho chiesto gentilmente 10 volte di darti un nick e non te lo sei mai dato. Di conseguenza, ho decido di cancellare qualsiasi tuo commento.
L'emancipazione della donna sta nel decidere SE essere velina oppure ingegnere nucleare. E forse la giovane iraniana non lo ha ancora capito. Il declino ci sarà quando la sharia si impossesserà dell'europa ma ci sarà sempre qualcuno che impedirà quell'orrore. Come se l'islam non fosse un impero vizioso e corrotto, no? Quelli che non sono occidentali sono tutti santi e geni, vero? Ma va, va.
Con una sottolineatura: l'emancipazione della donna consiste nel poter scegliere se essere velina, madre o astrofisica. Però certa subcultura televisiva che va dal GF al velinismo, passando per Amici, rischia di creare dei modelli pericolosi per la corretta percezione di sè. La donna ha diritto a scegliere di puntare sulla bellezza del suo corpo per essere ammirata e cercata nella vita e nel lavoro; o può scegliere di investire sulla sua intelligenza; o di scommettere sul suo amore per la famiglia. Tutte scelte degne di plauso, se sono scelte libere! Ma la mercificazione del corpo femminilie rischia di indurre menti giovani ed ingenue ad abbracciare lusinghe maliziose e facili scorciatoie non per scelta ma per rassegnazione ad un modello materialistico propagandato e accettato dal sistema. La donna si rassegna allegramente ad essere merce di scambio. In questo senso, certo materialismo rischia di avere sulla donna le stesse conseguenze del fondamentalismo. Uno dei migliori anticorpi contro l'integralismo religioso islamico (e cristiano) sarebbe proprio il recupero di questa consapevolezza: recupero che passa anche attraverso i centimetri di stoffa utilizzati per i costumi della prima serata! Le inquadrature ginecologiche delle veline certo non dispiacciono. Ma l'indulgenza o il compiacimento equivalgono all'atteggiamento ebete dei mulitculturalisti nei confronti del burqua.
Ovviamente, certa tv sarebbe da cancellare, e chi dice il contrario? Ma difendere il burqa (o la sharia) che è a tutti gli effetti molto più indifendibile di qualsiasi velina, mi pare un pò... una azione contorta. Si difendiamo il modello occidentale, quello giusto. Perchè esiste eccome. Fortunatamente in occidente non ci sono solo le veline.
E comunque, la donna si rassegna ad essere merce di scambio anche e soprattutto nell'islam. Vedi matrimoni combinati. Se l'occidente è marcio, l'islam lo è ancora di più. Burqa o non burqa, lauree, master o meno.
Certo. La mia era solo una precisazione. Non difenderei mai il burqa!
Si si, lo so che tu non lo difenderesti mai quello straccio ma c'è gente che lo fa semplicemente dando la colpa all'occidente. Tutto qui. :) Anche le mie erano precisazioni.
Accidenti, giusto! Scusamo demiurgo, è che ho cancellato un commento del tizio anonimo. E ti mancava un pezzo. Insomma, l'anonimo portava l'esempio di una iraniana che diceva che in occidente c'è il solo modello delle veline e invece sarebbe meglio aspirare ad altro.
Il solito provocatore insensato che valuta il pensiero altrui con una bilancia truccata... La cosa odiosa è che certi personaggi siano tanto pronti a difendere l'altro da sè, da non rendersi conto di essere pervasi da una cupio dissolvi nei confronti di valori per i quali una volta dicevano di battersi...
Non dar loro troppo peso!
ma va lah! la conosci la storia si? son sempre le stesse cose che si ripetono. son caduti tutti gli imperi, prima o poi cadra' anche quello musulmano, se mai ci sara'. credo che i cinesi opporranno decisa resistenza. chi vivra' vedra'.
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