Niente burqa per le strade di Montegrotto Terme, in provincia di Padova: lo vieta da oggi un'ordinanza del sindaco della cittadina termale, Luca Claudio, esponente de La Destra. Il primo cittadino di Montegrotto, non nuovo ad iniziative clamorose sui temi della sicurezza e del'immigrazione, mette però le mani avanti, precisando che l'ordinanza anti-burqa non ha nulla a che vedere con lo spirito xenofobo, né con l'aggressione subita pochi giorni fa a Milano dall'onorevole Daniela Santanché, bensì con l'impegno da lui assunto sul tema della sicurezza. “Rendere difficoltoso o addirittura impossibile il proprio riconoscimento o la propria identificazione – afferma Claudio sul Gazzettino, oggi in edicola - è un comportamento che non può essere accettato nelle democrazie occidentali, dove al contrario, il primo dovere del cittadino è munirsi di un documento d'identità con foto recente”.
Il quadro normativo. Nell'ordinanza, Claudio si richiama non solo alla legge di pubblica sicurezza del 1975 (n.152), ma anche a recenti pronunciamenti del Consiglio di Stato e al decreto del ministero dell'interno del 23 marzo 2007, il quale precisa che “non sono accettabili forme di vestiario che coprono il volto, perché ciò impedisce il riconoscimento della persona”. L'ordinanza anti-burqa si concretizza nella disposizione alle forze di polizia a far rispettare scrupolosamente su tutto il territorio comunale «il disposto dell'art.5 della legge 22/05/1975 n.152 che vieta "l'uso di caschi protettivi o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico aperto al pubblico"». La polizia municipale è chiamata a vigilare sul rispetto dell'ordinanza, sottoponendo a controllo e identificazione chiunque non la rispetti.
Il precedente di Azzano Decimo. Il primo Comune in Italia a vietare l'uso del burqa è stato Azzano Decimo (Pordenone), nel 2004. L'ordinanza del sindaco leghista Enzo Bortolotti però era stata subito annullata dal prefetto di Pordenone. Inutile il ricorso del Comune: il Tar del Friuli-Venezia Giulia e poi il Consiglio di Stato hanno giudicato legittimo l'operato del prefetto. “Il burqa - aveva affermato il Consiglio di Stato - non è una maschera né costituisce un mezzo atto a evitare il riconoscimento”, aggiungendo che il vestito islamico e il velo non possono essere vietati se il loro uso trova giustificazione nelle tradizioni culturali e religiose della donna che li indossa. Ma Bortolotti non si è rassegnato e a febbraio di quest'anno ha firmato un'ordinanza contro «mezzi atti a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona», tra cui il burqa. Per chi viola le disposizioni è prevista una sanzione amministrativa da 25 a 500 euro.
Contro il burqa. L'esempio di Azzano è stato comunque seguito da altri Comuni: Drezzo (Como), Cantù in Brianza, Camerata Cornello in val Brembana (Bergamo), Costa Volpino (Bergamo), Treviso, Alassio (Savona), Varallo Sesia (Vercelli) ma anche il meno padano Fermignano (Pesaro Urbino), unico Comune marchigiano guidato da un sindaco leghista.
5 commenti:
Era ora!
Embè, si eh?
Alla faccia del Tar del Friuli, tiè! Assurda poi la motivazione: 'il loro uso trova giustificazione nelle tradizioni culturali e religiose della donna che li indossa'; cioè aggiriamo la legge così no? Ma che cavolo di motivazione è? Le leggi ammettono eccezioni adesso?? Anzi io quella legge la integrerei proprio citando che è vietato pure il burqa e simili, così non ci sono più 'interpretazioni' possibili, no?
Infatti Kizzy, ma sappiamo che i tar servono a molto poco. Le leggi ci sono e vanno applicate. Non vanno interpretate in alcun modo.
Questi deficienti del tar, usando una simile porcheria: "il loro uso trova giustificazione...", di fatto applicano la sharia. Dove cazzo stiamo, in italia o nel maghreb? In italia e va applicata la legge italiana sul divieto del casco o di qualunque altro copricapo che copra troppo il viso.
Chissà se il Tar mi darebbe ragione se io girassi con il cappuccio bianco del Ku Klux Klan...
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