BRUXELLES - Come si direbbe in Italia: «Chi la fa l’aspetti». O meglio: «Il bue non chiami cornuto l’asino». Come si direbbe in Italia, si dice oggi in Olanda: dove il bue del proverbio, con rispetto parlando, sarebbe Geert Wilders; e l’asino, gli immigrati turchi o nordafricani. Perché Wilders, il deputato dal ciuffo giallissimo e dall’occhio ceruleo finito sotto processo per incitamento alla discriminazione e all’odio religioso, l’uomo che vince le elezioni gridando «No all’Eurarabia» o «l’Olanda agli olandesi», e invocando la cacciata di tutti gli immigrati musulmani «che non rispettano la nostra cultura», lo stesso che per le sue idee viene espulso dalla Gran Bretagna e che i nemici beffardi chiamano «il più bianco dei bianchi», insomma proprio lui sarebbe in qualche modo «nero»: figlio e nipote di immigrati dall’Asia, pronipote di meticci dalla pelle scura, discendente di musulmani. In altre parole un «indo», come nella lingua di tutti i giorni molti olandesi chiamano questi cittadini. Parentele neppure troppo lontane, poi: già la nonna materna di Wilders, Johanna Ording-Meijere, moglie di un colono olandese nelle ex-Indie Orientali (l’attuale Indonesia, il più grande paese a maggioranza musulmana nel mondo) avrebbe avuto, come si usa dire, sangue misto. Tutto questo ha rivelato un esperto di genealogia, ricostruendo l’«albero» dei Wilders, e ora lo conferma - con uno studio di sei pagine appena pubblicato sul settimanale dei Verdi di Amsterdam - un’antropologa culturale, Lizzy van Leeuwen, che ha svolto lunghe ricerche negli archivi nazionali e che aggiunge un pizzico velenosetto della sua scienza alla zuppa già piccante delle polemiche: anche il ciuffo quasi albino e clamorosamente ritinto di Wilders, dice infatti la studiosa, si può spiegare con la volontà di nascondere certe radici, di fuggire da un passato familiare che Wilders avrebbe sempre nascosto o dimenticato, tant’è che non lo cita nelle sue biografie. E anche le sue idee sarebbero così radicali, proprio per il desiderio di chiudere certe pagine. Secondo la ricostruzione fatta ora, Johann Ording, il nonno materno di Wilders, proveniva da un’antica famiglia ebrea della madrepatria e si era trapiantato nell’isola di Giava, in Indonesia, come direttore dell’amministrazione finanziaria. Sua moglie, Johanna, era una di quelle bellezze euro- asiatiche che così spesso si incontravano nelle famiglie dei coloni: e aveva, ovviamente, dei parenti musulmani. Gli Ording erano benestanti, avevano una numerosa servitù. Ma intorno al 1930, Johann fu colpito da un dissesto finanziario, e mentre era in vacanza in Olanda scoprì di essere stato licenziato. Seguirono periodi di crisi e di frustrazione, anche perché nel 1949 l’Indonesia divenne indipendente e molti altri coloni rimpatriarono. Negli anni '70, con l’esplodere dell’immigrazione dal Nordafrica e dalla Turchia, crebbero le difficoltà per gli «indi», in un mercato del lavoro sempre più ristretto (molti di loro, ricordano gli storici locali, militavano nei partiti di estrema destra). E nacquero i primi attriti con gli «altri», i musulmani: anche questo sfondo avrebbe contribuito al germogliare delle idee di Wilders. Il quale, finora, non ha replicato alle ricostruzioni: lavora a preparare le prossime elezioni a L’Aja, distribuisce vignette satiriche su Maometto, ripete che «non ho nulla contro i musulmani come persone» e nel frattempo auspica che Romania e Bulgaria «lascino l’Unione Europea». Chissà se qualcuno sta già cercando un bisnonno romeno, in quello stesso albero genealogico.
Luigi Offeddu
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