Adesso speriamo che nessun magistrato si faccia venire in mente l’ipotesi che essendo marocchino l’assassino, ed essendo colà più grave il fatto che una figlia se ne vada liberamente in giro con il fidanzato, sol per questo è meno grave, o anche solo lontanamente comprensibile che l’abbia ammazzata, tentando di fare fuori anche il fidanzato. Speriamo che dal carcere non esca, ma che sia condannato all’ergastolo in tempi ragionevoli ed equi, talché la custodia cautelare copra il tempo che intercorre fra la chiusura delle indagini, possibile in pochi giorni, il rinvio a giudizio e la condanna definitiva. Perché queste sono esattamente le due trappole in cui la nostra malagiustizia cade in continuazione: l’eccezione culturale, che prevede la possibilità sia scusabile, o attenuabile, quel che noi consideriamo crimine gravissimo, e il dilungarsi dei tempi, al punto che, come è accaduto a Pavia, un detenuto possa morire per sciopero della fame e della sete, reclamando la propria innocenza dopo tre anni di carcere e due condanne che non si era riusciti a far divenire sentenza definitiva. Un detenuto morto mentre era ancora “ricorrente”, per giunta non soccorso adeguatamente e prontamente.Il nostro è uno Stato di diritto, chiunque entra, se lo fa lecitamente (in caso contrario sarebbe bene metterlo alla porta) ne accetta le leggi. Questo di Pordenone è un omicidio e merita la condanna massima, senza star lì a ragionare su quali siano le ragioni culturali o antropologiche che hanno mosso l’assassino. Il caso, inoltre, ripropone il tema delicato della convivenza fra culture diverse. Che si viva fianco a fianco, pur avendo origini, religioni e convinzioni diverse, è un fatto positivo, ma che tale convivenza giustifichi l’accondiscendenza verso chi ritiene che le donne di famiglia siano oggetti di cui può disporre non è un salto di civiltà, ma un salto nell’inciviltà. In Francia stanno pensando di proibire la velatura integrale, quella roba per cui le donne islamiche non sono autorizzate non dico ad avere una vita propria, ma neanche a mostrarsi. Credo abbiano ragione. Una cosa è il rispetto dei costumi religiosi, altra consentire la subordinazione e la riduzione in schiavitù. Vedo che si riflette, dalle nostre parti, sull’ipotesi di far nascere un nuovo femminismo, nel senso di una nuova coscienza dei diritti e della dignità della donna. Giusta e bella cosa, ma assai poco convincente se non parte proprio dalla difesa delle donne che la libertà devono ancora conquistarsela, combattendo con maschi di famiglia che sono convinti di potere togliere loro la vita, pur di far prevalere il loro malinteso onore.
giovedì 17 settembre 2009
E la magistratura che farà?
Sgozzata di Davide Giacalone
Adesso speriamo che nessun magistrato si faccia venire in mente l’ipotesi che essendo marocchino l’assassino, ed essendo colà più grave il fatto che una figlia se ne vada liberamente in giro con il fidanzato, sol per questo è meno grave, o anche solo lontanamente comprensibile che l’abbia ammazzata, tentando di fare fuori anche il fidanzato. Speriamo che dal carcere non esca, ma che sia condannato all’ergastolo in tempi ragionevoli ed equi, talché la custodia cautelare copra il tempo che intercorre fra la chiusura delle indagini, possibile in pochi giorni, il rinvio a giudizio e la condanna definitiva. Perché queste sono esattamente le due trappole in cui la nostra malagiustizia cade in continuazione: l’eccezione culturale, che prevede la possibilità sia scusabile, o attenuabile, quel che noi consideriamo crimine gravissimo, e il dilungarsi dei tempi, al punto che, come è accaduto a Pavia, un detenuto possa morire per sciopero della fame e della sete, reclamando la propria innocenza dopo tre anni di carcere e due condanne che non si era riusciti a far divenire sentenza definitiva. Un detenuto morto mentre era ancora “ricorrente”, per giunta non soccorso adeguatamente e prontamente.Il nostro è uno Stato di diritto, chiunque entra, se lo fa lecitamente (in caso contrario sarebbe bene metterlo alla porta) ne accetta le leggi. Questo di Pordenone è un omicidio e merita la condanna massima, senza star lì a ragionare su quali siano le ragioni culturali o antropologiche che hanno mosso l’assassino. Il caso, inoltre, ripropone il tema delicato della convivenza fra culture diverse. Che si viva fianco a fianco, pur avendo origini, religioni e convinzioni diverse, è un fatto positivo, ma che tale convivenza giustifichi l’accondiscendenza verso chi ritiene che le donne di famiglia siano oggetti di cui può disporre non è un salto di civiltà, ma un salto nell’inciviltà. In Francia stanno pensando di proibire la velatura integrale, quella roba per cui le donne islamiche non sono autorizzate non dico ad avere una vita propria, ma neanche a mostrarsi. Credo abbiano ragione. Una cosa è il rispetto dei costumi religiosi, altra consentire la subordinazione e la riduzione in schiavitù. Vedo che si riflette, dalle nostre parti, sull’ipotesi di far nascere un nuovo femminismo, nel senso di una nuova coscienza dei diritti e della dignità della donna. Giusta e bella cosa, ma assai poco convincente se non parte proprio dalla difesa delle donne che la libertà devono ancora conquistarsela, combattendo con maschi di famiglia che sono convinti di potere togliere loro la vita, pur di far prevalere il loro malinteso onore.
Adesso speriamo che nessun magistrato si faccia venire in mente l’ipotesi che essendo marocchino l’assassino, ed essendo colà più grave il fatto che una figlia se ne vada liberamente in giro con il fidanzato, sol per questo è meno grave, o anche solo lontanamente comprensibile che l’abbia ammazzata, tentando di fare fuori anche il fidanzato. Speriamo che dal carcere non esca, ma che sia condannato all’ergastolo in tempi ragionevoli ed equi, talché la custodia cautelare copra il tempo che intercorre fra la chiusura delle indagini, possibile in pochi giorni, il rinvio a giudizio e la condanna definitiva. Perché queste sono esattamente le due trappole in cui la nostra malagiustizia cade in continuazione: l’eccezione culturale, che prevede la possibilità sia scusabile, o attenuabile, quel che noi consideriamo crimine gravissimo, e il dilungarsi dei tempi, al punto che, come è accaduto a Pavia, un detenuto possa morire per sciopero della fame e della sete, reclamando la propria innocenza dopo tre anni di carcere e due condanne che non si era riusciti a far divenire sentenza definitiva. Un detenuto morto mentre era ancora “ricorrente”, per giunta non soccorso adeguatamente e prontamente.Il nostro è uno Stato di diritto, chiunque entra, se lo fa lecitamente (in caso contrario sarebbe bene metterlo alla porta) ne accetta le leggi. Questo di Pordenone è un omicidio e merita la condanna massima, senza star lì a ragionare su quali siano le ragioni culturali o antropologiche che hanno mosso l’assassino. Il caso, inoltre, ripropone il tema delicato della convivenza fra culture diverse. Che si viva fianco a fianco, pur avendo origini, religioni e convinzioni diverse, è un fatto positivo, ma che tale convivenza giustifichi l’accondiscendenza verso chi ritiene che le donne di famiglia siano oggetti di cui può disporre non è un salto di civiltà, ma un salto nell’inciviltà. In Francia stanno pensando di proibire la velatura integrale, quella roba per cui le donne islamiche non sono autorizzate non dico ad avere una vita propria, ma neanche a mostrarsi. Credo abbiano ragione. Una cosa è il rispetto dei costumi religiosi, altra consentire la subordinazione e la riduzione in schiavitù. Vedo che si riflette, dalle nostre parti, sull’ipotesi di far nascere un nuovo femminismo, nel senso di una nuova coscienza dei diritti e della dignità della donna. Giusta e bella cosa, ma assai poco convincente se non parte proprio dalla difesa delle donne che la libertà devono ancora conquistarsela, combattendo con maschi di famiglia che sono convinti di potere togliere loro la vita, pur di far prevalere il loro malinteso onore.
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