L’insistenza con cui l’opposizione - e la stampa simpatizzante - insistono sulle vere o presunte gaffe di Silvio Berlusconi, mi ricorda il 1994, l’anno della «discesa in campo». Allora tutto un mondo politico e culturale che presumeva di possedere - insieme a una somma intelligenza - anche le somme verità, trattò dall’alto inbasso il nuovo protagonista della scena nazionale. Era, per loro, «L’uomo di plastica», «Faccia di gomma», «Re Fustino», «Ragazzo coccodè», «Peronista elettronico». Si vide poi che questa controfigura del nulla - come tale lo spacciavano - vinse le elezioni, e da quel momento in poi ha sempre avuto il consenso di una buona metà - e qualcosina di più - degli italiani. Ma nel 1994, diciamolo francamente, l’atteggiamento dei critici, benché presto smentito dai fatti, trovava giustificazione negli aspetti inediti del personaggio. Tale, nella sua sconcertante anomalia, da poter trarre in inganno quasi tutte le vecchie volpi dei palazzi romani. Ma adesso, quindici anni dopo, il giuoco - in versione aggiornata ma mica tanto - sembra proprio ripetitivo e stucchevole. Il Cavaliere è stato nelle stanze del potere - o del contro potere - per almeno mezza generazione. Più che legittimo attaccarlo sulle cose serie, e raramente sono state più serie di ora. Lì si deve discutere e confrontarsi. Non sono d’accordo con la mobilitazione di piazza che Epifani - scortato da Franceschini - ha deciso: ma quella manifestazione ha avuto per tema i problemi nodali del momento. Il pettegolezzo dei quotidiani che si professano seri, e dei salotti che si professano impegnati è invece tutto dedicato al savoir faire di Berlusconi, spazia dall’opportunità di chiamare ad alta voce Obama all’indelicatezza di aver fatto un po’ aspettare la cancelliera Angela Merkel per l’impegno di una telefonata importante. La crisi può aspettare, il gossip no. Voglio precisare che a volte lo stile e le battute del Cavaliere non mi entusiasmano. Nelle battute e nelle trovate scherzose conosco qualcuno più bravo di lui. Ma ho l’impressione che gli italiani valutino il loro presidente del Consiglio - in particolare questo presidente del Consiglio - sulla base dei programmi, delle realizzazioni, dell’efficienza governativa, dell’affidabilità, dell’attendibilità. Se è anche simpatico tanto meglio. Ma il ministro Tremonti è molto apprezzato pur non essendo per niente un tipo ridanciano. A maggior ragione queste dovrebbero essere le pietre di paragone usate, per saggiare Berlusconi, da una opposizione che è insieme debole e arrogante, ma che si autodefinisce intelligente. Berlusconi è l’avversario, ma è anche il timoniere della barca italiana mentre il mare è in gran tempesta. Invece no, vanno a parare nel bon ton, come ne dipendessero le sorti del mondo. In realtà ne dipende solo il colore della cravatta.
domenica 5 aprile 2009
Gaffes (di sinistra)
La sinistra che grida alla gaffe di Mario Cervi
L’insistenza con cui l’opposizione - e la stampa simpatizzante - insistono sulle vere o presunte gaffe di Silvio Berlusconi, mi ricorda il 1994, l’anno della «discesa in campo». Allora tutto un mondo politico e culturale che presumeva di possedere - insieme a una somma intelligenza - anche le somme verità, trattò dall’alto inbasso il nuovo protagonista della scena nazionale. Era, per loro, «L’uomo di plastica», «Faccia di gomma», «Re Fustino», «Ragazzo coccodè», «Peronista elettronico». Si vide poi che questa controfigura del nulla - come tale lo spacciavano - vinse le elezioni, e da quel momento in poi ha sempre avuto il consenso di una buona metà - e qualcosina di più - degli italiani. Ma nel 1994, diciamolo francamente, l’atteggiamento dei critici, benché presto smentito dai fatti, trovava giustificazione negli aspetti inediti del personaggio. Tale, nella sua sconcertante anomalia, da poter trarre in inganno quasi tutte le vecchie volpi dei palazzi romani. Ma adesso, quindici anni dopo, il giuoco - in versione aggiornata ma mica tanto - sembra proprio ripetitivo e stucchevole. Il Cavaliere è stato nelle stanze del potere - o del contro potere - per almeno mezza generazione. Più che legittimo attaccarlo sulle cose serie, e raramente sono state più serie di ora. Lì si deve discutere e confrontarsi. Non sono d’accordo con la mobilitazione di piazza che Epifani - scortato da Franceschini - ha deciso: ma quella manifestazione ha avuto per tema i problemi nodali del momento. Il pettegolezzo dei quotidiani che si professano seri, e dei salotti che si professano impegnati è invece tutto dedicato al savoir faire di Berlusconi, spazia dall’opportunità di chiamare ad alta voce Obama all’indelicatezza di aver fatto un po’ aspettare la cancelliera Angela Merkel per l’impegno di una telefonata importante. La crisi può aspettare, il gossip no. Voglio precisare che a volte lo stile e le battute del Cavaliere non mi entusiasmano. Nelle battute e nelle trovate scherzose conosco qualcuno più bravo di lui. Ma ho l’impressione che gli italiani valutino il loro presidente del Consiglio - in particolare questo presidente del Consiglio - sulla base dei programmi, delle realizzazioni, dell’efficienza governativa, dell’affidabilità, dell’attendibilità. Se è anche simpatico tanto meglio. Ma il ministro Tremonti è molto apprezzato pur non essendo per niente un tipo ridanciano. A maggior ragione queste dovrebbero essere le pietre di paragone usate, per saggiare Berlusconi, da una opposizione che è insieme debole e arrogante, ma che si autodefinisce intelligente. Berlusconi è l’avversario, ma è anche il timoniere della barca italiana mentre il mare è in gran tempesta. Invece no, vanno a parare nel bon ton, come ne dipendessero le sorti del mondo. In realtà ne dipende solo il colore della cravatta.
L’insistenza con cui l’opposizione - e la stampa simpatizzante - insistono sulle vere o presunte gaffe di Silvio Berlusconi, mi ricorda il 1994, l’anno della «discesa in campo». Allora tutto un mondo politico e culturale che presumeva di possedere - insieme a una somma intelligenza - anche le somme verità, trattò dall’alto inbasso il nuovo protagonista della scena nazionale. Era, per loro, «L’uomo di plastica», «Faccia di gomma», «Re Fustino», «Ragazzo coccodè», «Peronista elettronico». Si vide poi che questa controfigura del nulla - come tale lo spacciavano - vinse le elezioni, e da quel momento in poi ha sempre avuto il consenso di una buona metà - e qualcosina di più - degli italiani. Ma nel 1994, diciamolo francamente, l’atteggiamento dei critici, benché presto smentito dai fatti, trovava giustificazione negli aspetti inediti del personaggio. Tale, nella sua sconcertante anomalia, da poter trarre in inganno quasi tutte le vecchie volpi dei palazzi romani. Ma adesso, quindici anni dopo, il giuoco - in versione aggiornata ma mica tanto - sembra proprio ripetitivo e stucchevole. Il Cavaliere è stato nelle stanze del potere - o del contro potere - per almeno mezza generazione. Più che legittimo attaccarlo sulle cose serie, e raramente sono state più serie di ora. Lì si deve discutere e confrontarsi. Non sono d’accordo con la mobilitazione di piazza che Epifani - scortato da Franceschini - ha deciso: ma quella manifestazione ha avuto per tema i problemi nodali del momento. Il pettegolezzo dei quotidiani che si professano seri, e dei salotti che si professano impegnati è invece tutto dedicato al savoir faire di Berlusconi, spazia dall’opportunità di chiamare ad alta voce Obama all’indelicatezza di aver fatto un po’ aspettare la cancelliera Angela Merkel per l’impegno di una telefonata importante. La crisi può aspettare, il gossip no. Voglio precisare che a volte lo stile e le battute del Cavaliere non mi entusiasmano. Nelle battute e nelle trovate scherzose conosco qualcuno più bravo di lui. Ma ho l’impressione che gli italiani valutino il loro presidente del Consiglio - in particolare questo presidente del Consiglio - sulla base dei programmi, delle realizzazioni, dell’efficienza governativa, dell’affidabilità, dell’attendibilità. Se è anche simpatico tanto meglio. Ma il ministro Tremonti è molto apprezzato pur non essendo per niente un tipo ridanciano. A maggior ragione queste dovrebbero essere le pietre di paragone usate, per saggiare Berlusconi, da una opposizione che è insieme debole e arrogante, ma che si autodefinisce intelligente. Berlusconi è l’avversario, ma è anche il timoniere della barca italiana mentre il mare è in gran tempesta. Invece no, vanno a parare nel bon ton, come ne dipendessero le sorti del mondo. In realtà ne dipende solo il colore della cravatta.
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