domenica 26 aprile 2009

I veri dittatori

Berlusconi celebra "la libertà di tutti". Franceschini: ritiri la legge su Salò. L'Italia è ferma a sessant'anni fa

S'è desta sì, ma mica poi tanto. L'Italia non ce la fa. Non riesce ad andare oltre ed è ancora qui che - come ogni anno da sessantaquattro anni - si spacca e litiga su Resistenza e Liberazione. Valori e controvalori. I partigiani sono quasi tutti morti, di vecchiaia. Quelli che restano stanno in piedi per miracolo. Ma ancora la sinistra non si stacca dall'immagine scolorita e nostalgica dei suoi eroi monocolore, dalla favola dei resistenti rossi che con l'aiuto di nessuno hanno sconfitto il nazifascismo. Ancora, dopo sessant'anni, la sinistra non riesce ad ammettere che l'aiuto degli angloamericani è stato fondamentale. Non può pensare che chi era a Salò stava combattendo dalla parte sbagliata, sì, ma pur sempre in buona fede. Sputa su tutto quel che rosso non è. E buonanotte all'italica unità. Anche quest'anno Nichi Vendola, Rifondazione, Di Pietro, i no global a Roma e a Milano hanno macchiato una giornata che doveva essere di tutti, invece è ancora proprietà privata. E di qua e di là, nessuno è riuscito a risparmiarci, nemmeno quest'anno, perfino Berlusconi, la solita ubriacatura di paroloni e bla bla sugli eroi della Patria Nazione. Dopo sessant'anni forse sarebbe ora di archiviare la Festa alla voce "passato" e guardare avanti. O no? Ecco la pappardella vetusta e retorica di questa giornata.

Berlusconi - «Viva la festa di tutti gli italiani, festa che deve diventare di libertà. Sono convinto che siano maturi i tempi perché la festa della Liberazione possa diventare la festa della libertà, e possa togliere a questa ricorrenza il carattere di contrapposizione che la cultura rivoluzionaria le ha dato e che ancora divide piuttosto che unire. Il 25 aprile infatti fu all'origine della nostra democrazia», ha detto Silvio Berlusconi a Onna, dove ha celebrato il 25 aprile, ottimista come sempre. «Compito di tutti è costruire finalmente un sentimento nazionale unitario. Dobbiamo farlo tutti insieme a prescindere dalle appartenenze politiche per un nuovo inizio della democrazia repubblicana che porti il bene e l'interesse di tutti. Il 25 Aprile - ha sostenuto sempre Berlusconi - è l'occasione per riflettere sul passato ma anche sul presente e sul futuro. Se lavoreremo insieme a questo sentimento nazionale unitario avremo reso un grande servizio non ad una parte politica ma al popolo italiano e ai nostri figli».

Di Pietro - Ovviamente all'invito all'unità Antonio Di Pietro ha risposto picche. «Berlusconi non è il novello partigiano d'Italia. Coloro che non stavano con chi faceva la Resistenza, coloro che non l'hanno riconosciuta fino a ieri, se oggi partecipano alla festa del 25 aprile lo fanno, ipocritamente, per comprare un po' di consenso a buon mercato» ha dichiarato Antonio Di Pietro, presidente dell'Italia dei Valori. «Chi ci va, ci deve credere - ha aggiunto il leader dell'Idv - altrimenti la sua è una presa in giro. Chi governa l'Italia, ai vari livelli, ha il dovere di ricordare che ci siamo perchè qualcuno, prima di noi, ha dato la vita per la nostra democrazia e libertà». «Io non mi permetterei di allontanare nessuno dalla festa del 25 aprile - continua - resta invece l'amarezza in bocca per chi la strumentalizza senza sentirla dentro l'animo. Per rispetto dei morti e per non prendere in giro i vivi bisogna che chi ci va - e tutti possono andarci - senta nell'animo che cos'è questo giorno». «Io sono convinto - ha concluso Di Pietro - che al presidente del Consiglio non gli importa niente del 25 aprile, ci va perchè gli tocca andarci. Sia il benvenuto, ma da qui a dire che è diventato il novello partigiano d'Italia ce ne passa».

Dario Franceschini - Riconosce come dal premier siano venute "parole importanti" anche se sarebbe stato meglio pronunciarle prima. Ma, arrivando alla manifestazione di Milano, il segretario del Pd aggiunge: "Chiedo a lui di essere coerente, e ritirare domani il disegno di legge per l'equiparazione dei repubblichini ai partigiani. La pietà umana è una cosa, equiparare i repubblichini ai partigiani è un'altra".

Nichi Vendola - E ha usato parole forti il governatore della Puglia, Nichi Vendola (Prc), per commentare il pensiero del centrodestra, di chi ha parlato di pari dignità per le vittime di entrambi i fronti della guerra di liberazione. «È un brutto revisionismo, puzzolente e melmoso - ha detto Vendola a Milano -. Non possiamo equiparare chi stava a Salò con i partigiani. Questa riconciliazione non ha senso». Riferendosi alla presenza, per la prima volta, del premier Silvio Berlusconi alle celebrazioni per il 25 Aprile, Vendola ha affermato: «Se viene per una operazione mass-mediatica non funziona. Non si può celebrare il 25 Aprile - ha concluso - ma poi mettere da parte i valori della Costituzione che è nata dalla liberazione».

Formigoni - A Milano il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, è stato lungamente e duramente contestato nel suo discorso sul palco di Piazza Duomo. «La lotta di liberazione - ha detto Formigoni, cercando di sovrastare la contestazione - è stata fatta da diversi soggetti a cui dobbiamo una gratitudine imperitura e un commosso ricordo. Bisogna ringraziare poi gli alleati e i giovani che sono morti per la nostra libertà». «I partigiani hanno dato un contributo essenziale alla liberazione nella Resistenza: però c'erano opinioni e famiglie diverse che spesso hanno collaborato unitariamente e qualche volta si sono divise anche con fatti dolorosi. La Resistenza - ha ricordato Formigoni - non è stata fatta da una parte sola, sbaglia chi lo dice perché alimenta le divisioni e i contrasti». «C'è stato chi nell'altra parte ha sbagliato magari in buona fede, va detto però che ha sbagliato e che il giudizio storico non è dubitabile perché la parte giusta era quella della Liberazione. Questa festa deve essere la festa di tutti gli italiani che hanno maturato negli anni l'avversione ad ogni dittatura, prima quella fascista poi anche a quella comunista e stalinista», ha concluso il presidente lombardo.

Alemanno - A Roma, il sindaco Gianni Alemanno è stato costretto a rinunciare alla celebrazioni a San Paolo. Lo aspettavano, infatti, i no global e con la Digos si è preferito evitare. I no global avevano preparato una contestazione molto dura. Il sindaco ha così dovuto rinunciare e tornare a casa.

Albina Perri

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