mercoledì 22 aprile 2009

Religione di pace

Nel panorama internazionale che i media ci offrono, un minuscolo spazio viene riservato a notizie che - probabilmente - interessano soltanto una ridottissima percentuale di persone. La comunità sciita, già tristemente nota per l'approvazione - in Afghanistan - della famigerata "Legge sulla famiglia per gli sciiti", altrimenti detta "Legge che autorizza gli stupri delle mogli", si sta distinguendo - in Iraq - per una nuova barbarie. A Baghdad, negli ultimi mesi, è lotta senza quartiere - da parte delle milizie islamiche irachene (in particolar modo quelle sciite) - agli omosessuali. Li chiamano "jarwa" che, in arabo, significa cagna. I loro nomi vengono affissi sui muri, con l'avvertimento di una prossima esecuzione. Quando li catturano, li torturano, li seviziano e poi abbandonano i loro corpi davanti agli obitori degli ospedali o nelle strade. Alle volte i carnefici non sono membri delle milizie, ma parenti e familiari delle vittime, o membri dello stesso clan, che - in questo modo - tentano di "lavare" la colpa, allontanando il disonore con la morte del "colpevole". I media hanno diffuso particolari raccapriccianti sulle modalità utilizzate per "punire" i gay iracheni. L'ultima tortura, inflitta ad almeno una sessantina di omosessuali, viene chiamata "L'adesivo dell'emiro". Alle vittime viene otturato l'ano con una colla rimovibile esclusivamente presso l'ospedale e poi vengono obbligate ad ingerire un potente lassativo. Il dolore sofferto, prima di morire, è terribile. E' perfino reperibile un video - ripreso e diffuso con il cellulare - che mostra il supplizio di alcune vittime. Purtroppo, stando ad un attivista iracheno, le dimensioni della "caccia" assumono dimensioni preoccupanti essendo - gli omosessuali in Iraq - pari al 10% della popolazione. Eppure perfino gli imam moderati considerano l'omosessualità una malattia o deviazione da curare, nell'intento di ottenere una guarigione. E, invece, coloro che ne soffrono trovano discriminazione ed una morte atroce.

Articolo preso in prestito dal blog di FireArrow. Ma di tutto questo, l'Onu e le varie associazioni umanitarie, che ne pensano?

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