Invece di azzerare il rischio “subprime” i governi lo caricano sui cittadini. Mentre la finanza islamica è ben florida e alimenta il fondamentalismo. La denuncia dell’economista Loretta Napoleoni nel suo nuovo libro di Federico Trulli avvenimentionline.it/
Dottoressa Napoleoni, La morsa prosegue quelle inchieste. Alla luce dello scandalo dei subprime che ha scosso le fondamenta economico-finanziarie dell’Occidente, vanno riviste le sue previsioni di crescita della finanza islamica? Questa finanza, che è l’8 per cento di quella mondiale, ha chiaramente subito danni. Ma non per via dei subprime, quanto a causa della contrazione globale di capitale circolante.
Lei però porta l’esempio di Dubai per raccontare la dinamica da boom and bust che abbiamo vissuto… Dubai è interessante perché è il più “occidentale” dei luoghi islamici. Lì il mercato poggiava principalmente sulla vendita di beni immobili. Col crollo delle banche si è verificata una crisi del credito e una riduzione del personale in queste banche impiegato. A catena, poi, il turismo ne ha risentito e con esso l’economia in generale. Ma, per esempio, se guardiamo al Bahrein, la caduta del prezzo del petrolio, sempre legata alla crisi del credito, ha avuto sì un impattosulla bilancia dei pagamenti, ma con effetti minimi rispetto a quelli di Dubai e nostri. In sostanza nessuna banca islamica rischia di fallire perché nessuna si è esposta a certi pericoli. L’islam vieta di dare soldi in prestito “solo per prestarli” e guadagnare attraverso la cartolarizzazione dei crediti.
E le organizzazioni criminali come gestiscono la crisi? Oltre al fondamentalismo islamico che ovviamente non attinge da banche occidentali, secondo me l’economia criminale in genere in questa situazione ci va a nozze. Solo una parte minima dei soldi “sporchi” finisce nelle strutture finanziarie per il riciclaggio. Quella criminale è un’economia in contanti: i soldi li fa girare, non li investe per comprare azioni della Goldman Sachs. In una situazione in cui c’è mancanza di moneta, le organizzazioni eversive si arricchiscono con un business sempre vivo, quello dell’usura. E oggi ancor di più visto che le piccole e medie imprese, come anche le famiglie, non riescono a sopravvivere non avendo più una linea di credito aperta. Nel ‘29 è successo lo stesso, con il boom del crimine organizzato.
Ne La morsa lei indica il 9/11 come data cardine e Bush artefice della crisi odierna. Ma le “Twin towers” sono arrivate in piena bolla speculativa (allora furono le dot.com) e negli Usa la deregulation aveva già avviato quel processo di indebitamento dei meno abbienti che poi sarebbe risultato fatale… Non avendo ottenuto tutto il denaro che aveva richiesto al Congresso per la guerra contro Al Quaeda, Bush ha aumentato in maniera esponenziale l’indebitamento del Paese tramite l’emissione di buoni del Tesoro. Che sono stati acquistati specie da Cina, Giappone. Ma anche dalle banche islamiche. Quell’indebitamento si è imperniato sulla deregulation avviata negli anni 90 da Clinton, e dal presidente della Fed, Greenspan. Loro due sono responsabili di questa crisi quanto Bush. Il quale ha proseguito nell’opera di eliminazione delle regole. Con Clinton non c’è stato alcun miracolo: l’economia non cresceva ma si indebitava sempre più. Acuendo diseguaglianze preesistenti, quella crescita legata agli effetti della globalizzazione (caduta dei salari e aumento del reddito da capitale) è andata a finire tutta nelle tasche dell’uno per cento della popolazione. Mentre il debito è ricaduto sulla classe media, che si è appiattita sempre più verso il basso, in termini di capacità di acquisto e risparmio.
Se banche e governi sono entrambi responsabili come crede usciremo da questa crisi? Rendendoci conto che la finanza ci ha derubato, anche perché eravamo “distratti” dalla guerra ad Al Quaeda. Poi è importante capire come bisogna combattere. La deregulation ha dato la possibilità a questa finanza di approfittare della politica dei tassi di interesse sempre più bassi. Il concetto da fissare è che non è stato Bush a creare la bolla. Ma è statala sua politica a creare le condizioni affinché questa finanza assolutamente sregolata costruisse a dismisura la bolla fino a farla scoppiare. La soluzione è quindi trovare un nuovo sistema di regole condivise a livello mondiale. Peraltro quando i governi si sono visti al G20 di Londra non hanno combinato assolutamente nulla.
E questi stessi governi ora stanno assumendo rischi e perdite delle banche. No. Noi con i soldi nostri assumiamo le perdite delle banche, non i governi.
Esiste un’alternativa? Sì, ed è che questi istituti dovrebbero fallire. Mantenere in piedi certi carrozzoni non funzionerà. Adesso tutti credono che ci sia una ripresa economica, ma non è assolutamente vero. Le recessioni non sono dei fenomeni in cui si scende e basta. Il mercato scende, poi si stabilizza, poi cala di nuovo. La soluzione è riportare il sistema bancario a quello che era originariamente: non un gioco d’azzardo ma raccolta del risparmio e distribuzione del credito sulla base dei principi economici. Fondamentalmente il mestiere del banchiere è un mestiere noioso. Ebbene, deve tornare a essere noioso perché è importante per la società. Ma è evidente che i governi nemmeno riescono a concepire un’alternativa.
Possiamo sperare nel prossimo G8 di luglio? Secondo me alla Maddalena accadrà ancora meno di quanto successo a Londra. Sono molto pessimista, come sempre.
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