giovedì 8 aprile 2010

Con la Lega

Ha ragione il sindaco leghista: chi non paga non va in mensa di Paolo Granzotto

Succede che l’associazione dei genitori che gestisce la mensa dell’Istituto Comprensivo (che aggrega, cioè, scuole dell’infanzia, primarie e secondarie) di Adro, in quel di Brescia, si ritrova, per morosità nel pagamento delle rette, con i conti in rosso. Non potendo più far fronte alle spese essa comunica al dirigente scolastico che non distribuirà più i pasti agli alunni delle famiglie in ritardo (e qualcuna è in ritardo di un anno) con i pagamenti. Il dirigente si rivolge allora al sindaco della cittadina, Oscar Lancini, invitandolo a coprire i debiti (20 mila euri) della mensa scolastica. Il sindaco risponde che anche le casse comunali sono al verde e che la mensa non è un servizio obbligatorio. Al termine del «confronto», il dirigente scolastico, Gianluigi Cadei, si trova così costretto a comunicare alle quaranta famiglie inadempienti che «non sarà più possibile la permanenza a scuola dell’alunno/a nell’orario di mensa in quanto l’organizzazione scolastica non ha nessuna possibilità e risorsa strutturale ed economica per garantire agli alunni il pasto». Facendo questo episodio seguito a quello di Montecchio Maggiore, nel Vicentino, dove gli alunni figli di genitori insolventi furono messi a «pane e acqua» (che poi era «panino imbottito e acqua»), vedendo coinvolti dei bambini, essendo i sindaci di Adro e di Montecchio leghisti e risultando in entrambe le scuole una massiccia presenza di discepoli extracomunitari, il provvedimento preso all’Istituto Comprensivo ha dato e darà occasione di polemiche di taglio politico-umanitario che, come è norma, prescindono sempre dalla ragione del contendere. Che è molto semplice: la mensa non è gratuita. È un servizio a pagamento e il pagamento è di poco superiore ai quattro euri al giorno. In pratica, con quello che le famiglie spendono per acquistare, mettiamo, l’immancabile e imprescindibile zainetto, si assicurano due mesi di pasti caldi. Forse qualche famiglia è in condizioni economiche così precarie da non poter versare i quattro euri quotidiani per il desinare del figlio (anche se i soldi per lo zainetto generalmente escon fuori). In tal caso sia lo Stato come le opere caritatevoli sono pronte a intervenire con contributi in danaro o con strutture apposite. Ma se il rifiuto di pagare la retta attiene all’opinione molto condivisa e molto rivendicata che zainetto a parte tutto ciò che concerne, anche alla larga, l’istruzione debba essere gratuito e dunque gratuiti anche i pasti, allora è giusto che il sindaco di Adro punti i piedi. Diritti, noi cittadini italiani per non parlare di quelli extracomunitari ne abbiamo a bizzeffe. In cambio, ci si chiede - e si chiede agli extracomunitari - di rispettare qualche dovere. Come ad esempio il retribuire un servizio. Come ad esempio pagare più o meno puntualmente la retta per la mensa delle creature in età scolare. Quattro euri virgola qualche centesimo il giorno. È prevedibile, anzi, è sicuro che la così detta società civile, il giornalismo impegnato e vigilante (lo staff di Michele Santoro ha già preso contatto con una delle madri morose) e parte del mondo politico darà furiosamente addosso all’iniziativa del sindaco di Adro. Tirando in ballo il pianto dei bambini (smunti per la fame), umiliati dal non poter sedere al desco coi loro compagni. Insistendo sulla appartenenza leghista di Lancini e accostandola al fatto che la stragrande maggioranza dei quaranta alunni colpiti dal provvedimento è extracomunitaria. Lasciando così intendere - o anche denunciando a chiare lettere - che ci troviamo di fronte a un’altra bieca e condannabile manifestazione di razzismo. Tutto come da copione, insomma, tutta la solita sceneggiata. Alla quale Oscar Lancini può far fronte in un solo modo: tenendo duro, forte della sua ragione di buon amministratore della cosa pubblica.

Brescia, mensa a scuola: le famiglie non pagano, niente pasto ai bambini

Brescia - Due settimane fa è accaduto a Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza, oggi è la volta di un’altra scuola elementare, situata ad Adro, in provincia di Brescia: entrambi i comuni, a maggioranza leghista, hanno deciso di non tollerare più la morosità delle famiglie che non pagano le rette per i pasti consumati dai figli a scuola. Se in Veneto due settimane fa la giunta ha però fornito loro almeno un panino con dell’acqua, la modalità prescelta dal sindaco di Adro è ancora più pesante: gli alunni non a posto con i pagamenti della mensa non potranno accedervi. "Il pagamento della mensa - ha spiegato una mamma musulmana che ha due alunni frequentanti l’istituto - è di oltre 50 euro al mese: per noi è una cifra altissima, che non riusciamo assolutamente a fronteggiare". (e basterebbe non fare richiesta della mensa... che non è obbligatoria.)

Bambini morosi. L’esclusione dei bambini dalla mensa coinvolge non solo figli iscritti alla scuola dell’obbligo di origine straniera, ma anche appartenenti a famiglie italiane in difficoltà. In una lettera inviata oggi al sindaco leghista di Adro, Oscar Lancini, e al dirigente scolastico dell’istituto lombardo, la mamma di una bambina esclusa dalla mensa sostiene di aver "pagato le rette di febbraio e marzo con un leggero ritardo. Quand’anche il Comune fosse sull’orlo della bancarotta - continua la signora - mi sarei aspettata più attenzione, prudenza e rispetto prima di umiliare una bambina di 10 anni davanti ai suoi insegnanti e ai suoi compagni".

Ed è polemica. In effetti, norme alla mano, la decisione presa dal sindaco di Adro sembrerebbe anche non rispettare l’obbligo di frequenza del tempo mensa previsto dall’art. 1 della legge n. 176 del 2007. "Siccome sono una madre di famiglia che lavora, separata con tre figli, forse - incalza polemicamente la mamma dell’alunno escluso - potrebbe ancora accadere in futuro che saldi la tariffa oltre la scadenza fissata per mancanza di tempo. In tal caso vorrei essere avvertita per posta della minacciata espulsione di mia figlia dalla mensa scolastica. Naturalmente - conclude - sono disponibile a rifondere il Comune del costo del francobollo".

5 commenti:

Maria Luisa ha detto...

Scommetto che la mamma mussulmana rompe pure per il cibo che deve essere dato ai figli.
Visto che la signora non lavora può fare due cose:o tenersi a casa i pargoli oppure rimboccarsi le maniche e trovarsi un lavoro.
Maria Luisa

Eleonora ha detto...

Eh. Che altro dire? Hai detto tutto tu. Quoto.

Kizzy ha detto...

Quoto anch'io, perchè non se li tiene a casa visto che di sicuro non lavorerà? Eh, troppo comodo farsi mantenere i figli dai kuffar, no? Ciao Elly.

Eleonora ha detto...

"Il pagamento della mensa - ha spiegato una mamma musulmana che ha due alunni frequentanti l’istituto - è di oltre 50 euro al mese: per noi è una cifra altissima, che non riusciamo assolutamente a fronteggiare".

TUTTI hanno 50 euro al mese al giorno d'oggi. Anche con la crisi, anche con la cassa integrazione, con la disoccupazione o con la mobilità. In caso contrario, un figlio non si manda alla mensa e lo si tiene a mangiare in casa.

Anonimo ha detto...

In merito all'articolo del di Paolo Granzotto.
Lavoro come volontaria alla caritas ed ho modo di verificare quanto la situazione sia cambiata, ad usufruire dei pasti l'affluenza di italiani cresce quotidianamente, ho visto mamme italianissime mettere da parte il pasto per portarlo a casa.
Trovo inutile puntare il dito contro chiunque e come Lei afferma "tutti hanno 50 euro" bhe conosco parecchie persone per le quali non è cosi. L'indigenza ed il disagio non possono tener conto della nazionalità, perchè per chiunque è motivo di sofferenza.